08 settembre 2023 15:00

Crispian Mills, con la camicia a quadri blu e neri e l’impeccabile caschetto biondo, dimostra molto meno dei suoi cinquant’anni. Vive nel Regno Unito, ma si dichiara spiritualmente connesso all’India e dice di essere “un devoto di Krishna”. L’intervista in collegamento su Zoom dalla sua casa nel sudest dell’Inghilterra è appena cominciata e il leader dei Kula Shaker, quando gli chiedo come sta, dà una riposta che non mi aspettavo: “Sto molto bene, perché abbiamo un disco nuovo pronto. L’abbiamo registrato nei mesi scorsi, è il migliore della nostra carriera. S’intitolerà Natural magic e contiene tredici canzoni. È stata una bella esperienza tornare in studio insieme”.

L’album, spiega Mills, verrà pubblicato a gennaio. Nel frattempo a luglio è uscito il primo singolo, Waves, e ne arriverà un altro prima di Natale. Quello che mi dice il cantante e chitarrista della band di Londra mi prende un po’ alla sprovvista, perché è passato poco più di un anno dall’uscita del precedente lavoro, 1st Congregational church of eternal love (and free hugs). E i Kula Shaker, nella loro carriera, non hanno mai pubblicato dischi con questa frequenza. Quando diventarono famosi, negli anni novanta, l’eccessiva attesa tra il primo album (K, arrivato al primo posto nella classifica britannica) e il secondo (il travagliato Peasants, pigs & astronauts, accolto molto più freddamente da critica e pubblico) fu uno dei motivi alla base della crisi della band.

Del resto i Kula Shaker non si sono mai sentiti a loro agio nell’essere accostati a nomi come Oasis e Blur, forse più preparati ad affrontare le grandi platee degli stadi e la famelica stampa britannica (le maldestre dichiarazioni di Mills ai tempi di certo non aiutarono). Eppure, nella loro breve parabola, i Kula Shaker si dimostrarono capaci di scrivere grandi canzoni, e di trovare una nuova via per esportare il rock britannico nel resto del mondo attraverso la psichedelia e un’estrema attrazione per la spiritualità indiana: chi altro sarebbe riuscito a portare in classifica un pezzo cantato in sanscrito come Govinda? Per questo la storia un po’ dimenticata del loro successo fugace, che li portò allo scioglimento nel 2000, merita ancora di essere raccontata. Soprattutto perché ora dimostrano di avere una leggerezza che un tempo, forse, mancava.

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La band è in tour negli Stati Uniti e si prepara a tornare in Europa in autunno. Passerà anche dall’Italia, per un concerto il 28 settembre al Teatro comunale di Ferrara, organizzato da Ferrara sotto le stelle, che sarà anche l’anteprima del festival di Internazionale a Ferrara. Mills sembra entusiasta del nuovo album, come se sentisse che è in grado di ridare alla band lo slancio di un tempo. Il musicista aggiunge altri dettagli: “Siamo entrati in studio a dicembre 2022, per la prima volta insieme al nostro tastierista e organista Jay Darlington, che di recente è tornato nel gruppo dopo tanti anni di assenza. Lo volevamo con noi già nel 2006, quando ci siamo riuniti dopo lo scioglimento, ma lui era impegnato con gli Oasis. Con la presenza di Jay abbiamo recuperato una magia che ci mancava da tempo, per questo l’abbiamo intitolato Natural magic”. Ma come suona? “Somiglia in qualche modo a K. Quello era un disco pieno d’idee brillanti, ma era fondamentalmente un album rock, con canzoni di tre o quattro minuti. E Natural magic lo ricorda: è diretto, orecchiabile, coinvolgente”.

Che effetto fa ripensare a quel periodo per Mills? “Negli anni novanta il britpop era un fenomeno alimentato principalmente dai mezzi d’informazione. Le band che sapevano stare al gioco prosperavano, le altre facevano fatica. Era una follia generale: tutti i comportamenti e le dichiarazioni dei musicisti sembravano frutto di una sceneggiatura. Era tutto molto conservatore, in fondo. Il nostro successo con K fu un piacevole imprevisto, una corsa sull’ottovolante. Oggi siamo una band diversa, in un mondo completamente differente. Facciamo le cose da indipendenti, in grande libertà. E internet ha aperto nuove possibilità per tutti. Sono ottimista”.

I Kula Shaker hanno da sempre un punto di vista molto critico sulle istituzioni del loro paese e dell’occidente in generale. In 1st Congregational church of eternal love (and free hugs) c’è una canzone, intitolata I’m against it, che cita la frase di un film, I fratelli Marx al college. La frase dice: “Di qualsiasi cosa si tratti, io sono contro”. È un pezzo politico? “Adoro i fratelli Marx, hanno un modo spassoso di farsi beffe delle autorità. E diventarono famosi durante la grande depressione, un periodo simile al nostro: poche persone detengono molte ricchezze, e sfruttano i poveri. L’idea di quel pezzo è: non importa chi è al potere, se viene da loro non può essere niente di buono”.

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La musica dei Kula Shaker pesca molto dal rock degli anni sessanta e settanta. Tra i brani più famosi del gruppo, per esempio, c’è una cover di Hush, un brano di Joe South suonato tra gli altri anche dai Deep Purple. E la versione di Ballad of a thin man di Bob Dylan, registrata dalla band alla fine degli anni novanta, rende onore alla versione originale. “Gli anni formativi dagli undici ai quindici anni sono come le prime esperienze con l’amore: lasciano dei segni profondi. Andando avanti con gli anni scopri nuove cose, ma quello che ti ha fatto innamorare resta lì: io sono cresciuto con i Kinks, i Beatles, i Deep Purple. Dopo mi sono avvicinato al country e al blues, ma non importa che giri faccio, alla fine torno sempre al riff di You really got me”.

I Kula Shaker, spiega il musicista, tornano sempre volentieri a suonare in Italia. E il fatto di esibirsi in un teatro per la seconda volta in pochi mesi (nel 2022 sono stati al Regio di Parma per il Barezzi festival) gli piace particolarmente: “Il vostro paese ha una storia meravigliosa, si sa. È un po’ l’India dell’Europa. Dobbiamo tutti qualcosa all’impero romano, e quando visito l’Italia penso che siamo tutti legati alla vostra storia. Ho la stessa impressione quando vado in India, che è la madre culturale del mondo. A Ferrara suoneremo sicuramente qualche brano nuovo, oltre ai classici del nostro repertorio. Ci divertiremo”.

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