03 maggio 2017 18:29

1. Levante, Diamante
Non si capisce bene se intende la preziosa tra le pietre, o la località di villeggiatura sulla costa tirrenica della Calabria: ma poi la vaghezza è un passepartout che apre questo tipo di ballate, “oltre sogni infranti” che chissà. “Fidati di me” di recente lo dicono in tanti, tipo Beppe Grillo o Theresa May, e lo canta la fascinosa tra le alt-cantautrici, in questo momento epico nell’album Nel caos di stanze stupefacenti. Ma fidarsi del suo charme, delle sue fughe dall’ortodossia verso un pop appena più interessante è assai più facile che fidarsi dei politici lunatici.

2. Sarah Stride, I barbari
“Il cielo era pieno solo di se stesso / non erano ancora arrivati gli invadenti / a rovesciarne il senso / a renderlo più basso”. Il dramma della storia del mondo in un paio di righe colme di presagio e di possibilità perse per strada. È il mistero di questa cantante forse chiamata a grandi cose, tipo a un festival del Valhalla industriale in cui la voce del verbo stridere ha un ancoraggio melodico e un riferimento in Mia Martini. Lei è milanese, “Stride” si pronuncia all’italiana, e con il suo ep, Schianto, fa quattro passi in un delirio molto interessante e nuovo.

3. Beatrix Players, Lady of the lake
Un’inglese, un’australiana, una spagnola, arpeggi di pianoforte a cascata, violoncelli e volate vocali a volontà: come una trinità di cucciole di Kate Bush scese da una cima tempestosa, o almeno da un’altura londinese tipo Prim-rose Hill a infondere beatitudine sonora con un album ricco di buone composizioni ben eseguite, Magnified. Prog classicheggiante, da camera, che vive di emozioni ben controllate, da romantiche diplomate al conservatorio. La parola chiave è “immersiva”: che sia Ofelia o un altro caso di annegamento, è musica che avvolge.

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