21 aprile 2015 15:07

È una lotta senza esclusione di colpi. Con le sue giravolte e i suoi colpi di scena, la battaglia sulla legge elettorale evidenzia di giorno in giorno le anomalie della politica italiana. In nessun paese dell’Unione europea le leggi elettorali provocano contrasti politici, pur essendo in vigore da molti decenni. Dappertutto c’è consenso sul fatto che per cambiare le regole ci vuole un ampio accordo tra le forze politiche. Non è così in Italia, dove dopo il Mattarellum e il Porcellum si cambia per la terza volta in pochi anni per introdurre l’Italicum.

Lo sconcertante balletto sulla legge si trascina da anni. Dopo un estenuante tira e molla, nel marzo del 2012 Bersani, Alfano e Casini avevano finalmente annunciato un accordo, seppellito puntualmente da nuove risse e dall’inevitabile rituale dei veti incrociati. Alla fine, la rottura del patto del Nazareno ha fatto saltare l’accordo tra Renzi e Berlusconi sull’Italicum. Le opposizioni hanno cercato di bloccare la legge con più di sessantamila emendamenti. Per vincere questa battaglia anomala, Renzi ora ha deciso di sostituire ad diem, cioè solo per una votazione, dieci degli undici membri Pd della commissione affari costituzionali, tra cui Cuperlo, Bersani e Bindi. Per protesta Movimento 5 stelle, Sinistra e libertà, Scelta civica e Forza Italia hanno abbandonato la commissione: “Si voti da solo la riforma.”

In questo dialogo tra sordi i toni sono drammatici e non mancano gli appelli al capo dello stato. Anche se il governo ha i numeri alla camera, la battaglia rischia di provocare strascichi pesanti nel Partito democratico. Il M5s e Sel promettono ostruzionismo pesante e solidarizzano con la minoranza del Pd, che grida alla deriva autoritaria e che Renzi vuole sconfiggere definitivamente con una rischiosa prova di forza. Alla fine il premier sarà costretto a porre la fiducia, esasperando ulteriormente gli animi. Nella conta finale i voti di M5s e Sel si fonderanno con quelli di Lega nord e Forza Italia.

Tutto questo per una legge mediocre che permette di fatto l’elezione diretta del premier, regalando il 54 per cento dei parlamentari al partito che raggiunge il 40 per cento. La soglia di sbarramento al 3 per cento favorisce quella frantumazione politica che da decenni rende così complicato il quadro politico del paese.

Dopo anni di polemiche la montagna sta partorendo un topolino. Renzi vincerà la lotta di potere interna al Pd. Ma la vera beffa per il premier potrebbe arrivare dopo, perché il presidente della repubblica potrebbe rifiutarsi di firmare l’Italicum poiché contraddice il sistema bicamerale previsto dalla costituzione. Certo, c’è una clausola che posticipa l’entrata in vigore della legge elettorale a luglio del 2016. Ma con i tempi del parlamento italiano non c’è nessuna garanzia che il senato sarà davvero abolito entro quella data.

A questo punto si impone una domanda: non sarebbe stato meglio varare una legge che godesse di un largo consenso e non fosse vista con ostilità da gran parte dello schieramento politico? Un vero Italicum al posto del Florentinum?

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