21 gennaio 2020 12:02

A casa mia, ovviamente, non abbiamo bisogno di Fair play, il libro pubblicato di recente dall’avvocata ed esperta di organizzazione Eve Rodsky sull’annosa questione di come costringere gli uomini (nelle relazioni eterosessuali) a fare la loro parte di lavori domestici.

Io sono sicuro di fare la mia parte e lo sosterrei, con un pizzico di amarezza, se qualcuno me lo contestasse. Ma, ovviamente, come si può esserne certi senza assumere una squadra di controllori che, blocco per gli appunti alla mano, monitorino me e la mia compagna 24 ore su 24 per un mese?

E neanche questo risolverebbe veramente il problema, perché tutto dipende dalle aspettative. Il motivo per cui non passo l’aspirapolvere quanto la mia compagna è che non sono un maniaco della pulizia dei pavimenti; mentre la parte significativa di lavoro domestico di cui vado fiero consiste nel riordinare, cosa che lei, non essendo un maniaca dell’ordine, non considera necessaria. Chi ha ragione? È una domanda profonda alla quale nessun filosofo potrebbe rispondere, se non fosse che lei ha tanti maledetti bucati da fare.

Assumersi le responsabilità
Nel suo libro Rodsky insiste particolarmente sul “lavoro cognitivo” o di “programmazione”, il compito invisibile di tener dietro alle cose da fare, che tende a cadere in maniera sproporzionata sulle spalle delle donne. In una casa dove entrambi i coniugi cucinano a turno, ma è uno solo a dover programmare i pasti, non significa che si dividono equamente il lavoro. Non c’è nulla di particolarmente equo in una situazione in cui uno dei due deve tenere la lista delle cose da fare e distribuire i compiti all’altro, la cui unica preoccupazione è eseguirli (e che probabilmente scatena la sua furia dicendo che in fondo “dà una mano”).

Alla base del sistema di Rodsky, che come optional prevede anche un gioco di carte per dividersi i compiti, c’è il concetto che ognuno deve assumersi la responsabilità per “l’ideazione, la pianificazione e l’esecuzione” di un certo progetto o di una categoria di incombenze. Se comprare i regali per le feste di compleanno degli altri bambini è vostro compito, lo è anche sapere quando stanno per arrivare, comprare i regali, incartarli e consegnarli. Potete delegare certi compiti, ma la responsabilità è vostra, come lo sarebbe in un ufficio. Ammetto che è un approccio molto pragmatico alla vita domestica, ma trattando le incombenze esplicitamente come un lavoro, si evita di avvelenare tutto il resto.

Pur così facendo, ho la sensazione che la guerra dei lavori domestici non finirà. Tanto per cominciare, oggi che la società va sempre più verso la parità tra i sessi, è prevedibile che le donne saranno ancora più risentite per la persistente mancanza di parità. Vedremo la fine degli uomini all’antica, che si aspettano che le loro mogli facciano tutto, ma saranno sostituiti dal fenomeno altrettanto fastidioso degli uomini ristrutturati come me, che sono sinceramente convinti di fare la loro parte, anche se probabilmente non è vero.

Perché nei casi specifici – quali che siano i risultati delle ricerche sulla popolazione in generale – chi può saperlo? Non possiamo affidarci al giudizio delle nostre compagne perché, naturalmente, loro sono sinceramente convinte di fare la parte maggiore del lavoro. E a quel punto dovremo affrontare un altro problema: il fatto che la vita moderna sembra richiedere che entrambi facciano circa il 70 per cento del lavoro che serve per mandare avanti una casa.

Neanch’io capisco come funziona in termini matematici. Ma come possiamo negare che oggi in una famiglia in cui tutti i due coniugi lavorano, e hanno figli, la sensazione sia questa?

Da vedere
Eve Rodsky descrive la strada per raggiungere l’armonia familiare in una puntata di Talks at Google su YouTube.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian.

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