14 dicembre 2012 00:57

Un anno e mezzo fa circa incontravo a Bruxelles Amal Ramsis, una giovane documentarista egiziana venuta a presentare il suo ultimo lavoro. In quell’occasione [avevamo parlato][1] della situazione in Egitto, dei possibili sviluppi, dei pericoli. Ho pensato a lei andando alla proiezione di Militantes, documentario di Sonia Chamkhi presentato all’ultimo [Festival du cinéma méditerranéen][2] (senza molto impegno si potrebbe creare una rubrica di sole chiacchierate con documentariste di passaggio a Bruxelles). Sonia Chamkhi è regista, scrittrice, docente all’Istituto di belle arti di Tunisi, ma soprattutto, come ammette lei stessa, è “ammaliata” dai volti politici femminili del suo paese, che da quasi due anni ha chiuso il capitolo Ben Ali e affronta un terreno nuovo fatto di libertà, dibattiti, tensioni e minacce d’instabilità.

**Così, in occasione ** delle elezioni per l’assemblea costituente del 23 ottobre 2011, Chamkhi ha deciso di seguire otto donne capolista durante la campagna, senza provare a nascondere il suo ammaliamento e abbandonandosi a lunghi primi piani. “Me ne sono resa conto dopo, a cose fatte”, ha spiegato. “Quelle donne mi affascinavano a tal punto che non potevo fare a meno di riprenderle da vicino, ascoltandole senza interrompere”. Anche se non si schiera con nessuna, è facile capire a chi vanno le sue preferenze. “La più incredibile”, ha raccontato dopo la proiezione, “è Saida Garrach, del Movimento dei nazionalisti democratici. È anche la segretaria generale dell’Associazione tunisina delle donne per la democrazia, una persona con un’energia straordinaria” - e una risata altamente tonificante. Mentre in fondo alla sua classifica personale Chamkhi piazza Souad Abderrahim di Ennahda (il partito islamico oggi a capo della coalizione di governo), “bella, disinvolta, tutta sorrisi, con un modo di fare da politico americano” – e senza velo, particolare importante per un partito che si dice moderato.

Tra le due, altre sei capolista – Bochra Belhaj Hamida (Ettakatol, Forum democratico per il lavoro e le libertà), Radhia Nasraoui (Partito operaio comunista tunisino), Houda Kéfi (indipendente), Najla Bourial (Partito democratico progressista), Khadija Ben Hassine e Jinène Limam (El Qotb, Polo democratico modernista) – e altre donne ancora, tra cui molte giuriste, che hanno partecipato alla riflessione sulla futura costituzione. Donne spesso di orientamento diverso, ma tutte con una storia di impegno alle spalle. Militanti, appunto.

Sappiamo com’è andata a finire: il 23 ottobre 2011 ha vinto Ennahda, che insieme alle formazioni socialiste Ettakatol e Congresso per la repubblica ora guida una coalizione di governo fragile e contestata. Il documentario di Chamkhi finisce il 14 gennaio 2012, nel primo anniversario della rivoluzione. Malgrado la parità di genere rispettata nelle liste elettorali (ma la parità può essere “solo scena”, sostiene Houda Kéfi), e malgrado l’entusiasmo sprigionato dalle protagoniste di Militantes, solo 58 membri della costituente su 217 sono donne. “Le due grandi battaglie finora sono state quelle sugli articoli 1 e 28”, ha spiegato Chamkhi, “in cui Ennahda avrebbe voluto introdurre la sharia e il concetto di ‘complementarità’ tra uomo e donna. Battaglie vinte, per fortuna”.

Secondo lei i membri di Ennahda sono stati “bravi perché coesi, astuti e pieni di soldi. Hanno fatto campagna su temi vicini alla gente, mentre i partiti progressisti si sono concentrati sulla costituzione, trascurando alcune regioni durante la campagna elettorale, a volte rivelandosi impreparati a dialogare con le fasce più povere della popolazione. La cosa ironica è che alcune delle donne avvocato che ho incontrato hanno difeso degli islamisti sotto Ben Ali , e oggi vengono criticate da quegli stessi islamisti”.

Proiettato al Teatro Nazionale di Tunisi (“C’erano 1.400 persone, un pubblico inaspettato!”), in giro nei cineclub del paese, poi in Francia, Militantes era in programma all’ultima edizione delle [Journées cinématographiques de Carthage][3]. “In tv sarà trasmessa da un’emittente privata”, ha precisato Chamkhi, che si è detta preoccupata per il futuro del suo paese. “Le prime elezioni legislative e presidenziali dovrebbero tenersi il 23 giugno 2013, ma molto probabilmente la data slitterà a settembre o a ottobre”.

Tra un mese i tunisini occuperanno le strade per celebrare il secondo anniversario della rivoluzione. Sarebbe bello se si ispirassero al collettivo “Art Solution”, che da qualche tempo occupa gli spazi pubblici di Tunisi ballando, per reagire al peso crescente dell’islam conservatore nella società. “Il nostro è un confronto diretto con i salafiti, e abbiamo come unica arma la danza”, [spiega][4] l’ideatore Bahri Ben Yahmed. Questo è il secondo video della loro serie, e promette bene:

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Francesca Spinelli è giornalista e traduttrice. Vive a Bruxelles e collabora con Internazionale. Su Twitter: @ettaspin

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