29 ottobre 2013 14:17

Avevo visto con i miei occhi sparire Forza Italia. All’epoca scrivevo: “Una lacrima, solo una, la sua. Silvio Berlusconi si è incaricato direttamente della ‘sequenza emozione’ pronunciando venerdì 21 novembre 2008 a Roma, l’atto di morte del partito che ha creato per le elezioni generali del marzo del 1994, Forza Italia, un nome ripreso dai tifosi della nazionale di calcio. Ha rapidamente tirato fuori dalla tasca il fazzoletto per asciugare un’emozione debordante. ‘Con l’età’, si è scusato, ‘sono diventato più sensibile’”.

Qualche mese dopo, nel marzo del 2009, Forza Italia, Alleanza nazionale, il partito postfascista di Gianfranco Fini, e altre piccole formazioni di destra si univano per creare ufficialmente il Popolo della libertà. L’obiettivo (continuo a citare, è così piacevole!) era: “Approfittare della dissoluzione, un anno prima, del Partito democratico che faceva fatica a tenere insieme le famiglie che lo componevano”, e “rafforzare il centrodestra cannibalizzato dall’altra grande formazione di destra, la Lega Nord, che cresce a discapito del suo alleato”.

Cinque anni dopo il Cavaliere ha cancellato tutto. La sinistra è più forte, la Lega Nord non conta più molto, Fini è scomparso e il Movimento 5 stelle, primo dei non vincitori delle elezioni di febbraio, continua nei sondaggi a mantenere la sua popolarità. Tutte buone ragioni per avere un partito forte al centrodestra. Ma Berlusconi non è più lo stesso uomo. I processi e le condanne hanno ridotto i suoi margini di manovra. Tra non molto sarà escluso dalla vita politica. Ha perso il suo fiuto politico, come ha mostrato il tentativo fallito di far cadere il governo di Enrico Letta il 2 ottobre. Non controlla più le sue truppe. Il futuro è bloccato. L’unica soluzione è un ritorno al passato.

È così che venerdì 25 ottobre Forza Italia è resuscitata vent’anni dopo la sua nascita (quando Berlusconi aveva 57 anni e dei veri capelli) e cinque anni dopo la sua scomparsa. Un ritorno “votato all’unanimità”, ha precisato il leader, ma in assenza dei cinque ministri del Pdl presenti nel governo, tra cui il vicepresidente del consiglio e ministro dell’interno Angelino Alfano, l’ultimo nato dei delfini dell’ex capo del governo.

Di fatto in Italia vi sono due partiti di centrodestra, o piuttosto due voliere. Nella prima, Forza Italia, si trovano i “falchi” che spingono Berlusconi alla rottura con il governo per tornare al più presto alle elezioni; nella seconda, il Pdl, si riuniscono le “colombe”, favorevoli al governo di coalizione e che sperano nella ricostituzione di un grande centrodestra sul modello della defunta Democrazia cristiana.

Per ora Forza Italia, ha precisato Berlusconi, sostiene il governo ma “se la sinistra voterà la mia decadenza, allora sarà molto difficile continuare a collaborare con un alleato che convalida una decisione di giustizia faziosa”. Questa volta questo nuovo-vecchio partito sarà interamente nelle sue mani, come il resto delle sue imprese, senza tutti quei problemi che possono derivare da un segretario generale o da un ufficio politico. Così, anche se il Pdl non brillava per le sue pratiche democratiche, Forza Italia potrà diventare di fatto Forza Berlusconi ed essere data in eredità a sua figlia Marina, se per caso Silvio dovesse cedere la mano.

Nell’Italia della recessione e dell’immobilismo questo ritorno al passato segna una sorta di “progresso” o di “semplificazione”. Finora la celebre frase del Gattopardo “cambiare tutto per non cambiare nulla”, continuava a rivelarsi valida, ma era probabilmente un po’ troppo complicata. Adesso è tutto più semplice: “Non bisogna cambiare nulla per non cambiare nulla”. Nel frattempo si viene a sapere che anche Umberto Bossi, fondatore trent’anni fa della Lega Nord, “messo da parte” due anni fa dai suoi militanti in seguito a numerose malversazioni, vuole tornare alla guida del suo partito.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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