28 agosto 2017 12:33

È l’aspetto più importante dell’estate che sta finendo. Dopo un semestre in cui un lunatico ha occupato la Casa Bianca – un uomo imprevedibile, confuso e Twitter-maniaco – il mondo ha scoperto che senza un pilota ai comandi degli Stati Uniti non si sta né meglio né peggio.

Bene o male, gli Stati Uniti hanno governato il mondo dalla fine della seconda guerra mondiale. Niente poteva essere fatto senza (e ancor meno contro) Washington. Poi però, all’improvviso, questa potenza che avevamo definito “iperpotenza” dopo il crollo sovietico è scomparsa dalla scena internazionale, impantanata, perduta, disorientata dal testacoda di un presidente che minaccia di annientare la Corea del Nord e poi (fortunatamente) non fa nulla, un presidente che volta le spalle a Vladimir Putin dopo averlo adulato, un comandante in capo che litiga e si riconcilia continuamente con la Cina, si riavvicina alla Nato dopo averla insultata e in breve fa tutto e il contrario di tutto nei campi più cruciali dal punto di vista diplomatico e militare.

I cinque continenti hanno inizialmente avuto un capogiro, ma nel giro di poche settimane è apparso chiaro che nessuna delle crisi in corso si stava realmente aggravando e che al di là del suo stile bizzarro, Donald Trump non fa altro che accelerare, senza più alcun rispetto delle regole, un percorso avviato dai suoi predecessori.

L’unica vera novità portata da Trump è che esplicita un comportamento che il suo paese tiene da anni

“America first”, l’America prima di tutto, è uno slogan che non è stato inventato da Trump. È da tempo che gli Stati Uniti non pensano più che difendere l’Europa sia nel loro interesse. È una tendenza che risale alla caduta del muro, così come l’allontanamento dal Medio Oriente risale a Barack Obama e all’autosufficienza energetica che Washington ha finalmente raggiunto con il gas di scisto.

Da ancora più tempo gli Stati Uniti, pur sostenendo il libero scambio, difendono con le unghie il loro mercato interno e le loro grandi aziende. L’unica vera novità portata da Donald Trump è che esplicita un comportamento che il suo paese tiene da anni e che ha portato il mondo a non credere più a un eterno ordine americano, tirandone le dovute conseguenze.

Dallo Yemen al Qatar, le monarchie sunnite fanno di testa loro. I cinesi fanno avanzare i loro pedoni in Asia e nel mar Cinese. Putin cerca qualcosa che possa sostituire il grande riavvicinamento con gli Stati Uniti, che aveva sperato di attuare favorendo l’elezione di Trump. L’Europa (soprattuto l’Unione europea) serra i ranghi e si prepara, all’indomani delle elezioni tedesche, a investire sul futuro, su una difesa comune e su un’armonizzazione delle economie dell’eurozona.

Nel giro di un’estate è emerso un nuovo mondo, e per quanto gli Stati Uniti siano ancora potenti, ormai è poco probabile che tornino a essere quello che erano, il poliziotto del mondo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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