13 settembre 2021 14:41

La fastosa residenza di Bono Vox a Killiney, in Irlanda, aveva un bagno con delle finestre a forma di oblò per godersi, anche dal gabinetto, la bellezza della baia. Fearghal McKee, il cantante dei Whipping Boy, quando faceva il roadie per gli U2 ebbe la fortuna di usare quel bagno e notò che gli oblò erano troppo bassi e che alla fine tutto facevano meno che far vedere meglio il paesaggio; erano solo l’idea un po’ pretenziosa di un architetto ansioso di compiacere una rock star.

Quegli oblò sono finiti più tardi nel verso di una canzone dei Whipping Boy. In We don’t need nobody else McKee canta: “Hanno costruito degli oblò per Bono, per fargli guardare oltre baia e fargli cantare le montagne. In questa terra sei quello che possiedi”. Non era un attacco diretto al cantante degli U2, era più che altro un riferimento amaro alla cosiddetta Tigre celtica, il boom economico dei nuovi ricchi irlandesi: “Puoi essere un re”, continua la canzone “e tutto dipende dalla bella vista che puoi avere”.

Si potrebbe dire che i Whipping Boy se la siano andata a cercare e che gli assurdi paragoni con gli U2 che hanno finito per schiacciarli e trasformarli in una nota a pie’ di pagina nella storia del britpop siano stati generati da loro stessi. Eppure Heartworm, il secondo album dei Whipping Boy che contiene We don’t need nobody else e altri dieci magnifici pezzi, meritava molto di più del tiepido successo che ha avuto nel 1995. Il fatto che il loro album fosse arrivato dopo The holy bible dei Manic Street Preachers e subito dopo The bends dei Radiohead non ha certo aiutato la band irlandese, che si è trovata, nonostante il materiale eccellente e una serie di concerti memorabili, spinta in un angolo. Potevano sperare nel successo americano, come quello che in quegli anni stavano avendo i Cranberries e (miracolosamente) i Bush, ma invece di andare a suonare negli Stati Uniti preferirono aprire i concerti del loro eroe Lou Reed in Europa. Quella dei Whipping Boy è la parabola di una grande band che non ha saputo cavalcare l’onda. Forse proprio questo rende Heartworm un disco da salvare con particolare cura e amore: è un album che meritava molto di più.

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Joy Division e Velvet Underground sono i numi tutelari dei Whipping Boy e Fearghal McKee è un frontman romantico e carismatico capace di passare, con naturalezza, dall’audacia dei primi U2 a quell’ennui anni novanta così tipico di Radiohead prima e di Placebo poi. Nelle canzoni di Heartworm c’è una specie di eroica fragilità, di disagio adolescenziale sublimato. Nella trascinante When we were young McKee canta: “Quando eravamo giovani nessuno invecchiava e nessuno moriva… e la prima volta che amavi avevi tutta la vita da dare”. Una canzone che ha un senso sentita a vent’anni e ne assume uno tutto nuovo riascoltandola a cinquanta, come forse tutte le grandi canzoni.

Non c’è pezzo che non sia un potenziale singolo in Heartworm: all killer no filler, “tutti pezzoni e niente riempitivi” come si dice nel gergo dei nerd della musica e nel titolo furbetto di un vecchio album dei Sum 41. Twinkle è una canzone pop magnifica con un ritornello ammaliante, Tripped attacca lenta e poi cresce fino a prenderti alla gola, e la già citata We don’t need nobody else mostra che cantante fosse Fearghal McKee, con il suo parlato distaccato che esplode in un ritornello gigantesco.

Heartworm è uno di quegli album in cui l’asticella dello sturm und drang continua a salire pezzo dopo pezzo, fino a livelli forse insopportabili per un adulto. Ma la sua bellezza è che tanta emotività finisce per evaporare tutta in Morning rise, la vampata che chiude l’album in un tripudio di archi e con un ritornello che dice: “Quando arriverà il nostro momento, io lo saprò”.

Nel 2015, in occasione del ventennale di Heartworm, con sprezzatura tipicamente irlandese Fearghal McKee ha rivendicato come una medaglia l’insuccesso di quell’album e della sua band: “Invece alla fine abbiamo avuto successo, cazzo”, ha detto in un’intervista al giornalista musicale Steve Cummins. “Eravamo una band che non avrebbe sentito nessuno. Whipping Boy non è un nome da band a caccia di successo. Yeats diceva ‘non lasciare mai che uno stato d’animo ti scappi di mano’: ed è quello che abbiamo fatto con Heartworm. Non abbiamo permesso che nessuno stato d’animo ci sfuggisse, abbiamo catturato qualcosa di bello e qualcosa di vero: e questo è un cazzo di successo”.

Whipping Boy
Heartworm
Columbia, 1995

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