27 giugno 2019 17:33

È una piccola storia lontana. All’angolo di Mission street con la venticinquesima strada, a San Francisco, c’è una pasticceria che si chiama Mission Pie. La sua specialità sono le tipiche torte americane con frutta di stagione: alle fragole, al rabarbaro, alle pesche. Ci lavorano 25 persone, per lo più giovani, alle dipendenze di Krystin Rubin e Karen Heisler, che hanno aperto Mission Pie dodici anni fa. Guadagnano tutti più del salario minimo (che a San Francisco è di 15 dollari all’ora) e hanno l’assicurazione sanitaria, i giorni di malattia, le ferie, i contributi pensionistici e il rimborso di una parte delle spese di trasporto. Una rarità, negli Stati Uniti. Per le torte, Mission Pie usa solo ingredienti di qualità, provenienti da agricoltori locali che a loro volta hanno fatto scelte eticamente responsabili.

Rubin ed Heisler si sono imposte di contenere i prezzi, in modo che le loro torte possano mangiarle anche le persone che vivono a Mission, un quartiere di San Francisco con radici ispaniche. La scorsa settimana le due proprietarie hanno annunciato che dopo l’estate chiuderanno. La vicinanza con la Silicon valley, e con le sue migliaia di informatici superpagati, ha fatto esplodere gli affitti e il costo della vita di San Francisco. Il risultato è che i dipendenti di Mission Pie non possono più permettersi di vivere in città, e le proprietarie non riescono ad aumentargli lo stipendio.

Nella stessa settimana in cui Mission Pie ha annunciato la sua chiusura, Slack, un’azienda tecnologica che offre un servizio per gestire chat di lavoro, e che ha i suoi uffici a un quarto d’ora dalla pasticceria, si è quotata in borsa con una valutazione da record (23 miliardi di dollari). Però nessuno dei suoi manager, diventati milionari dopo la quotazione, potrà assaggiare le torte di Mission Pie, che forse erano state una delle ragioni per cui avevano scelto proprio San Francisco come quartier generale.

Questo articolo è uscito sul numero 1313 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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