16 novembre 2014 12:22

Riana Ravaioli: “Chi avrebbe pensato che un giorno avessimo potuto scriverci come fossimo vecchi amici”. Gianni Morandi: “Ciao Riana, meraviglia anche me questo nuovo modo di comunicare. Ti mando un bacio e ci sentiamo domani”.

Si dice che nei tardi anni cinquanta, al picco della sua popolarità, l’attrice Kim Novak ricevesse 3.500 lettere di fan alla settimana. Più di mille lettere settimanali la media della diva del muto Clara Bow, trent’anni prima. Pure il cane Rin Tin Tin, protagonista di un telefilm molto noto anche da noi, poteva contare su un gruzzoletto di ottomila lettere al mese.

Gianni Morandi, 8 novembre 2014. (Per gentile concessione di Gianni Morandi , Facebook)

Hollywood teneva d’occhio questo indicatore di popolarità, pure quello del cane. Impiegati e segretarie si occupavano di rispedire in cambio foto e autografi. Le fan (perché erano soprattutto donne e in seguito sarebbero state oggetto di appassionati studi femministi) si ritenevano soddisfatte nel vedere riconosciuta la loro quota di “proprietà” delle star e il diritto di partecipare a questa democrazia dello spettacolo. Nonostante il meccanismo fosse palesemente finto. Cioè, fosse “vero” tutt’al più solo nel caso di Rin Tin Tin, che in quanto cane rispondere di persona proprio non poteva.

La pagina Facebook di Gianni Morandi, 70 anni, star italiana formato famiglia dai tempi del boom economico, cantante, attore di film e fiction, conduttore televisivo, conta più di un milione di “mi piace” raccolti in un anno di aggiornamenti quasi quotidiani. Le classifiche gli assegnano uno scarso 79° posto tra le celebrities, subito dopo Madonna e Marco Travaglio, poco davanti a papa Francesco e al rapper Marracash. Ma i numeri non dicono un cosa.

Il 15 ottobre 2014 Gianni Morandi e sua moglie Anna stanno una notte e un giorno davanti al computer a leggere i quindicimila commenti con i quali i fan suggeriscono una scaletta di canzoni per l’antologia natalizia in via di pubblicazione. Ne dà notizia lo stesso Morandi pubblicando in successione due scatti: uno nel verde del giardino di casa, di giorno mentre si gratta la testa (il testo recita: “Sono uscito a prendere un po’ d’aria, ma voglio leggerli tutti”); l’altro al tavolo di lavoro con gli occhi palesemente più stanchi: “Autoscatto delle ore 23” (la parola selfie, è vezzosamente bandita da questa pagina). Sotto, si stila la classifica finale di questo tour de force.

La pagina Facebook di Gianni Morandi – nata in origine come emanazione di un suo storico fan club – è gestita in prima persona dal cantante, che quasi quotidianamente posta foto e “clippini”. E, soprattutto, risponde nottetempo e senza preavviso alle migliaia di commenti. Che differenza c’è tra le dive di Hollywood e Gianni Morandi?

  1. Morandi le “lettere” le legge veramente. 7 novembre, leggendo i commenti sulla nostra pagina vedo che c’è ancora qualcuno che non crede sia io a gestirla personalmente.
  2. Morandi è come Rin Tin Tin.
  3. Morandi sorride sempre ovunque si trovi: più o meno come Jim Carrey in The Truman Show.
Gianni Morandi, 16 ottobre 2014. (Per gentile concessione di Gianni Morandi, Facebook)

Il 16 ottobre alle due del pomeriggio è passato da un autogrill in zona Bologna. Ha comprato un pacchetto di caramelle per la gola e ha sorriso alla cassiera che gli sorrideva di rimando mentre qualcuno, un collega di lei forse, fotografava la scena. “Sono in viaggio, sosta all’area di servizio… caramelle per la gola”, diceva il post. Reso goffo (e quindi più vero del vero) dai puntini di sospensione. 18 ottobre: “Sono andato a mangiare in una trattoria situata a Monteveglio, in provincia di Bologna. La proprietaria è la signora Gianna che ha raggiunto la veneranda età di 87 anni”. Foto di Gianni con la veneranda signora. Madeleine di certe trasmissioni di “bella Italia” nella tv degli anni ottanta, la domenica mattina, coi colori esplosi di ottimismo. 19 ottobre: Gianni Morandi alla maratona di Cremona. Foto di gruppo. La maratona è una delle sue passioni.

Gianni e la cassiera. Gianni e la signora Gianna. Gianni e sua moglie Anna, Gianni e i figli, Gianni e la sua chitarra nera, Gianni e centinaia di persone incontrate per strada alle quali mai è negata una foto, una parola, un sorriso. Tutti ricambiano con l’estasi che si deve a un apparizione benigna, a un evento propizio, al bambolotto della propria infanzia dimenticato in uno scatolone e chissà come ritrovato: “Dovunque vai sono tutti contenti di vederti”, dice uno delle centinaia di commenti sotto la foto all’autogrill.

