08 marzo 2018 15:03

Idy Diene aveva 54 anni ed era nato in Senegal nella regione di Thiès. Viveva a Pontedera, in provincia di Pisa. Di mestiere faceva il venditore ambulante di ombrelli, calzini e accendini a Firenze, dove andava ogni mattina in treno. Era arrivato in Italia diciassette anni fa.

Un suo amico racconta che “partecipava alle manifestazioni culturali e religiose” e che “frequentava la moschea in centro”. Lo chiamavano “il saggio”. Un cugino di Diene, Modou Samb, anche lui cittadino senegalese, era stato ucciso il 13 dicembre 2011 a Firenze da Gianluca Casseri, militante di un’organizzazione neofascista italiana. Negli ultimi tempi Diene si era molto avvicinato alla moglie del cugino ucciso, Rokhaya Mbengue, e l’aiutava economicamente.

La mattina del 5 marzo, poco prima di mezzogiorno, Diene era sul ponte Amerigo Vespucci, nel centro di Firenze, a due passi dal consolato degli Stati Uniti e dal parco delle Cascine. Un ex tipografo di 65 anni, Roberto Pirrone, gli si è avvicinato e gli ha sparato diversi colpi di pistola – sei o sette secondo le prime ricostruzioni – con un’arma semiautomatica.

Sul posto sono subito arrivati i soccorsi, ma i tentativi di rianimare Idy Diene sono stati inutili. È morto poco dopo. Interrogato dalla polizia, Pirrone ha detto che prima di incontrare Diene stava per sparare a una donna nera con un bambino. La procura di Firenze ha detto che il movente razziale per ora è escluso.

In serata un piccolo corteo di senegalesi ha attraversato il centro della città. Alcuni di loro hanno rovesciato e danneggiato delle fioriere. Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, ha scritto su Twitter che è stata una protesta violenta e l’ha condannata.

Questa rubrica è stata pubblicata il 9 marzo 2018 a pagina 5 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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