31 gennaio 2015 10:52

Il 27 gennaio 2015 (in cui ricorre anche la Giornata della memoria dell’Olocausto) la regione Lombardia ha approvato una legge. Il suo nome ufficiale è piuttosto opaco: “Princìpi per la pianificazione delle attrezzature per servizi religiosi”. Sin da subito tanto i sostenitori che gli oppositori della legge hanno dichiarato che si trattava in realtà di una legge “antimoschee”. Il consigliere della Lega Roberto Anelli, relatore della legge, ha dichiarato: “Qui non si tratta di ostacolare o meno la libertà religiosa, ma di porre delle regole certe, per la salvaguardia dei cittadini, di fronte ai recenti fatti di cronaca e all’arroganza di chi pretende di dettare legge a casa nostra”.

Allora, diamo un’occhiata a questa legge, e riflettiamo per un momento su quello che ci dice dell’Italia e di Milano. In primo luogo, la legge (per non essere incostituzionale) si applica ugualmente a tutti gli spazi religiosi, si tratti di chiese cattoliche, sinagoghe, moschee o strutture per tutte le altre religioni. I cattolici però hanno già molte chiese in cui poter andare, se lo desiderano, mentre le migliaia di musulmani di Milano non dispongono di una moschea ufficiale. Questa legge, a causa del modo in cui è scritta, renderà molto difficile, se non impossibile, costruire un nuovo edificio religioso, e soprattutto una moschea. Calata in questo contesto, è in tutto e per tutto una legge antimoschee.

In base alla nuova legge, per costruire una nuova moschea i diretti interessati dovranno ottenere l’accordo di una cosiddetta “consulta regionale” che deciderà su una serie di questioni in apparenza “tecniche”. Tenuto conto degli equilibri di potere in regione, le possibilità che un simile organismo possa consentire la costruzione di una moschea sono probabilmente inferiori allo zero. E come se non bastasse, la legge stabilisce che “vengono acquisiti i pareri di organizzazioni, comitati di cittadini, esponenti e rappresentanti delle forze dell’ordine oltre agli uffici provinciali di questura e prefettura al fine di valutare possibili profili di sicurezza pubblica, fatta salva l’autonomia degli organi statali”. Com’è noto, il più piccolo riferimento al progetto di costruzione di una moschea di solito provoca l’opposizione di comitati locali e manifestazioni.

Queste due misure sarebbero probabilmente sufficienti a impedire persino la progettazione di una qualsiasi moschea, ma c’è altro. Qualsiasi nuovo “edificio religioso” deve essere isolato dagli altri edifici (come una sorta di lebbrosario religioso), ci dovranno essere delle “distanze adeguate tra le aree e gli edifici da destinare alle diverse confessioni religiose. Le distanze minime sono definite con deliberazione della Giunta regionale”. Kafka non avrebbe potuto scriverlo meglio. Nessuno sa quali siano queste “distanze minime”, ma di sicuro saranno abbastanza elevate, se a stabilirlo saranno Calderoli e compagnia bella.

E se anche si dovesse costruire una moschea, sarebbe sottoposta a continua sorveglianza. Il Grande fratello controllerebbe tutto il tempo. Questa legge è un misto di Kafka e Orwell. La legge in effetti richiede “la realizzazione di un impianto di videosorveglianza esterno all’edificio, con onere a carico dei richiedenti, che ne monitori ogni punto di ingresso, collegato con gli uffici della polizia locale o forze dell’ordine”. I musulmani dovranno dunque pagare per sorvegliare se stessi. Dobbiamo inoltre immaginare che i poliziotti o i carabinieri di Milano trascorreranno ore a guardare gente che entra ed esce dalle moschee su enormi schermi televisivi, prendendo numerosi appunti sulla loro identità e le loro attività.

Questa legge non è priva di aspetti surreali. Per esempio, stabilisce “la congruità architettonica e dimensionale degli edifici di culto previsti con le caratteristiche generali e peculiari del paesaggio lombardo”. E qui dobbiamo porci un’altra serie di domande. Quali sono di preciso le “caratteristiche generali e peculiari del paesaggio lombardo”? Le Cascine? Il grattacielo Pirelli? Il paesaggio di Quarto Oggiaro? La Bovisa? L’Ikea di Carugate? L’enorme torre di vetro costruita da Roberto Formigoni per il palazzo della regione? Mi piacerebbe averne un esempio. Questo “paesaggio lombardo”, comunque, di sicuro non include minareti.

Finalmente, però, arriviamo al cuore della faccenda, la questione centrale legata all’islam e all’occidente, il vero problema che ogni milanese vive quotidianamente – il parcheggio. Ogni nuovo spazio religioso, secondo questa legge, dovrà avere “uno spazio da destinare a parcheggio pubblico in misura non inferiore al 200 per cento della superficie lorda di pavimento dell’edificio da destinare a luogo di culto. Il piano dei servizi può prevedere in aggiunta un minimo di posteggi determinati su coefficienti di superficie convenzionali”. 200 per cento! Ogni nuova moschea dovrà avere accanto un enorme parcheggio. Dimenticate lo “scontro di civiltà”. Chi se ne frega del terrorismo e dell’estremismo. Quello che importa davvero è la ricerca di un posto in cui parcheggiare. E la regione Lombardia ha finalmente trovato una soluzione a questo problema che ha afflitto la vita della gente per anni. Era ora. Abbiamo una risposta: più moschee=più parcheggi. Sarebbe uno slogan elettorale perfetto. Tutto il resto è solo rumore e retorica. Nel frattempo ci sono 420mila musulmani in Lombardia. Persone vere, che lavorano, vivono, prendono l’autobus, camminano per strada e ci pregano perfino, ma non sempre. L’Italia è un paese multiculturale e multireligioso, anche se non vuole esserlo.

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