“Venerdì scorso ho ricevuto molte telefonate. All’inizio non ho fatto caso a questo interesse improvviso per il mio numero di telefono, ma le telefonate sono proseguite per tutta la giornata. Con mia grande sorpresa a un certo punto ho scoperto che Sheikh (Mohammed Drissi), imam della moschea al Aly al Qadeer (l’onnipotente) nei pressi della clinica della città di Al Bayda, era salito sul podio della moschea e aveva cominciato il suo sermone del venerdì parlando di me. Ero io il soggetto del suo sermone. Mi definiva un infedele sciita e intimava alla gente di isolarmi e di non salutarmi”.
Il giovane scrittore libico Khalil Hassi ha postato questa dichiarazione sulla sua pagina Facebook e ha confermato la storia ad alcuni quotidiani locali che l’hanno contattato. Ha aggiunto che avrebbe ritenuto l’imam responsabile di qualsiasi cosa gli fosse accaduta. Amici, artisti, scrittori e blogger hanno condiviso il suo post e hanno condannato il gesto dell’imam. Di solito i libici tendono a prendere sul serio i social network, tranne nei casi in cui sono i nostri governi a postare dichiarazioni ufficiali sulle loro pagine Facebook (cosa che fanno spesso).
A ottobre l’equilibrio di potere che aveva contribuito a mantenere una certa parvenza di pace a Tripoli è stato incrinato quando l’ex primo ministro del governo di salvezza nazionale Khalifa al Ghwell ha preso il controllo dell’hotel Rixos, sede del consiglio di stato, e ha fatto una dichiarazione in televisione in cui annunciava un colpo di stato. La guardia presidenziale del governo di unità nazionale ha annunciato di voler sostenere l’unico governo legittimo e costituzionale, ossia il governo di salvezza del congresso generale nazionale.
Adolescenti al governo
A Tripoli nessuno li ha presi sul serio, a parte il governo di unità nazionale che ha risposto quella sera stessa con una dichiarazione su Facebook! Non sembrano accorgersi del fatto che questo uso dei social network per scopi ufficiali li fa somigliare più ad adolescenti che aggiornano di continuo gli status relativi alle loro relazioni che a un governo. Insomma, tanto per cambiare potrebbero anche provare a usare Skype con la gente. Dopo tutto con Recep Tayyip Erdoğan ha funzionato bene.
Il giorno dopo Sarraj non se l’è cavata molto meglio davanti alle telecamere. Le conferenze stampa del governo libico sono rare, ma quando ce n’è una è piena di frasi vaghe come “Ci sono grandi sfide, ma stiamo facendo del nostro meglio”. Beh, che ne direste di darci qualche dettaglio, una volta tanto?
Da un punto di vista politico, la situazione con i due governi a Tripoli è ancora confusa. Dopo qualche settimana segnata da scontri di poco conto, i due governi hanno cominciato a ignorarsi e si sono entrambi rimessi al lavoro come se niente fosse. Un giorno si vedeva il primo ministro del governo di unità nazionale appoggiato dalle Nazioni Unite, Fayez Sarraj, visitare una scuola o recarsi a un incontro di lavoro. Qualche giorno dopo, l’esponente del governo di salvezza Khalifa al Ghwell andava a inaugurare una centrale elettrica. In questo contesto, l’aggressione contro il giovane blogger Khalil ha visto una rapidissima escalation seguita da immediate dichiarazioni bellicose.
Fiero di essere laico
Molti blogger e pagine di ispirazione religiosa hanno fatto fronte comune per attaccare Khalil e chiunque osasse sostenerlo. Tra le altre cose, gli aggressori fanno affermazioni come questa: “Già in passato avevamo avvertito questo tale Khalil Hassi. I suoi articoli e i suoi scritti rappresentano in primo luogo degli attacchi all’islam e delle bestemmie”. Lo hanno accusato di divulgare pensieri empi.
L’imam ha rilasciato una dichiarazione per difendere la sua posizione, sostenendo che il suo discorso era contro gli sciiti e la loro fede traviata, e aveva l’obiettivo di mettere in guardia la gente contro di loro. Era sua intenzione mettere in guardia la gente contro di lui anche perché nei suoi articoli Khalil sfida la religione di dio e ha idee simili a quelle degli sciiti. E “per sua stessa ammissione, lo scrittore è fiero di dichiararsi laico”.
