Poche volte come in queste ultime settimane il mondo mi è apparso scompaginato. E ancor più scompaginata mi sembra l’immagine del mondo trasmessa dai mass media.
Viviamo in tempi complessi e veloci, bellezza. Fattene una ragione.
Vabbè, grazie tante. Ma non è solo una questione di simultaneità: è ovvio che, più l’informazione è istantanea e concitata, più rischia di risultare frammentata, caotica e contraddittoria.
È anche una questione di assenza di gerarchie: che cosa è più importante. Che cosa è più preoccupante. A che cosa dovrei dedicare attenzione, che cosa potrei permettermi di trascurare. Che cosa va mostrato e che cosa non va mostrato.
L’informazione sul mondo appare scompaginata, credo, anche perché oggi pochi dei mass media che trasmettono informazione la “impaginano”. E parlando di “impaginare” intendo proprio il lavoro materiale del selezionare e del disporre ordinatamente in una serie di pagine tutti i fatti del giorno. Attribuendo a ciascun testo un rilievo, una posizione e un contesto. E, con ciò, un senso, all’interno di una narrazione più ampia.
La carta funziona per selezione, lo schermo per flusso e accumulazione. La carta è normativa, lo schermo è seduttivo
È il lavoro che ha sempre fatto la grande stampa d’informazione: scegliere le notizie, ordinarle per importanza assegnando un peso a ciascuna. Dividerle per tema e per ambito. Collocarle infine nella pagine di carta di un giornale, offrendo, proprio attraverso l’impaginazione, chiavi di lettura implicite ma efficaci perché intuitive, costanti e rassicuranti.
Ma dai, navighi in rete da vent’anni e non te ne sei accorta? Tutti i siti web sono impaginati, e molti hanno grafiche bellissime…
Non è la stessa cosa. In rete l’impaginazione è spesso puramente identitaria ed estetica, nel senso che ti fa capire subito su che sito sei, e quanto è moderno. Ma raramente l’impaginazione ti dice se quel che stai leggendo è rilevante. La carta funziona per selezione, lo schermo per flusso e accumulazione. La carta è normativa, lo schermo è seduttivo.
Nelle prime pagine delle testate online, anche di quelle più prestigiose, si affollano molte più notizie che nella prima pagina di un quotidiano. A spanne, direi tra le dieci e le venti volte tanto, e in certi casi di più. E ci sono i resoconti dell’ultima ora e gli articoli di cinque o dieci giorni fa, i pettegolezzi, i video curiosi, le gallery fotografiche, la pubblicità. Tutto mescolato assieme.
… perfino gli aggiornamenti su Facebook e Linkedin sono impaginati, e anche i tweet: prova a uscire dall’impaginazione che prevede 140 caratteri, se ci riesci.
Appunto: è un’impaginazione puramente identitaria. Per questo qualsiasi aggiornamento sui social media è formalmente identico a ogni altro. I 140 caratteri (oggi qualcuno di più) previsti dalla gabbia di Twitter sono gli stessi che hanno a disposizione il papa, Obama, o un qualsiasi complottista fuori di zucca.
Vuol dire che i social media sono democratici. E sono veloci, moderni, ubiqui e gratuiti. Di che ti lamenti?
Macché gratuiti. In rete tutti paghiamo, eccome, in termini di tempo speso e di informazioni conferite durante la navigazione. Ma non è questo il tema adesso.
Il 50 per cento dei ragazzi oggi si informa attraverso il flusso disordinato dei social media. Siamo certi che ciascuno di loro fa la fatica mentale di mettere le informazioni in ordine di importanza, di organizzarle per ambito, di connetterle tra loro e di verificare l’affidabilità delle fonti?
Ogni singolo utente dovrebbe diventare, per così dire, il giornalista di se stesso. Dubito che questo succeda.
Quando l’informazione non viene organizzata la visione del mondo si scompagina
E ancora. Anche i telegiornali sono “impaginati” secondo un format, ma è una struttura meno evidente di quella dei giornali, per il semplice fatto che si sviluppa in modo diacronico: la carta stampata ce l’hai tutta davanti, la tv si vede momento per momento. Senza contare che, per esempio, in una diretta televisiva per forza di cose salta ogni struttura: anche in quel caso, è puro flusso.
Ogni epoca trova il proprio modo di narrarsi. Dimmi quanta gente trovi in metropolitana con un quotidiano, e quanta con un telefonino.
Non ce l’ho su con i social media né con la rete, e non sto dicendo che l’offerta di informazione dovrebbe diminuire. Dico che dovrebbe aumentare in modo consistente la nostra capacità di gestirla, l’informazione. E che quando l’informazione non viene organizzata la visione del mondo si scompagina, l’ansia cresce e scompagina anche la nostra capacità di decidere da buoni cittadini.
Ma brava. Preferisci che qualcuno scelga e gestisca l’informazione per tuo conto, e te la “impagini” alla vecchia maniera, invece che occupartene in prima persona?
Oggi in rete la “vecchia maniera” non esiste più, e amen. Ma una nuova maniera va trovata. Ti faccio un esempio che riguarda il grado zero dell’impaginazione, ed è la sezione “immagini” di Google. Prova a digitare “Isis” e osserva cosa vien fuori: migliaia di foto di pura, spaventosa propaganda, senza uno straccio di paratesto, un banner, niente che protegga o orienti il lettore. Nessun contesto. Ma che senso ha?
Google sta facendo un lavoro interessante di impaginazione sulle informazioni mediche, privilegiando le più affidabili e rilevanti. Forse questa operazione andrebbe estesa anche ad altri ambiti sensibili.
Un flusso ingovernabile e inestricabile
… vorresti affidare a Google la selezione delle immagini, proprio un attimo dopo che è scoppiato uno scandalo perché Facebook ha provato a fare una cosa del genere con i trending topics?
Il fatto che io non abbia una soluzione non significa che il problema non esiste. E no: non ho una soluzione. Ma credo che sia venuto il momento di porsi il problema.
Per esempio, sulla Repubblica Michele Serra scrive: “Per noi società mediatica, qual è la dose di orrore necessaria per sentirsi “informati”?… le urla, la morte, lo sgomento delle vittime, sono cose da pubblicare e postare a prescindere, a tonnellate, o ci vorrebbe una drastica cernita?”.
Appunto: si tratta di scegliere, contestualizzare, e (rieccoci!) impaginare. Ma chi sa e può impaginare, specie nel momento in cui i confini tra informazione prodotta da professionisti e informazione prodotta dai cittadini si vanno assottigliando?
E le cose non miglioreranno, se solo teniamo conto del fatto che nel 2020, secondo Cisco, l’82 per cento del traffico in rete sarà costituito da video. Un ingovernabile e inestricabile flusso fatto di migliaia di migliaia di flussi.
Tesoro, tu sei consapevole del fatto che anche questo articolo finisce nel flusso della rete? Che apparirà come uno dei millanta rettangolini su Facebook?
Incrocio le dita e confido nella competenza dei pochi lettori che sono arrivati fino a qui.
E poi: a costo di apparire antiquata, nostalgica e passatista, scrivo e navigo in rete ma mi tengo stretta anche i giornali di carta, belli impaginati come sono. Finché ci sono.
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