15 ottobre 2019 13:03

Stare troppo davanti a uno schermo fa male ai nostri figli? Non aspettatevi una risposta da questa rubrica. La verità è che nessuno lo sa. In questo momento l’incessante pendolo dei consigli sugli stili di vita sta attraversando una fase di “ridimensionamento”, con numerosi articoli secondo i quali è stata solo un’ondata di panico senza motivo. Ma questo è dovuto in parte a un rapporto pubblicato all’inizio di quest’anno dal Royal college of paediatrics and child health, secondo il quale non esistono prove sufficienti per dare indicazioni sicure ai genitori.

Come hanno spiegato i pediatri, però, il problema principale è che su questo argomento non sono state ancora condotte ricerche abbastanza qualificate, conclusione che sul sito di consigli per i genitori Mother.ly è stata tradotta in questo titolo: “Quanto fa male ai bambini passare tanto tempo davanti a uno schermo? Non tanto quanto potremmo pensare”. L’articolo è stato sponsorizzato dal provider statunitense di telefonia mobile Verizon, anche se la scienza non ci ha ancora fatto sapere se si tratti di una questione di causa/effetto o di semplice correlazione.

Ovviamente esistono ricerche valide in questo campo: è dimostrato che c’è una correlazione tra il troppo tempo passato a guardare la televisione e l’obesità e la scarsa salute mentale, mentre l’uso dei social network probabilmente non è la causa diretta della depressione adolescenziale. E alcuni studi sono migliori di altri.

Innumerevoli variabili
Ma né i sostenitori né i nemici delle ore passate davanti a uno schermo sono incentivati a citare il fatto più inquietante: che è quasi impossibile sapere con certezza se troppo tempo passato davanti a uno schermo danneggi proprio i nostri figli. Il motivo di questa impossibilità non deve sorprenderci: la vita umana è straordinariamente complessa, e nessuno studio che miri a scoprire qualcosa di significativo sulla popolazione in generale può tenere conto delle innumerevoli variabili che incidono su una specifica famiglia.

I ricercatori devono ancora capire se l’obesità dipende dal tempo passato davanti a uno schermo o dalla povertà

Quindi forse stare davanti a uno schermo fa male ai nostri figli. Ma se gli facesse peggio passare del tempo con noi quando siamo esausti? O forse gli fa bene, ma non tanto quanto le alternative. Secondo alcune ricerche, stare davanti a uno schermo può essere molto educativo, ma ovviamente questo dipende non solo da quello che i bambini guardano, ma da quello che farebbero del loro tempo se non fossero incollati a un tablet. Può darsi che i social network scatenino la depressione nei ragazzi molto raramente, ma se il nostro fosse uno di quei rari casi? E così via.

I ricercatori non possono controllare tutti i fattori: per esempio, devono ancora capire se quando individuano un rapporto tra tempo passato davanti a uno schermo e obesità, non stanno solo vedendo gli effetti della povertà. Non possono controllare tutti gli aspetti di ogni vita umana.

Il che non significa che questo tipo di ricerche non abbia alcun valore: i consigli che ne emergono sono utili come linee guida generali per ottenere buoni risultati, a parità di condizioni. Ma significa che cercare ansiosamente di applicare queste scoperte alla nostra vita, adattare i nostri comportamenti a ogni nuova piccola scoperta della scienza è fatica sprecata.

Anzi nel caso dei genitori, è ancora peggio, perché l’ansia che trasmettiamo nel tentativo di seguire le ultime indicazioni potrebbe dimostrarsi ancora più dannosa per i nostri figli che se non le seguissimo affatto.

Forse abbiamo bisogno di ulteriori studi su quello che succede quando i genitori si sforzano troppo di rispettare i risultati delle ricerche su come educare i figli. Forse, a volte, per parafrasare Philip Larkin, li incasiniamo proprio nel tentativo di non farlo.

Consigli di lettura
Nel suo libro del 2004 What mothers do. Especially when it looks like nothing (Cosa fanno le madri. Soprattutto quando sembra che non stiano facendo nulla), Naomi Stadlen sostiene che è meglio non provare a seguire i consigli di altri genitori.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

Questo articolo è uscito sul quotidiano The Guardian.

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