14 ottobre 2015 18:18

A quasi tutti gli appassionati di musica indie capita di parlare del sito statunitense Pitchfork. Alcuni lo considerano una specie di Bibbia, altri lo odiano. “Hai letto la recensione su Pitchfork?”, non è solo materia per una canzone dei Cani, ma una frase che capita di sentire davvero, se si frequentano certi ambienti.

Ieri la nicchia degli hipster e degli appassionati di musica indie (e non solo) è stata scossa da una notizia a sorpresa. L’editore Condé Nast (quello di Vogue, Vanity Fair, The New Yorker, GQ e Wired) ha annunciato di aver comprato la Pitchfork Media, la piccola azienda proprietaria del sito Pitchfork. I dettagli dell’accordo sono ancora sconosciuti, ma si parla di decine di milioni di dollari.

La notizia ha scatenato un dibattito vivace e su Twitter sono fioccati commenti indignati, ma anche ironici.

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(Questi tweet non ve li spiego, dovete capirli da soli. Un redattore di Pitchfork si comporterebbe così).

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Cos’è Pitchfork?

È stato fondato alla fine del 1995 a Minneapolis, nel Minnesota, da Ryan Schreiber, un giovane studente che lavorava in un negozio di dischi. Schreiber era un avido lettore di fanzine e ascoltava spesso le radio dei college statunitensi. Non aveva alcuna esperienza giornalistica e voleva semplicemente creare una rivista online specializzata nella musica indipendente.

All’inizio il sito si chiamava Turntable, era aggiornato una volta al mese e pubblicava solo recensioni. Nel maggio del 1996 è diventato un quotidiano ed è stato ribattezzato Pitchfork. Nel 1999 la sua piccola redazione si è spostata a Chicago. Alle recensioni si sono aggiunte interviste, articoli lunghi e opinioni.

Lo stile di scrittura di Pitchfork è stato da subito molto distante da quello della carta stampata: più informale, modaiolo, pretenzioso e con una sovrabbondanza di aggettivi che farebbe venire l’orticaria alle scuole di giornalismo. I voti delle recensioni (che vanno da 0.0. a 10) sembrano fatti apposta per far incazzare i lettori e i musicisti. Eppure tutto questo ha funzionato. Secondo molti appassionati di musica, le recensioni di Pitchfork hanno contribuito al successo di band come gli Arcade Fire, Broken Social Scene, Interpol e Titus Andronicus.

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Pitchfork inoltre, oltre ad aumentare progressivamente il suo traffico, è uscito gradualmente dal recinto della musica indie e ha cominciato a parlare di tutta la musica popolare. Se il mese prossimo uscirà il nuovo disco di Beyoncé, lo saprete probabilmente prima da Pitchfork che da Rolling Stone. Oggi il sito ha più di cinque milioni di visitatori unici al mese e, oltre a Chicago, ha aperto una sede a Brooklyn e un piccolo ufficio a Los Angeles.

Negli ultimi anni Pitchfork non si è limitato al giornalismo online. Nel 2006 ha inaugurato un festival musicale annuale a Chicago, il Pitchfork Music Festival, che ormai si tiene anche a Parigi. Nel 2013 ha cominciato a pubblicare un trimestrale su carta, The Pitchfork Review.

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Maschi, giovani e bianchi

I dettagli dell’accordo, come detto, non li conosciamo. Ma la strategia della Condé Nast sembra chiara. L’editore statunitense ha dichiarato che vuole conquistare un nuovo target: i maschi bianchi millennials, cioè la generazione dei giovani statunitensi nati tra la metà degli anni ottanta e i primi anni del duemila. Questo, probabilmente, aprirebbe le porte a nuovi inserzionisti pubblicitari.

La dichiarazione d’intenti della Condé Nast è indubbiamente sessista, ma non è campata per aria. Secondo un sondaggio della società QuantCast, l’82 per cento dei lettori di Pitchfork sono maschi e il 55 per cento dei lettori (sia maschi sia femmine) ha tra i 18 e i 34 anni.

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Fred Santarpia, responsabile dei contenuti digitali di Pitchfork, ha dichiarato al New York Times che i conti dell’azienda sono a posto. Ma, come ricorda il sito Gizmodo, non tutto va a gonfie vele. The Dissolve, il sito di cinema lanciato dall’azienda indipendente, è stato chiuso nei mesi scorsi per problemi finanziari.

Cosa (non) cambierà

Per i più integralisti, il fatto che Pitchfork sia stato comprato dalla Condé Nast potrebbe essere un problema. Un po’ come quando una band viene messa sotto contratto da una major: molti ascoltatori sono già pronti a mollarla prima ancora di aver sentito il disco nuovo.

Non è così scontato che il passaggio alla nuova proprietà cambi la linea editoriale del sito, anzi. La Condé Nast ha già alle spalle acquisizioni simili: nel 2008 ha comprato il sito Ars Technica e nel 2006 ha comprato il sito di social news Reddit.

Reddit è un caso da tener presente. La Condé Nast, come fa notare questo articolo di Bloomberg, l’ha comprato ma non l’ha cambiato di una virgola. Ormai lo tratta quasi come un corpo estraneo. Paradossalmente potrebbe essere questo il destino di Pitchfork. Tra qualche anno, forse, non sarà cambiato un bel niente. E tanti lettori si saranno pure dimenticati di tutta la faccenda.

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