Il sequel annunciato di L’amore non va in vacanza (2006), la celebre commedia romantica che racconta lo scambio di casa tra una giornalista inglese (Kate Winslet) e una montatrice di trailer californiana (Cameron Diaz), non sarà realizzato. Forse meglio così, ci teniamo il ricordo di quel film delizioso che secondo HomeExchange – il sito usato nel film dalle protagoniste – diede una svolta a un fenomeno fino ad allora decisamente di nicchia.

L’opera, scritta e diretta da Nancy Meyers, idealizzava e romanticizzava un modo di viaggiare che esisteva in realtà prima del boom su internet, e cioè lo scambio di abitazioni tra persone o famiglie che vivono in città o paesi diversi. Come era forse fin troppo evidente nel film, chi si scambia la casa approfitta non solo del fatto che sia gratis, ma anche delle conoscenze e delle dritte del proprietario.

È un fenomeno tipico dei paesi nordici. Tra quelli del sud c’è qualche resistenza. Per esempio, gli italiani sono tradizionalisti per quanto riguarda le vacanze e fanno generalmente una certa fatica all’idea lasciare la propria casa e i propri oggetti a degli sconosciuti. Mi sono spesso sentita dire: “Se devo lasciare la mia casa in mano a gente che non conosco preferisco non partire”. Quando succede, si tende a non abbandonare il proprio ospite e difficilmente gli si concederà un po’ di autonomia. Se siete stati ospitati da siciliani capite a che cosa alludo, ma succede anche con i greci e altri popoli mediterranei.

Tuttavia, anche in un paese così conservatore come l’Italia sembra che il fenomeno si stia diffondendo, complice la crisi economica, il rincaro dei voli e i prezzi vertiginosi del turismo interno. Secondo HomeExchange, la più grande e frequentata piattaforma di scambio di casa, con 5.400 iscritti (di cui l’84 per cento interessa le prime case) l’Italia è il quinto mercato più importante dopo Francia, Stati Uniti, Spagna e Canada. La crescita è notevole. Forse qualcosa è successo durante la pandemia: nel 2019 i pernottamenti sono stati 144.700, nel 2022 165.120 (un aumento del 14 per cento). HomeExchange prevede che alla fine del 2023 saranno 256.630, una crescita del 37 per cento. Le regioni più gettonate del paese sono il Lazio, la Toscana, la Lombardia, la Sicilia e, sorpresa, il Veneto.

Dai professori ai militari

Il pioniere dello scambio di casa organizzato fu il professore newyorchese David Ostroff, che nel 1953 stilò un elenco di colleghi insegnanti in cerca di un modo economico per trascorrere l’estate, e che per farlo decidevano di scambiarsi le case. La lista prese il nome di Vacation Exchange Club. Ostroff unì poi le proprie risorse con quelle dell’inglese Jan Ryder, che mise insieme una rete composta prevalentemente da militari. Negli anni settanta gli elenchi di HomeLink, questo il nuovo nome, diventarono veri e propri cataloghi da sfogliare, con case in tutto il mondo.

Dalla nascita di internet HomeLink è diventato un sito e negli anni successivi si sono moltiplicati le piattaforme simili, tra cui HomeExchange e il francese GuesttoGuest. È proprio quest’ultimo a lanciare nel 2011 l’idea dei guest point, ovvero dei punti che si acquisiscono ospitando un iscritto alla comunità senza però farsi ospitare da lui nello stesso periodo. Questi punti permettono di scegliere uno scambio di casa quando più lo si desidera. Nel 2018 HomeExchange e GuesttoGuest si fondono e il primo assorbe anche altre piattaforme come Love swap home o Home for home, monopolizzando nettamente l’offerta.

Tutti questi siti sono a pagamento o lo diventano dopo il primo scambio: il costo dell’iscrizione si aggira intorno ai 130-150 euro all’anno. Non sono l’unico modo per fare scambio di casa, ma sono il più sicuro. Naturalmente nulla vieta di organizzarsi in autonomia con conoscenti o grazie ai social network. Per scrivere questo articolo ho parlato con molte persone che hanno scambiato la propria casa con qualcuno in tempi recenti, sia attraverso le piattaforme sia in autonomia.

Il primo dato a emergere con evidenza è che l’aspetto economico non è affatto la ragione principale della scelta. “Al di là della gratuità dell’alloggio, c’è molto altro”, racconta a Raffaella Banchero, genovese, che si occupa di comunicazione etica. “Non che non sia importante, soprattutto per una famiglia composta da cinque persone come la nostra. Ma quello che spinge a scambiarsi le casa è l’immediato senso di amicizia che si crea con chi ti ospita e chi ospiti, come anche il fatto di essere accolti e aiutati nonostante la distanza, e il poter vivere in zone non turistiche. Si crea un’atmosfera di pace e fiducia, in contrasto con la cultura dominante che ci spinge a vedere l’altro con diffidenza”.

È una filosofia che devi sposare in pieno, e allora ti dà tanto

Paola Tamborlini con il marito e le figlie vive a Roma, ma da anni scambia il piccolo appartamento di famiglia a Camino, nell’alto Lazio. All’inizio non credeva che ci fosse qualcuno interessato alla loro casa, ma ha avuto richieste frequenti, soprattutto da turisti stranieri, in particolare statunitensi. “Quello che succede con gli scambi di casa è che non sei tu a scegliere la vacanza ma è la vacanza a scegliere te. Magari vai in un luogo in cui non avresti mai pensato di andare. In fondo è un modo di aprirsi all’ignoto”.