Gianni è una star di epoca pre-internet. Perciò la sindrome da chiocciolina che su Twitter produce il curioso fenomeno di gente che insulta personalmente Matteo Renzi o Maurizio Gasparri, e su Facebook l’espansione esagerata della colonna di commenti che qualcuno leggerà, più probabilmente non saranno letti mai, certamente mai li leggerà il destinatario, insomma la virtuale disponibilità di tutte le star all’epoca della rete, trova in Gianni Morandi un folle rovesciamento di ruoli. Gianni Morandi risponde. Esiste.

Gianni Morandi, 18 ottobre 2014. (Per gentile concessione di Gianni Morandi, Facebook)

Non si direbbe lo stesso, per esempio, della celebrity più seguita su Facebook, Shakira. Centocinque milioni di fans, poche foto pubblicate, qualche video linkato. Tutta pubblicità. E quanta letteratura sul volto di Morandi che non invecchia mai. Che si fa gli autoscatti. Che asseconda il generale invecchiamento della popolazione del social network più famoso. Che si incontra alla maratona e in autogrill. Dove altro sennò?

Il ragazzo che “andava a cento all’ora per veder la bimba mia” a diciott’anni, in un filmato della trasmissione tv Alta pressione (1963) appare goffo, mingherlino, piuttosto inadatto all’impresa. Le manone di Gianni Morandi. La canzone continuava così: “Mi si bruciò il motore nel bel mezzo della via / blen blen blen blen” eccetera. Lo storico Guido Crainz ha notato una volta come il verso sottolinei bene il carattere pionieristico del “grande balzo” italiano negli anni sessanta. A ragione. Ma la verità ancor più sconvolgente di questa canzone che pensiamo di sapere da sempre a memoria è un’altra: non ci verrà mai detto se il ragazzo è finalmente arrivato dalla sua bimba cento chilometri lontana (“Amore aspettami corro a piedi da te”). Metafora di un amore impossibile, sognato, vagamente interruptus.

Di seguito, la playlist stilata dai fan di Morandi su Facebook. Prima classificata: Uno su mille, il pezzo del rilancio dopo un decennio di crisi, 1985. Seconda classificata: In ginocchio da te, 1964. Terza: C’era un ragazzo che come me.

Scritte da Franco Migliacci, che di Morandi è stato lo scopritore e il pigmalione. Potrà essere una coincidenza, ma tutte e tre queste canzoni contengono uno spiazzamento. In Uno su mille Morandi è una ex star della canzone sul punto di essere dimenticata (“Il passato non potrà tornare uguale mai / forse meglio perché no, tu che ne sai”). In ginocchio da te, invece, ci viene restituita dai filmati d’archivio con addosso la divisa della leva militare (il modello è Elvis Presley, certamente, ma quindici mesi negli anni sessanta tra le caserme di Arma di Taggia e Pavia non furono granché glamour).

C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones – scritta nei giorni della guerra in Vietnam – resta la stranezza che fu nella canzonetta melodica italiana di quegli anni, pre-sessantotto. Morandi, figlio del segretario della sezione comunista di Monghidoro, avrà la ventura di cantarla nel suo show televisivo del 1999 alla presenza di Massimo D’Alema presidente del consiglio, e qui lo spiazzamento sarà doppio, l’imbarazzo multiplo in una televisione (e in una politica) non ancora mitridatizzata dopo il primo ciclone berlusconiano.

Il ragazzo che veniva da / gli stati uniti d’America ha la consistenza di un personaggio da musicarello; le canzoni citate: Help, Ticket to ride, Lady Jane, racchiuse in un verso di acrobatico namedropping; l’io (“come me”) della canzone un casuale e impotente spettatore della Storia, della Politica, della Musica.

La vertiginosa esperienza è questa: Gianni Morandi è come noi. Non solo per via della sua (virtuale) disponibilità in quanto star. Come noi, Morandi è spettatore del suo mito. Nell’ottantina circa di clippini postati su Facebook (l’espressione è mutuata da Vasco Rossi, ai tempi in cui il rocker emiliano svelò malattie e debolezza) il vecchio cantante accenna alla chitarra mai più di una strofa di una delle sue canzoni. Seduto a un tavolo, sorpreso nel malinconico piacere del ricordare. E dove ha nascosto, Gianni Morandi, il ritratto di Dorian Gray? Sotto il tavolo? Nella memoria del suo pc? Ma soprattutto: che cosa raffigura esattamente questo ritratto? L’eterno ragazzo? Oppure concetti più sfuggevoli e collettivi come: la pubertà nazionale, il boom economico, il Pci emiliano, il quando tutto sembrava ancora possibile?

