19 gennaio 2021 17:27

Telmo Pievani
Finitudine
Raffaello Cortina editore,280 pagine, 16 euro

Chi volesse leggere un romanzo di pensiero, genere raro perché si studia poco e sin troppo si finge di pensare, troverebbe in questo le sollecitazioni più necessarie e attuali. In generale dovrebbe cercare tra i romanzi che la critica letteraria legge con più distacco, i più diversi e i meno ruffiani, ma spesso bizzarri e divaganti seriamente e sui temi più ardui, e quindi leggere Finitudine. Sottotitolo: “Un romanzo filosofico su fragilità e libertà”.

Lo ha scritto uno scienziato che crede ancora nella vicinanza che la letteratura deve avere con la scienza e la filosofia, e lo dimostra con un “romanzo” di ragionamento che mette a confronto due grandi del novecento, Nobel entrambi, usando le loro idee dentro una narrazione coerente e appassionante: Albert Camus, più che romanziere, e Jacques Monod, più che scienziato (quello del caso e necessità). Ricorrendo a un paradosso spaziotemporale che la letteratura ha spesso praticato, s’immagina che Camus non sia morto nell’incidente del 1960 e che in ospedale ragioni con Monod sul destino dell’uomo e le sue scelte: sulla sua finitudine (che spinge molti, e forse tra i migliori, al nichilismo) e su quella rivolta che affermi una nuova solidarietà, anche con la natura. Questa lettura richiede concentrazione e apertura, anzi passione, ma si è ampiamente ripagati.

Questo articolo è uscito sul numero 1392 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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