Khaled Boznin, presidente dell’ufficio dell’alleanza delle forze nazionali a Tobruk, ha scritto una dichiarazione ufficiale a sostegno dello scrittore, annunciando di respingere e condannare le dichiarazioni di Sheikh Mohamed Drissi. “Accuse simili, con la diffusione massiccia di armi nel paese, rappresentano un pericolo che potrebbe minacciare la sicurezza dello scrittore”. Boznin ha sottolineato come la dichiarazione dell’imam della moschea sia “da respingere in toto, sia contraria alla libertà di parola e di pensiero e rappresenti un ritorno alla dittatura”.
Le idee religiose radicali possono prosperare solo all’interno di società chiuse con un’identità confusa e represse
Nella mischia è poi entrata l’autorità generale per gli affari e le donazioni islamici con un’altra dichiarazione: “Il sermone aveva lo scopo di mettere in guardia contro gli sciiti e il pericolo da essi rappresentato, e si accompagnava a una lettera proveniente dai servizi di intelligence libici in cui si avvertiva del pericolo per la sicurezza nazionale rappresentato da alcuni canali ostili. L’imam non ha definito lo scrittore un infedele, come quest’ultimo ha sostenuto e ha riferito ai mezzi d’informazione nella sua dichiarazione, ma ha detto che le bestemmie contro i compagni del profeta presenti nei suoi scritti sono simili a quelle pronunciate dagli sciiti. Abbiamo esaminato i suddetti articoli che lo scrittore ha condiviso sulla sua pagina Facebook e siamo rimasti sconvolti da affermazioni a nostro avviso empie: c’erano bestemmie contro il nome di dio, bestemmie e prese in giro dei profeti, derisione di riti sacri dei musulmani, come l’abitudine di velarsi e la celebrazione del venerdì, sarcasmo nei confronti della fede e del profeta, e nei confronti dei giuristi e degli studiosi musulmani. Tutte queste offese e questi attacchi contro la legge dell’islam erano giustificati dalla libertà di opinione e di credo religioso. Abbiamo esaminato la dichiarazione numero 26 del 2016 rilasciata dall’alleanza delle forze nazionali domenica 29 ottobre 2016. Quando la vicenda è uscita dal recinto del circo mediatico ed è stata adottata da un partito politico, è diventato obbligatorio per l’autorità generale rispondere e chiarire le cose. L’autorità generale condanna gli scritti dello scrittore ‘amputato’ per gli attacchi contro la sharia islamica e le dottrine dell’islam, tutti documentati sulla sua pagina. Consideriamo questi scritti un appello esplicito a favore di un governo secolare e una sfida esplicita all’islam in quanto religione di stato”.
Hanno usato un gioco di parole sostituendo la parola “menzionato” con la parola “amputato” tutte le volte che nelle loro dichiarazioni parlano dello scrittore, perché le due parole fanno rima in arabo.
“L’autorità generale fa appello all’alleanza delle forze nazionali affinché approvi quanto affermato dallo scrittore. Chiediamo che l’alleanza delle forze nazionali dichiari in modo esplicito le proprie posizioni sugli attacchi dell’amputato alla sharia, sul suo modo di descriversi come orgoglioso laico e la sua descrizione dei laici come illuminati”.
L’alleanza delle forze nazionali si è limitata a rispondere con le dimissioni del presidente dell’ufficio del partito a Tobruk, Khaled Boznin, che ha rilasciato la dichiarazione senza offrire ulteriori spiegazioni. Nel giro di pochissimo tempo tutti i siti di notizie coinvolte hanno pubblicato degli aggiornamenti in cui sostanzialmente chiedevano scusa all’imam. I toni erano decisamente cambiati. A quel punto l’intera vicenda è stata messa da parte.
Khalil è uno dei pochi scrittori libici moderni di cui mi piace leggere gli articoli. Voglio condividere con voi questo paragrafo del suo ultimo articolo su Huna Sotak intitolato “La condanna della sharia politico-islamica”:
“È inevitabile per noi dire che la legge islamica annovera nella storia della sua civiltà solo esperienze terrificanti, rappresenta un’istituzione fallita che riecheggia in tutte le ere islamiche. È impossibile per gli islamisti applicare la legge islamica in una cultura aperta al nuovo mondo con i suoi strumenti di conoscenza e globalizzazione, un’esposizione che rende impossibile l’isolamento e la solitudine. In altri termini, le idee religiose radicali possono prosperare solo all’interno di società chiuse con un’identità confusa e represse da un punto di vista intellettuale. Oggi non ci sono più scuseper le persone che hanno padroneggiato le arti del mito e dell’illusione trasformando i poteri della religione e della tribù in autorità monopolistiche che escludono la logica dal pensiero intellettuale”.
(Traduzione di Giusy Muzzopappa)
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