29 novembre 2016 15:59

L’ultimo supplemento del notiziario dell’Istituto superiore di sanità dice:
“Nel 2015, sono state riportate 3.444 nuove diagnosi di infezione da hiv pari a 5,7 nuovi casi per centomila residenti. Questa incidenza pone l’Italia al tredicesimo posto tra le nazioni dell’Unione europea. Negli anni si osserva un aumento dell’età mediana alla diagnosi, nonché un cambiamento delle modalità di trasmissione: diminuisce la proporzione di consumatori di sostanze per via iniettiva, ma aumenta la proporzione dei casi attribuibili a trasmissione sessuale, in particolare tra maschi che fanno sesso con maschi (msm). Il registro nazionale aids è attivo sin dall’inizio degli anni ottanta; nel 2015 sono stati segnalati al centro operativo aids 789 casi di aids, pari a un’incidenza di 1,4 nuovi casi per centomila residenti. Oltre il 50 per cento dei casi di aids segnalati nel 2015 era costituito da persone che non sapevano di essere hiv-positive”.

Per abbassare la trasmissione sessuale, il rimedio esiste: usare il preservativo. Ma qualcosa non torna se nel 2014 “la maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da hiv è attribuibile a rapporti sessuali senza preservativo, che costituiscono l’84,1 per cento di tutte le segnalazioni (eterosessuali 43,2 per cento; msm 40,9 per cento)” e se nel 2015 la percentuale è arrivata all’85,5 per cento (eterosessuali 44,9 per cento; msm 40,6 per cento).

Dalla pubblicità progresso con l’alone viola poco è cambiato. Era la fine degli anni ottanta e lo slogan “se lo conosci lo eviti, se lo conosci non ti uccide” chiudeva una quarantina di secondi ansiogeni e minacciosi.

L’hiv è ormai paragonabile a una malattia cronica, ma la colpa e la vergogna restano indelebili

Oggi, forse, è pure peggio. Mentre la ricerca e la medicina consentono a chi ha contratto il virus di vivere bene e a lungo, la prevenzione e la “normalizzazione” sociale rimandano a decenni fa. Rimandano cioè all’inizio di un’epidemia che incarnava perfettamente, agli occhi dei più beghini e moralistici controllori dei costumi, una punizione per chi viveva in modo immorale e violava presunte regole di buona condotta (in sintesi, se ti buchi e hai una vita sessuale promiscua te la cerchi e quindi poi non lamentarti – ovvero, i peggiori pregiudizi che ancora circolano).

In altre parole, se oggettivamente l’hiv è ormai paragonabile a una malattia cronica contenibile e compatibile con un’alta qualità della vita, soggettivamente la colpa e la vergogna sono indelebili quanto quell’alone viola. Ed è proprio il miglioramento medico che ha contribuito alla contraddizione tra l’aspetto sanitario e la percezione. Prima si moriva, ora si vive a lungo (e magari si “pretende” di non essere discriminati a scuola e al lavoro e perfino di avere figli) ma lo stigma è un peso aggravato dall’ignoranza e dalla scarsa iniziativa istituzionale. Un peso, soprattutto, evitabile e per questo ancora più intollerabile.

Gli sforzi dell’Iss (oltre al telefono verde aids e infezioni sessualmente trasmesse 800 861 061 c’è il sito Uniti contro l’aids) non bastano e la “sorpresa” per i contagi di insospettabili rivela quanto poco si sappia delle modalità di trasmissione e dei rischi. Non solo sull’hiv ma su tutte le malattie sessualmente trasmissibili.

E lo scandalo dell’albo di Lupo Alberto, Come ti frego il virus!, colpevole di aver nominato il preservativo, racconta ancora troppo bene la difficile convivenza tra educazione sessuale e scuola.

Un tentativo molto recente di usare i fumetti per raccontare e per combattere lo stigma è quello del gruppo di artisti Conigli bianchi.

Ti faresti curare da un medico hiv positivo? E andresti ancora da quel tatuatore che ti piace tanto se sapessi che è sieropositivo? E se fossero gli insegnanti dei tuoi figli a essere sieropositivi, saresti felice? Ma sopratutto: andresti a letto con una persona che ti rivela di avere l’hiv? Saresti in grado di amarla? Ammesso che fosse nei tuoi piani, troveresti saggio metter su famiglia proprio con questa persona?

Partono da queste domande i Conigli, e basta rispondere di no a una sola per aver bisogno di saperne di più. Perché l’ignoranza fa quasi più danni del virus.

I Conigli sono stati al festival internazionale di fumetto Bilbolbul, a Bologna, il 26 novembre scorso con Elena Guidolin .

Nella loro rabbitgallery sono presi di mira i principali pregiudizi intorno all’hiv. Dall’importanza di fare il test (sono moltissimi a non sapere di aver contratto il virus) alle credenze sbagliate e stigmatizzanti (ti becchi l’hiv se fai una vita sregolata, se ti buchi e se sei un po’ troia), dalla convinzione che non possa capitare proprio a noi all’importanza della profilassi e della terapia antiretrovirale fino al suggerimento che la visibilità possa liberare tutti. Senza toni minacciosi e senza aloni viola, i Conigli provano a far passare le informazioni e a rimediare a una voragine istituzionale abbastanza imbarazzante.

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