Ed Kushins, il fondatore californiano di HomeExchange, ha raccontato al New York Times che prima di internet per scambiarsi le case era necessario scrivere una lettera vera e propria, spedirla per posta e poi aspettare una risposta. Oggi il rito della lettera esiste ancora, insieme a quello di lasciare un regalo nella casa dove si è stati ospitati.

Anche io ho praticato lo scambio di casa in autonomia, sempre con amici o amici di amici, e ho ospitato persone anche sconosciute nelle case in cui ho vissuto: ospitare qualcuno mi è sempre sembrato un modo come un altro di viaggiare. Viceversa, studiare le case degli altri, curiosare tra i libri, i quadri, le fotografie, curare le piante di qualcuno è una cosa che mi è sempre piaciuta molto, a volte ancora di più di andare a visitare un museo o un monumento. Bere un tè o preparare un pasto nella cucina di qualcun altro ha soddisfatto in parte il mio desiderio di esotismo, e lo preferisco senza ombra di dubbio a cenare in un ristorante turistico o in un fast food. Se scambi casa puoi vivere con minor pressione l’idea di dover uscire, anche perché generalmente si tratta di soggiorni più lunghi.

Imprevisti

Che cosa può andare storto? Se gli ospiti danno buca all’ultimo minuto per qualche emergenza che cosa si fa? Esiste un’assicurazione che copre le spese in caso di danni? Chi ci garantisce che la nostra casa sarà trattata bene dagli ospiti? Da questo punto di vista con le piattaforme ci sono più garanzie, sono previste delle assicurazioni e la possibilità di riprogrammare il viaggio. Se invece ci organizza in autonomia, per esempio attraverso gruppi sui social network, chi dà la disdetta si impegna a trovare un altro alloggio, come mi ha spiegato Claudia Marangoni, una delle amministratrici del più numeroso gruppo italiano su Facebook e lei stessa veterana dello scambio di casa.

A chi ha dubbi e paure racconto sempre la storia del bicchiere, che a mia volta mi è stata raccontata da un’amica. Durante il suo primo scambio di casa la figlia piccola, appena entrati nell’appartamento di alcuni svedesi, rompe un bicchiere. Preoccupatissima, la mia amica telefona ai proprietari, che le dicono che loro figlio aveva rotto un bicchiere. Il punto è che si avrà sempre la massima attenzione se si è a casa di qualcuno che al momento è a casa tua: la cura sarà reciproca.

Claudia Marangoni, che lavora in un supermercato a Ravenna, mi racconta di aver fatto scambi di casa “anche quando in Italia era un fenomeno davvero di nicchia”. Osservando i dati di accesso al gruppo su Facebook che gestisce, Marangoni conferma che lo scambio di casa piace sempre di più e coinvolge soprattutto le donne single, il 72 per cento degli utenti. “In Italia è molto diffuso lo scambio della seconda casa, anche perché con i recenti rincari è più difficile da mantenere: in questo senso lo scambio è anche un modo per ripagarsi le spese”.

Rossano Astremo, scrittore che vive a Roma, è iscritto a HomeExchange dal 2012: “È una filosofia che devi sposare in pieno, e allora ti dà tanto. Noi abbiamo sempre voluto fare esperienze non tradizionali di turismo, preferendo scambi simultanei e mettendo in condivisione anche i nostri gatti, occupandoci a nostra volta dei gatti degli altri. La cosa funziona bene e crea una scrematura iniziale. Siamo stati lunghi periodi in Canada, Spagna, Irlanda, Florida, perfino su un’isola greca, Kythira, nella casa di una signora statunitense. Non si torna più indietro quando scegli questo modo di viaggiare. I guest point li abbiamo usati, sono funzionali, ma non li preferiamo perché si perde lo spirito autentico dello scambio”.

“I nostri amici sono sempre molto curiosi dei nostri viaggi, ma poi nessuno davvero si convince a farlo. Vedo ancora molta diffidenza”, continua Astremo. Secondo Federconsumatori, nel 2023 il costo delle vacanze per gli italiani è aumentato, e non si può dire lo stesso per gli stipendi. Il risultato è che gli italiani vanno meno in vacanza e fanno viaggi più brevi: “Si afferma sempre di più la tendenza a ridurre la durata del proprio soggiorno, che mediamente sarà di tre-quattro giorni”, si legge sul sito di Federconsumatori. Al contrario, chi effettua lo scambio di casa parte mediamente per più di due settimane: il 42,1 per cento fa una vacanza o un viaggio che va dalle due settimane a un mese, e il 3,9 per cento va oltre il mese, scrive Focus.

Di questo passo i viaggi dureranno sempre meno, in una frammentazione costante e nevrotica, un turismo mordi e fuggi portato all’estremo. Eppure il viaggio, come scrive Lucie Azema in Le strade del tè (Tlon 2023), consiste proprio nell’“amare gli scali”. Azema considera l’esperienza del tè, con la gestualità che la contraddistingue e i rituali che la accompagnano, come profondamente legata a quella delle strade e del viaggio. “È la tensione tra una ricerca d’orizzonti lontani e un’intimità radicata che permette, in qualsiasi viaggio, in qualsiasi esplorazione, di appropriarsi di nuovi territori, di rendere il mondo non solo un immenso corridoio di luce attraverso il quale si procede alla ricerca di novità, ma uno spazio infinito d’incroci, di sensazioni fatte di ripetizioni e ricordi, di luoghi ai quali si ritorna”. E ci si ferma, si resta, magari per bere un tè. A casa di qualcun altro.

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