28 novembre 2014 09:25

L’Unione europea ha deciso di investire nel rilancio delle sue economie, e giovedì è arrivata la conferma di questa buona notizia. Tuttavia l’investimento non sarà sufficiente a ripristinare l’unità europea, perché i suoi effetti non saranno immediati, la disoccupazione persisterà e il clima politico continuerà a peggiorare in tutta l’Unione. Questi fattori, inevitabilmente, contribuiranno ad accentuare la spaccatura tra l’Europa e gli europei.

Investire è giusto e indispensabile, ma il progetto europeo avrebbe bisogno anche di miglioramenti politici. Prima di tutto è necessario porre fine al dumping fiscale negli stati membri. La missione è molto difficile, perché in base ai trattati ciascuno dei 28 stati gestisce la propria fiscalità e molti paesi non intendono cambiare sistema. Questo significa che niente può impedire a un governo dell’Unione di continuare a proporre alle imprese condizioni fiscali estremamente vantaggiose per convincerle a stabilire la sede legale sul loro territorio.

Il Lussemburgo non è l’unico paese a portare avanti questa pratica, legale ma non per questo accettabile. Il dumping fiscale è dannoso per l’idea stessa di unità europea, perché l’opinione pubblica del continente incolpa l’Unione per questa situazione, anche se in realtà è proprio il suo essere incompiuta a permettere questo scandalo.

Sostenuta dal maggior numero possibile di governi, la Commissione deve prendere posizione e combattere questi accordi privati trattandoli (e ha già cominciato a farlo) come sovvenzioni nascoste e dunque punibili con pesanti sanzioni. Ne va della credibilità dell’Unione. Per questo la Commissione dovrebbe guidare un negoziato sull’armonizzazione delle fiscalità e della tutela sociale, indispensabili per cambiare una realtà pericolosissima in cui abbiamo una moneta unica ma 28 politiche economiche diverse.

Inoltre bisogna che i paesi dell’eurozona decisi a seguire questa strada rapidamente annuncino attraverso una dichiarazione comune la loro volontà di costituire un’unione politica sempre più stretta, dotandola di una guida politica e di un’avanguardia che possa indicare il cammino agli altri. Dobbiamo passare il più presto possibile a un’Europa a due velocità, perché non possiamo più progredire senza discutere e stabilire chiaramente la direzione da intraprendere, e il programma dell’Unione non deve essere deciso dai membri più reticenti, ma dai più intraprendenti.

Allo stesso tempo è necessario costituire un’Europa della difesa, perché oggi l’Unione è virtualmente priva dell’ombrello statunitense e di difese proprie. Infine l’Europa unita deve avviare un dialogo reale con la Russia (prima che sia troppo tardi) sulla stabilizzazione del continente europeo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it