30 aprile 2023 15:43

Nel giorno del suo centoventesimo compleanno, Jeanne Calment, considerata generalmente la persona più vecchia mai vissuta sulla Terra, mostrava di essere ancora capace di fare autoironia: “Ho una sola ruga”, commentava con arguzia, “e ci sono seduta sopra”. Divertente, ma falso. La donna francese era a quel punto molto rugosa. Secondo la scala Fitzpatrick delle rughe, si sarebbe posizionata a un soffio dal livello più alto, con le sue rughe profonde e la pelle scolorita e poco elastica.

Non fu certo una sorpresa. Forse non sarà stata vecchia come diceva di essere, ma di sicuro aveva almeno 97 anni. Chiunque arrivi ai cento anni o giù di lì può aspettarsi una sorte simile. Storicamente questo è stato considerato da molti un problema meramente cosmetico. In alcune culture rughe, pelle floscia e occhiaie sono considerate spiacevoli da vedere o un segnale indesiderato di quanto siamo vecchi. Giusto o sbagliato che sia, da secoli si combatte per riempirle o attenuarle. Di recente tuttavia la guerra contro le rughe ha assunto tutt’altra urgenza. La pelle invecchiata si comporta molto peggio di quella giovane in tutto ciò che fa per mantenervi in salute.

C’è di più. Secondo alcuni studi con il passare degli anni la pelle rilascia nel corpo un cocktail chimico che potrebbe indurre un invecchiamento prematuro di altri organi. “Se la vostra pelle sta invecchiando, state invecchiando anche dentro, perciò fate attenzione”, avverte Cláudia Cavadas dell’università di Coimbra, in Portogallo. In altri termini, le rughe potrebbero non essere solo il risultato dell’invecchiamento, ma anche un suo fattore determinante. Il che ci porta alla domanda: la nostra lotta contro le rughe potrebbe contribuire a portare indietro le lancette dell’orologio sia all’interno sia all’esterno del nostro corpo?

Linee di difesa
La pelle è l’organo più esteso del corpo umano. La sua funzione principale è fare da barriera tra il mondo interno e quello esterno, ma fa molte altre cose. Gioca un ruolo nel nostro sistema immunitario, genera la vitamina D, agisce da regolatore della temperatura del corpo e dell’equilibrio dell’acqua, risponde rapidamente a ferite di piccola entità e produce il pigmento della melanina. La pelle è costituita da due strati principali, uno esterno detto epidermide e uno che sta al di sotto, il derma. A tenere uniti questi due strati c’è la giunzione dermo-epidermica, importante per il mantenimento dell’integrità strutturale della pelle.

L’epidermide è una delle prime linee di difesa contro l’ostile mondo esterno. La sua superficie è uno strato di cellule morte incastrate tra loro, che formano un guscio duro, impermeabile e flessibile e sono costantemente sostituite da uno strato sottostante di cellule staminali. L’epidermide è ricca di acido ialuronico, che distrugge dei composti dannosi detti radicali liberi, generati dal normale metabolismo cellulare.

Il derma è costituito soprattutto da tessuto connettivo – in larga misura proteine del collagene e dell’elastina, che rendono i tessuti forti e in grado di sopportare l’allungamento – ma contiene anche cellule dette fibroblasti, che secernono collagene, elastina e acido ialuronico e hanno un ruolo fondamentale nella guarigione delle ferite. In questo strato sono radicati i follicoli e si trovano le scorte di sangue della pelle.

Con l’invecchiamento la pelle degenera vistosamente. Nell’epidermide rallenta la proliferazione delle cellule staminali, e questo determina un progressivo assottigliamento – nel corso della nostra vita possiamo perdere anche la metà di questo strato – e un irruvidimento della sua superficie. Il collante che tiene insieme le cellule si indebolisce e il contenuto di acqua e grasso diminuisce. Questo contribuisce a rendere più profonde le pieghe che vanno dal naso alla bocca, sgonfia le guance e può creare degli infossamenti attorno agli occhi e un appesantimento delle gote.

Mano a mano che la pelle invecchia, un numero crescente di cellule entra in uno stato definito senescenza

Nel derma diminuisce il numero di fibroblasti e, di conseguenza, la produzione di collagene, elastina e acido ialuronico subisce un declino. Anche questo strato si assottiglia visibilmente. La giunzione dermi-epidermica comincia a sbriciolarsi, riducendo ulteriormente l’integrità della pelle. Tutto questo contribuisce a rendere la pelle ancora più rugosa e floscia.