Arrivati fin dentro il paradiso perduto delle generazioni, perdersi in un gioco di specchi è inevitabile perché, come abbiamo visto, giannimorandi è un personaggio costruito a partire da uno spiazzamento. Normalità, innocenza, inadeguatezza, incompletezza. Una canzone come Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte si presenta fin dal titolo con una trovata da amabile canaglia, ma si svolge in realtà di fronte a un portone chiuso. Set (notturno?) nel quale il protagonista consuma una vendetta soltanto sognata nei confronti dell’Altro: “Tu digli a quel coso / che gli spaccherò il muso”. Nessuna notizia vera, invece, sulle reali intenzioni di lei. Neppure delle intenzioni della sua mamma. E d’altra parte, “Si può dare di più / senza essere eroi” come diceva l’ennesimo spiazzante successo della lunga carriera di Morandi (anni ottanta).

Gianni Morandi, 6 settembre 2014. (Per gentile concessione di Gianni Morandi, Facebook)

Ancora. Quando il 22 ottobre su Facebook Gianni celebra i cinquant’anni del suo debutto cinematografico, scrive: “Ero impalato, non sapevo dove mettere le mani, né dove muovermi (…) Mi proposero di fare il secondo film. Ricordo la telefonata a mia madre: Mamma sono diventato un attore! Mi ero illuso, ci credevo”. Il mito di Gianni Morandi è in realtà un non-mito. L’uso di Facebook completa l’effetto sottilmente ideologico di questo ricordo, e ispira di conseguenza negli spettatori una indescrivibile nostalgia della propria giovinezza. Possiamo trovare nella normalità di quest’uomo toccato per caso dal successo in un tempo remoto la consolazione al nostro presente insuccesso. E insieme la conferma che concetti mistico-religiosi come la predestinazione, l’X factor, il magnetismo, sono soltanto un pezza corta che copre la profonda e irriformabile ingiustizia del mondo.

Il fan Mirko Torrisi commenta il post del 22 ottobre così: “Gianni, vedo in te l’italia migliore”. In tarda serata Gianni Morandi aggiunge questo commento al commento: “Mirko, c’è tanto migliore di me in Italia, purtroppo le cose brutte fanno più rumore. Un abbraccio”. La session si inoltra nella notte. Fabrizia Vannucci: “Ma tutte queste risposte (…) le dai volentieri o lo fai solamente solamente per mantenere viva grazie a F/B la fama di ragazzo col sorriso che non si spegne mai?”. Gianni Morandi: “Cara Fabrizia, se non mi facesse piacere un contatto diretto con gli amici che mi seguono non sarei qui, un abbraccio”. Un abbraccio di Gianni Morandi. Sto per arrivare adesso al rovescio esatto di questa storia. Perché un rovescio c’è. “25 ottobre: autoscatto in cucina. Buon fine settimana a tutti”. La foto mostra Gianni Morandi sorridente accanto ai fornelli. Commento 1: “Cosa bolle in pentola?”. Commento 2: “hahahahaaaa”.

Gianni Morandi, 7 settembre 2014. (Per gentile concessione di Gianni Morandi, Facebook)

Da molto tempo il protagonista indiscusso della (difficile) pubertà di una nazione, è protagonista di una crudele leggenda metropolitana. “Un tizio un giorno mi raccontò che un suo amico che lavorava al pronto soccorso…”. La presuntissima coprofagia di Gianni Morandi ha già trovato in rete un veicolo di diffusione e di moltiplicazione che, per esempio, ha prodotto interi account facebook dedicati alla cosa. Al punto che, alla fine di quest’analisi, si potrebbe aggiungere che la nuova vita di Morandi sui social network è nient’altro che un tentativo di sfidare frontalmente e inconsciamente il Drago, la Diceria.

Ecco insomma profilarsi una specie di fondamenta profonda e oscura nella liquida sostanza della star. Ecco un segreto che non sembra insidiare, ma piuttosto fornire un senso arcano a tutta questa luminosa popolarità. Scrisse negli anni sessanta Umberto Eco: “Con Rita Pavone la pubertà si faceva balletto e acquistava pieni diritti nell’enciclopedia dell’erotismo”. Se l’osservazione vale anche per Morandi “eterno ragazzo”, che grazie a Facebook si nutre in pubblico del suo mito, ora sappiamo anche in quale groviglio di perverso narcisismo si va a parare, per noi e per l’accidentata storia di questo paese.

Infine, ci sarebbe anche un’ultima interpretazione. E cioè che l’intera pagina Facebook di Gianni Morandi sia un’opera kolossal di marketing che serve a lanciare il nuovo album: l’antologia di venti canzoni scelte direttamente (come abbiamo detto) dai fan della pagina. Ma del resto, nessuna star è veramente così normale. A parte il cane Rin Tin Tin. E nessuna emozione di un fan è davvero così speciale.

Tamara Totti: “Ciao Gianni, non mi rispondi più! abbiamo forse bisticciato e non me ne sono accorta?”. Gianni Morandi: “Dolcissima Tamara! Ti penso tutti i giorni. Un bacio”.

Alberto Piccinini fa il giornalista. Scrive di comunicazione, politica, musica, calcio. Come autore televisivo ha fatto parte del gruppo di Blob, scritto programmi per Mtv e per Raidue. Collabora con Radio3. Tra i suoi libri Fratellini d’Italia, Figu, Atlante del calcio anni ’80 e Atlante del calcio anni ’70.

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