18 ottobre 2017 12:22

Un amico belga che vive in Cina doveva partire per un viaggio in auto da Shangri-La, nello Yunnan, a Lhasa, in Tibet. Sono più di 1.500 chilometri. A fine settembre, però, l’agenzia a cui si era affidato gli ha comunicato che il viaggio via terra non si poteva fare, che a Lhasa poteva andarci solo in aereo e che comunque avrebbe dovuto lasciarla entro il 17 ottobre.

Il 18, infatti, cominciava il shijiu-da, il 19° congresso del Partito comunista cinese, che con i suoi 90 milioni di iscritti è il più grande del mondo. Per questo in Tibet non deve volare una mosca: meglio non correre rischi con troppi stranieri nei paraggi. A dire il vero tutta la Cina, nel periodo del congresso, dev’essere esente da “seccature”. Il messaggio arriva da Pechino e si irradia come i cerchi nell’acqua in ogni angolo del paese, dove i funzionari locali lo interpretano a modo loro.

Preparazione adeguata
Cinque anni fa, ai tempi del 18° congresso, mi trovavo nell’assai meno sensibile provincia dell’Anhui per un festival di fotografia organizzato da Ou Ning, scrittore e attivista del movimento del ruralismo, che incoraggia un ritorno alla campagna. Gli ospiti internazionali erano stati accolti nella città di Yixian con display luminosi che davano il benvenuto dai muri del palazzo municipale, mentre ai lampioni sventolavano bandiere che celebravano il festival.

Poi, improvvisamente, alla vigilia dell’inaugurazione i funzionari locali annullarono il festival. Si erano spaventati: troppa gente, troppi stranieri, troppa attenzione su quella piccola città, proprio durante il shiba-da (il diciottesimo). Ad aggiungere oscuri presagi, il fatto che il cameraman di una tv locale fosse morto dopo una sbronza colossale giusto due giorni prima dell’inizio del festival. Meglio mettere tutto in sordina.

Chiusi i benzinai self-service durante il congresso: almeno ci si può consolare con la certezza di avere cielo azzurro e aria pulita

Ai dipendenti pubblici della turbolenta regione dello Xinjiang sono state cancellate tutte le ferie della “settimana d’oro”, quella della festa nazionale di inizio ottobre. All’ultimo minuto, il governo regionale ha annullato tutti i permessi e ha chiesto ai lavoratori di prepararsi adeguatamente al congresso, impegnandosi perché non si verifichino “incidenti” di grandi, piccole o medie dimensioni all’avvicinarsi del 18 ottobre.

A Pechino, in tutto il quartiere centrale di Dongcheng, è stato vietato qualsiasi evento culturale per l’intera durata del congresso (in genere una settimana) e la municipalità ha proibito la vendita di fuochi d’artificio in città dal 15 al 28 ottobre. È quasi sicuro, quindi, che non saranno celebrati matrimoni fino alla fine del periodo in questione. Se invece qualcuno volesse visitare la capitale, tenga ben presente che fino a novembre sono sospese tutte le prenotazioni su Airbnb per un raggio di venti chilometri da piazza Tiananmen.

Si segnalano anche doppi controlli per i passeggeri dei treni che vanno a Pechino da altre località cinesi e la chiusura dei distributori self-service di benzina. Almeno ci si può consolare con la certezza di avere cielo azzurro e aria pulita. Succede sempre così, in occasione di eventi ufficiali importanti si chiudono le fabbriche e si limita la circolazione delle auto. A Handan, nella provincia dello Hebei, vicino alla capitale, le acciaierie hanno dovuto dimezzare la produzione già da un mese.

Così ci si è preparati al congresso che incoronerà il presidente Xi Jinping per altri cinque anni. Gli osservatori sono pronti a cogliere ogni indizio sulla direzione politica, economica e sociale che prenderà il paese. Ma questa volta la posta in gioco va al di là del 2022, quando Xi Jinping dovrebbe in teoria lasciare il potere alla sesta generazione di leader.

Il nucleo del partito
Gira voce che Xi non abbia alcuna intenzione di passare la mano e gli occhi saranno puntati sui segnali che potrebbero smentire o confermare questa ipotesi. Lo “zar anticorruzione” Wang Qishan andrà in pensione o rimarrà nel comitato permanente del politburo (il livello più alto della leadership cinese) anche se ha superato i limiti d’età? Se resta lui, considerato il braccio destro di Xi, anche il presidente potrebbe tra cinque anni violare la regola non scritta che impone di lasciare dopo due mandati.

Quanti “giovani” (in realtà ultracinquantenni) della sesta generazione di leader entreranno nella stanza dei bottoni? L’inchiesta aperta di recente nei confronti di Sun Zhengcai, leader della città di Chongqing e uno dei candidati alla successione di Xi, non è forse un segnale rivolto a tutti gli altri? Quanti e quali fedelissimi del presidente entreranno nel comitato permanente del politburo?

Xi Jinping è stato definito ufficialmente il “nucleo” della leadership del partito, qualifica che lo pone nettamente al di sopra di tutti gli altri, già da almeno un anno. Tutto lascia pensare che rafforzerà e accentrerà ulteriormente il suo potere.

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