Come se non bastasse, mano a mano che la pelle invecchia un numero crescente di cellule entra in uno stato definito senescenza. Queste cellule hanno subìto un qualche danno irreversibile e devono essere eliminate, ma nel frattempo restano vive e attive dal punto di vista metabolico, anche se non si dividono più. La senescenza, che si verifica in tutto il corpo, è in un primo momento un fattore di protezione perché impedisce alle cellule danneggiate nel dna di diventare cancerose. Tuttavia con il passare del tempo i meccanismi per eliminarle cominciano a perdere efficacia e queste cellule formano dei tessuti.

Questa è una brutta notizia, perché le cellule senescenti espellono un cocktail tossico di proteine infiammatorie che danneggiano le cellule e i tessuti connettivi che le circondano. È stato dimostrato che l’accumulo di queste cellule è una causa diretta di alcune delle condizioni più comuni in vecchiaia, tra cui le cataratte, il cancro, i vasi sanguigni ostruiti, il diabete di tipo 2, l’osteoartrite, il morbo di Parkinson e l’Alzheimer. L’accumulo di cellule senescenti è inoltre correlato alla carenza di elastina e all’aumento delle rughe.

Il fotoinvecchiamento
I problemi derivanti dalle cellule senescenti sono un risultato inevitabile del processo di invecchiamento, ma nella pelle sono esacerbati da fattori esterni come l’inquinamento, il fumo, una dieta inadeguata e, peggio di tutto, la luce del Sole.

L’esposizione ai raggi ultravioletti (uv) presenti nella luce del Sole provoca il fenomeno del fotoinvecchiamento della pelle, che accelera i naturali processi di invecchiamento. Ci sono due tipi di radiazioni uv. Le radiazioni uva penetrano epidermide e derma danneggiandole entrambe; le radiazioni uvb arrivano solo all’epidermide. Entrambe degradano il collagene e l’elastina, che diventano disorganizzati e frammentati e provocano le rughe profonde e l’afflosciamento della pelle. Se l’invecchiamento naturale assottiglia la pelle, la pelle fotoinvecchiata è ispessita, cosa che accentua la comparsa delle rughe. Le radiazioni uv provocano anche danni al livello di dna a tutti i tipi di cellule della pelle, accelerandone il processo di senescenza.

Un’illustrazione classica del fotoinvecchiamento è una foto impressionante pubblicata nel New England Journal of Medicine nel 2012: quella di William McElligott, un camionista di 66 anni che per 28 anni ha consegnato latte a Chicago. Il lato destro del suo viso è relativamente privo di rughe, mentre il lato sinistro, quello rivolto al finestrino dalla parte del guidatore, è ispessito, floscio e segnato da rughe profonde. “La pelle è più vecchia nella parte più esposta al Sole”, scrive Cavadas. “Questo evidenzia quanto sia importante proteggerla”.

Questo non solo perché previene danni da usura di tipo cosmetico e il rischio di cancro alla pelle, ma anche alla luce di prove sempre più numerose della relazione tra l’“età della pelle” e la condizione di salute in generale, la longevità e il rischio di morte.

Nel 2013 una squadra di ricercatori della Unilever e di diverse università ha affermato che l’entità del fotoinvecchiamento facciale nelle persone sulla sessantina è correlata al rischio di malattie cardiovascolari, un tipo di patologia classica dell’età avanzata.

Da un’altra ricerca del 2015 è emerso che l’età percepita di persone intorno ai sessant’anni deducibile da foto scattate nel 2001 poteva essere un valido indicatore della probabilità che avevano di morire nei successivi 12 anni. Un saggio più recente evidenzia che le persone più anziane con un viso che appare più giovane rispetto alla loro età effettiva avrebbero molte meno probabilità di soffrire di cataratta, osteoporosi, perdita di udito legata all’età e broncopneumopatia cronica ostruttiva. Mostrano inoltre nel complesso un miglior funzionamento cognitivo.

Forse questa non è una sorpresa, poiché sappiamo che le persone invecchiano in modo diverso e che ci può essere una discrepanza tra l’età cronologica – il numero effettivo di anni – e l’età biologica, che misura il punto in cui si trovano i nostri corpi sulla china scivolosa del processo di invecchiamento.

Cavadas però va più in profondità. In un suo editoriale pubblicato lo scorso anno, assieme a due colleghe ha suggerito che l’invecchiamento della pelle sia un fattore dell’invecchiamento complessivo del corpo.

