14 febbraio 2018 11:30

Forse l’abbattimento di un suo aereo militare non ha fatto sparire l’arroganza di Israele, ma sicuramente l’ha fatta vacillare. All’improvviso è diventato chiaro che lo stato israeliano non è da solo in Medio Oriente, e che perfino la sua immensa potenza militare ha dei limiti.

Potrebbero esserci dei risvolti positivi se lo stato israeliano accettasse che non può affidarsi solo ai suoi aerei di ultima generazione. Forse l’F-16 abbattuto ha trascinato giù con sé anche la dottrina secondo cui tutto può e deve essere risolto con la forza, sempre la forza, nient’altro che la forza.

Decenni di supremazia aerea – e spesso, come in Libano e nella Striscia di Gaza, l’esclusività dello spazio aereo – hanno portato Israele a comportarsi come se fosse l’unica potenza nei cieli del Medio Oriente. Il 10 febbraio questa convinzione è finita e il prezzo da pagare è alto. Il momento tragicomico è arrivato quando Israele ha dichiarato che il drone iraniano precedentemente abbattuto da un elicottero israeliano aveva violato la sua sovranità: quindi Israele può sorvolare il Libano, bombardare la Siria, il Sudan e naturalmente l’impotente Gaza, ma l’unico ad aver violato una sovranità è stato il drone iraniano.

Il luogo in cui è stato abbattuto l’aereo israeliano

Dopo decine di missioni militari di successo in Siria, era chiaro che prima o poi un onnipotente aereo israeliano sarebbe stato abbattuto. Ubriaco di successo, il governo ha continuato ad aumentare la frequenza dei bombardamenti, convinto che la sua potenza aumentasse a ogni attacco. Nessuno ha detto una parola. Nessuno ha detto basta. Non c’è ancora stato un attacco aereo che non ottenga un’approvazione assoluta da queste parti. Stiamo bombardando? Vuol dire che è l’unica cosa da fare.

La Siria è in ginocchio, dopo tutto, quindi cosa può esserci di male? In pochi sanno se gli attacchi aerei erano davvero necessari e se i vantaggi siano stati superiori ai danni provocati. Tutti hanno festeggiato o sono stati zitti.

Ma questi bombardamenti provocano anche dei danni e hanno un costo aggiuntivo: a volte spronano il nemico, o alimentano il desiderio di vendetta. E quando gli opinionisti israeliani ripetono per mesi che nessuna delle parti in causa vuole la guerra, è tempo di preparare i rifugi antiaerei, visto che lo dicono prima di ogni conflitto armato.

L’unica opposizione in Israele è quella contro gli accordi di pace

Il pericolo concreto di un rafforzamento militare iraniano oltre il confine non va preso alla leggera. È spaventoso. Le mire espansionistiche di Teheran sono inquietanti. E non si può risolvere ogni problema con i bombardamenti. In Israele, dove gli analisti sanno solo ripetere a pappagallo quello che gli viene dettato dall’alto, gli attacchi aerei in Siria non sono stati nemmeno messi in discussione.

In Israele non c’è una seria opposizione su nessun tema. Anche il 10 febbraio il centrosinistra ha offerto incoraggiamento e sostegno al governo, come fa sempre dopo ogni bombardamento e prima di ogni guerra. La politica nei confronti dell’Iran non è mai stata messa in discussione. Israele è sempre contrario a ogni patto ed è sempre a favore di ogni guerra.

L’unica opposizione che viene fatta nel paese è quella contro gli accordi di pace. Per il primo ministro e per la destra al potere, qualsiasi forma di diplomazia equivale a firmare un nuovo accordo di Monaco. In pochi si sono opposti alla campagna del premier Benjamin Netanyahu contro l’intesa sul nucleare iraniano. Probabilmente Israele non ha tratto alcun vantaggio da questa strategia e il Churchill israeliano ha portato il suo paese sull’orlo dell’abisso. È difficile dire cosa sarebbe successo se Israele avesse sostenuto l’accordo, ma oggi il paese rischia di entrare in guerra con l’Iran. Era difficile far peggio di così.

L’arroganza ha un prezzo. È l’arroganza che spinge a credere che sia giusto ridurre alla fame la Striscia di Gaza e lasciar marcire la Cisgiordania solo perché abbiamo un esercito potente. È l’arroganza che fa credere che solo Israele possa armarsi all’infinito, mentre tutti gli altri devono chinare il capo e arrendersi. Poi una notte un aereo cade e lo stato israeliano improvvisamente deve fare i conti con la realtà: non è l’unica potenza nella regione, non è onnipotente e non può fare affidamento solo sul suo arsenale militare.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano israeliano Haaretz.

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