Con una dichiarazione trasmessa in contemporanea sulle tv pubbliche nazionali, il 28 gennaio le giunte militari di Mali, Burkina Faso e Niger hanno annunciato l’uscita dalla Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Cédéao, in inglese Ecowas), che riunisce quindici paesi, da Capo Verde alla Nigeria.

Dopo una serie di recenti colpi di stato, i tre paesi sono guidati da governi di transizione in mano a militari. Spesso si sono scontrati con l’organizzazione regionale, che ha usato la minaccia delle sanzioni per convincere le nuove autorità a cedere il potere ai civili, invitandole ad accelerare il ritorno all’ordine costituzionale. La Cédéao aveva già sospeso i tre paesi, insieme alla Guinea, imponendo sanzioni economiche e amministrative. Nel caso del Niger era arrivata a prospettare un intervento militare per riportare al potere il presidente deposto, Mohamed Bazoum, alzando la voce anche per scoraggiare eventuali tentativi di golpe in altri stati.

Di fronte a questi tentativi di isolamento, i tre paesi hanno stretto i ranghi e nel settembre 2023 hanno formato una loro organizzazione, l’Alleanza degli stati del Sahel, con la promessa di aiutarsi a sconfiggere le rivolte armate (non ultima quella dei gruppi jihadisti) e di affrontare insieme eventuali aggressioni esterne.

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Sul piano strategico e militare, l’uscita dei tre paesi complica la lotta contro i gruppi jihadisti, che nelle intenzioni del presidente di turno del blocco, il nigeriano Bola Tinubu, doveva vedere un ruolo più centrale della Cédéao dopo il ritiro di molti contingenti internazionali. Simbolicamente, è l’ennesima denuncia della presenza francese in Africa dopo la fine della colonizzazione, e un’apertura alla Russia, che si presenta come nuovo partner dei paesi africani. La settimana scorsa a Ouagadougou è arrivato per la prima volta un contingente russo degli Africa Corps, l’organizzazione che sta cercando di rilevare le attività della compagnia di sicurezza privata Wagner, dopo la morte del fondatore Evgenij Prigožin.

Sui mezzi d’informazione della regione l’annuncio ha suscitato reazioni contrastanti e molti dubbi perché – oltre al significato simbolico e politico – l’uscita avrà conseguenze sulla vita delle persone creando “una crisi politica ed economica senza precedenti”, scrive Jeune Afrique. La Cédéao, nata nel 1975, è infatti considerata un modello d’integrazione economica. Tra gli stati che ne fanno parte, che contano 425 milioni di abitanti, c’è la libera circolazione di persone e merci, mentre gli scambi commerciali e di servizi ammontano complessivamente a quasi 150 miliardi di dollari all’anno. Nel corso degli ultimi decenni sono stati fatti progressi nell’armonizzazione delle politiche nazionali, delle regole e delle strategie di sviluppo; sono state realizzate importanti infrastrutture internazionali ed è stato creato un mercato unico dell’energia. È in cantiere anche una moneta unica, l’eco, per sostituire il franco cfa.

L’uscita dei tre paesi dalla Cédéao, comunque, non sarà immediata: dalla notifica formale dell’uscita, dovrà passare un anno. “Sarà un lungo periodo di negoziati, che alcuni paragonano a quelli tra il Regno Unito e l’Unione europea ai tempi della Brexit”.

Questo testo è tratto dalla newsletter Africana.

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