L’ipotesi si concentra sulle cellule senescenti e le loro perdite di sostanze tossiche, un fenomeno noto come sasp (fenotipo secretorio associato alla senescenza). Tra queste ci sono proteine infiammatorie, formazioni che colpiscono il sistema immunitario ed enzimi che distruggono le proteine. È già assodato che le cellule senescenti presenti in un tessuto possono danneggiare le cellule in salute in un altro tessuto, spiega Cavadas, e che il sasp è una delle cause principali dell’infiammazione associata all’invecchiamento, una condizione cronica di infiammazione di basso livello che serpeggia in tutto il corpo mano a mano che invecchiamo ed è legata all’insorgere di patologie.

Il legame tra pelle e cervello
Cavadas fa due più due. La pelle invecchiata – soprattutto quando è invecchiata prematuramente a causa dei danni provocati dai raggi uv – contiene un’enorme quantità di cellule senescenti. I vasi sanguigni nel derma potrebbero trasportare e diffondere il cocktail tossico delle cellule.

Per scoprire se l’invecchiamento prematuro della pelle sta davvero innescando un invecchiamento generalizzato in tutto il corpo, Cavadas sta cominciando ad approfondire i possibili legami tra la pelle e alcune parti del cervello, in particolare l’ipotalamo e l’ippocampo. Il primo è una piccola area che controlla molte funzioni vitali di base, tra cui il metabolismo, il sonno, la fame, la crescita, la riproduzione e l’omeostasi, ossia la capacità del corpo di mantenere una condizione costante e al tempo stesso di adattarsi al cambiamento. L’ipotalamo riceve segnali dalle parti più lontane del corpo, compresa la pelle. L’ippocampo invece è coinvolto nella formazione della memoria ed è una delle prime regioni del cervello a essere colpite dalla demenza.

Resta da vedere se invertendo l’invecchiamento della pelle si può invertire l’invecchiamento del corpo nel suo complesso

L’ipotalamo si è rivelato un nodo cruciale nel processo di invecchiamento, osserva Cavadas. “L’ipotalamo ha diverse funzioni importanti che sappiamo diventare disfunzionali con l’invecchiamento”, osserva. Topi modificati geneticamente in modo da avere meno cellule staminali nel loro ipotalamo invecchiano più velocemente e muoiono prima, mentre topi di mezza età a cui vengono impiantate cellule staminali ipotalamiche giovani e in salute vivono più a lungo. Gli ipotalami invecchiati secernono inoltre una quantità inferiore dell’ormone che rilascia la gonadotropina e contribuisce a innescare gli ormoni del sesso, mentre i topi più vecchi in cui viene bloccato questo declino mostrano un miglioramento della condizione della pelle.

L’ippocampo riceve messaggi anche dalla pelle. In topi esposti ripetutamente a livelli elevati di radiazioni uvb, l’ippocampo riduce la sua proliferazione di nuove cellule e i topi mostrano un comportamento di tipo depressivo. Questo suggerisce l’esistenza di un legame intimo tra la pelle e il cervello, che Cavadas definisce asse pelle-cervello. La studiosa sottolinea però che l’idea della senescenza della pelle che contribuisce alla disfunzione dell’ippocampo e dell’ipotalamo attraverso il sasp, che provoca l’invecchiamento di tutto il corpo, è ancora un’ipotesi.

Janet Lord dell’università di Birmingham, nel Regno Unito, è convinta della fondatezza dell’idea che la pelle che invecchia possa provocare problemi al resto del corpo, anche se mancano ancora le prove di un nesso causale.

Cavadas spera che un supporto alla sua idea possa venire da farmaci sperimentali chiamati senolitici, che distruggono le cellule senescenti, e senomodulatori, che non uccidono le cellule ma gli impediscono di secernere sostanze velenose. Questi farmaci – definiti collettivamente senoterapici – sono già in una fase di test clinici per diverse patologie legate all’età e, secondo Cavadas, potrebbero essere disponibili sotto forma di creme per la pelle di qui a tre anni.

