17 ottobre 2022 14:57

La Danimarca giocherà i prossimi mondiali di calcio, in programma in inverno in Qatar. Ma sulle magliette dei giocatori non sarà visibile né il nome e né il logo dello sponsor della squadra, il marchio di abbigliamento sportivo Hummel. Inoltre una delle strisce della divisa sarà colorata di nero, “il colore del lutto”, ha precisato Hummel.

L’azienda ha spiegato l’insolito disegno facendo direttamente riferimento agli operai morti durante la costruzione degli stadi e al discutibile status dei diritti umani in Qatar. In un intervento sui social network, Hummel ha chiarito la sua posizione: “Non vogliamo essere visibili durante un torneo che è costato la vita a migliaia di persone. […] Sosteniamo al massimo la nazionale danese, ma questo non significa sostenere anche il Qatar come paese ospitante”.

Le critiche di Hummel nei confronti del Qatar non sono un episodio isolato, ed è probabile che con l’avvicinarsi del torneo ne arriveranno altre. L’ex campione del Manchester United Éric Cantona ha dichiarato che non guarderà i mondiali, mentre alcune amministrazioni comunali francesi hanno confermato che non allestiranno maxischermi nei luoghi pubblici per trasmettere le partite.

Dichiarazione perentoria
Tuttavia la risposta del Qatar alle dichiarazioni di Hummel ha segnato un’evoluzione nella strategia rispetto al passato. In precedenza, infatti, i qatarioti avevano reagito con una certa lentezza alle critiche, mentre stavolta, poche ore dopo la presa di posizione di Hummel, l’organizzazione responsabile dell’evento ha diffuso un comunicato dai toni forti.

Nel documento, il comitato incaricato di preparare le infrastrutture e organizzare l’accoglienza per i Mondiali 2022 (Supreme committee for delivery and legacy) ha fatto presente che il Qatar ha introdotto importanti riforme nel mercato del lavoro, aggiungendo che tutti i paesi, inclusa la Danimarca, dovrebbero concentrarsi sulla promozione dei diritti umani.

Una dichiarazione così perentoria è degna di nota e pare segnalare un cambiamento nella natura, nei toni e nella rapidità della comunicazione del Qatar. Le autorità qatariote, evidentemente, si sono preparate a fronteggiare un periodo di intenso attivismo e di critiche durante una delle edizioni più controverse nella storia della coppa del mondo di calcio.

Il margine di errore nell’organizzazione di eventi sportivi di questa portata è sempre ridotto

Inoltre il Qatar, consapevole della possibilità che qualcuno provi a turbare lo svolgimento del torneo, sta facendo incetta di dispositivi di sicurezza: attrezzature di sorveglianza statunitensi, droni turchi, fregate italiane e agenti della polizia marocchina. Resta da capire in che modo saranno usate queste risorse e se la loro acquisizione sia in qualche modo legata al recente annuncio secondo cui durante la manifestazione gli alcolici saranno in vendita anche per 19 ore al giorno.

Il Qatar si è impegnato anche sul piano logistico, organizzando diversi eventi di alto profilo e di grande partecipazione per verificare il proprio grado di preparazione, compreso il Mondiale per club di calcio del 2019 e la Coppa araba Fifa del 2021. Entrambi i tornei si sono conclusi senza gravi incidenti. Un recente test organizzato nel Lusail Iconic stadium (che l’8 dicembre dovrebbe ospitare la finale) è stato meno incoraggiante, con carenze d’acqua, problemi con l’aria condizionata e tifosi costretti a camminare per oltre un’ora per raggiungere lo stadio, con una temperatura di 35 gradi.

A dura prova
Questi ostacoli non sono impossibili da superare prima della partita inaugurale di novembre, che si disputerà tra Qatar ed Ecuador. Ma il margine di errore nell’organizzazione di eventi sportivi di questa portata è sempre ridotto. A marzo il gran premio di Formula 1 in Arabia Saudita è stato quasi cancellato dopo un attacco portato dagli huthi con una serie di droni, mentre a maggio alcuni inconvenienti nella gestione del pubblico hanno creato diversi problemi durante la finale di Champions league in Francia.

Il volume di visitatori è di per sé motivo di preoccupazione. Secondo alcune stime più di 1,2 milioni di persone raggiungeranno il Qatar tra novembre e dicembre.

Per un paese con una popolazione di circa tre milioni di individui si tratta di un flusso enorme, che metterà a dura prova infrastrutture come strade, trasporti pubblici, acquedotti e fogne. Alcuni lavoratori immigrati sono già stati invitati a lasciare il paese e tornare solo dopo la fine del torneo. I dipendenti del governo dovranno lavorare da casa durante l’evento e le scuole e le università resteranno chiuse.

Per evitare congestionamenti il governo qatariota impedirà l’accesso in auto a Doha il venerdì (solitamente la giornata più trafficata della settimana) e sta testando 700 bus elettrici con il marchio della coppa del mondo per ovviare a eventuali disagi nei trasporti. A settembre ho visitato il Qatar e ho scoperto che nonostante mancassero poche settimane al calcio d’inizio, molte strade di Doha erano chiuso a causa di una corsa contro il tempo per adeguare il sistema idrico e fognario.

Nel corso del mio viaggio sono rimasto sorpreso dalla portata dei cambiamenti infrastrutturali intercorsi dall’ultima volta che ero stato nel paese, prima della pandemia. Doha mi è sembrata molto più silenziosa. Un tassista mi ha spiegato che ad alcuni residenti era stato ordinato di lasciare il paese o comunque di stare lontani dalla capitale durante gli ultimi preparativi.

In diverse zone le strade non erano ancora completate, così come le aree di raduno per i tifosi. Come in passato, i lavoratori migranti con cui ho parlato si sono lamentati degli orari massacranti e della retribuzione insufficiente. Ma stavolta tutti, quasi senza eccezione, hanno ammesso di essere emozionati per l’evento.

Il fatto che molti di loro non potranno permettersi di comprare un biglietto non interessa alle autorità qatariote. Nei dodici anni di preparativi per la coppa del mondo, infatti, il paese si è preoccupato soprattutto di coltivare le proprie ambizioni, rafforzare il proprio soft power e modificare le percezioni sulla scena internazionale.

Oggi il Qatar si affretta a completare gli ultimi preparativi. Presto il governo di Doha deciderà se avrà vinto o meno la sua enorme scommessa.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito su The Conversation.

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