Nessun miracolo
Prove sperimentali suggeriscono che questi farmaci saranno sicuri ed efficaci. Nel 2019, ricercatori del Drexel university college of medicine di Filadelfia, in Pennsylvania, hanno applicato un farmaco chiamato rapamycin, un senomodulatore e, più in generale, un promettente inibitore dell’invecchiamento, alla pelle fotoinvecchiata di un gruppetto di volontari e volontarie di età superiore ai quarant’anni. Il farmaco ha ridotto i marcatori di cellule senescenti, ha accresciuto la quantità di collagene nel derma e ha migliorato l’aspetto della pelle. Un altro piccolo esperimento simile che ha usato invece la metformina, un altro senomodulatore, ha dato come risultato la riduzione dei danni del fotoinvecchiamento nei topi. Usando un senolitico per eliminare le cellule senescenti dalla pelle dei topi si accresce la proliferazione delle cellule staminali dei follicoli piliferi, il che suggerisce una parziale inversione del processo di invecchiamento.

Per supportare la sua ipotesi sulle rughe che determinerebbero l’invecchiamento complessivo del corpo, Cavadas ha in programma di testare i senolitici su modelli animali di pelle invecchiata per individuarne l’effetto sui marcatori della salute cerebrale nell’ipotalamo e nell’ippocampo. “Le prove sono ancora fragili, ma nel giro di un anno avremo dati sperimentali”, afferma.

“In generale le senoterapie topiche o magari per via orale hanno un enorme potenziale e potrebbero diventare uno standard di cura contro l’invecchiamento della pelle”, afferma Paul Robbins dell’Istituto sulla biologia dell’invecchiamento e del metabolismo dell’università del Minnesota. Dovranno però essere sottoposti a test clinici, ricorda Cavadas, e non possiamo aspettarci miracoli. “Se si bloccano tutte le cellule senescenti nella pelle, il livello di invecchiamento se non altro diminuirà. Non parlerei però di ringiovanimento”, avverte.

Resta da vedere se invertendo l’invecchiamento della pelle si può invertire l’invecchiamento del corpo nel suo complesso. C’è però un altro ottimo motivo per rallentarlo. La pelle invecchiata si comporta molto peggio di quella giovane in tutte le sue funzioni, spiega David Zargaran, chirurgo plastico del Royal free hospital di Londra. Le sue funzioni di barriera si indeboliscono, le ferite guariscono più lentamente, la sensibilità al tocco diminuisce e le sue difese immunitarie sono compromesse. La pelle invecchiata è inoltre maggiormente soggetta al cancro.

In attesa della senoterapia, quali sono le opzioni a nostra disposizione? Molti bagni sono già pieni di creme antirughe, e alcune hanno costi da capogiro. Si tratta di prodotti che possono ridurre in apparenza le rughe, ma secondo Zargaran al momento non ci sono prove del fatto che siano dei veri e propri trattamenti antietà.

Eppure c’è qualcosa che ha dimostrato di funzionare, se non altro da un punto di vista cosmetico. Secondo Hend Al Atif dell’università King Khalid di Abha, in Arabia Saudita, il collagene rappresenta un’innovazione in grado di portare a un cambiamento di paradigma. Una rassegna di studi pubblicata l’anno scorso sugli integratori di collagene topici e orali dimostra come entrambe le tipologie siano utili a ritardare l’aumento delle rughe gonfiando il tessuto connettivo in fase di declino. Gli integratori orali sono solitamente composti da collagene ricavato da pesci marini, un sottoprodotto dei settori della pesca e dell’acquacoltura, ridotto in frammenti minuscoli che possono essere assorbiti dall’intestino. Queste cure però non affrontano il problema delle cellule senescenti.

C’è tuttavia un modo per prevenire l’invecchiamento della pelle, e si trova in tutti i nostri armadietti: la crema solare, che assorbe i raggi uv prima che possano danneggiare la pelle. Non è mai troppo presto per cominciare. Anche se i primi segni visibili di invecchiamento della pelle di solito non si manifestano prima dei 20-25 anni, i processi che li originano si mettono all’opera molto prima. L’anno scorso una squadra internazionale di ricercatori ha studiato l’invecchiamento della pelle nelle donne orientali di età compresa tra i 18 e i 24 anni e ha scoperto che in molte si percepiscono già i primi tenui segnali di invecchiamento del viso: pelle opaca, sfumature irregolari, secchezza, rughe e mancanza di tono.

Tutto questo dimostra che i trattamenti antirughe non dovrebbero essere più considerati un progetto legato alla vanità, ma un fattore fondamentale per restare biologicamente giovani e in salute. Tutti dovremmo fare attenzione alle rughe, perché tutti dobbiamo salvare la pelle.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico New Scientist.

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