16 ottobre 2019 15:54

1. Nico LaOnda, Sottobanco
“Non porti mai la biancheria, ma che scoperta che sei”, canta l’aspirante Connan Mockasin italiano con base a New York. Nella copertina dell’album Tutto bene manda cartoline da località vintage, tipo Milano Marittima. Portatore sano di un ormai quasi ubiquo sound indefinibile, ma di cui si discetta con sicumera: “Fa un po’ Pupo in un remix dei Tame Impala”. Psichedelia beneducata su letto di italo pop e generosa spruzzata di feromoni rétro, e va bene come amuse-bouche: ma un piatto forte tipo Il baccalà di Nino Ferrer quando arriva?

2. Swim deep, Sail away, say goodbye
E tutto questo synth pop un giorno ci sarà utile? Certo, viene lodato dalla Bbc e molte molte cose buone arrivano ancora da Londra. Ma in che condizioni? Si vede questa giovane band su una scialuppa nel video di questo pezzo ed è già quasi commozione. Non solo sfoggiano i maglioni color mostarda e pervinca da stylist competenti, ma sembrano perfetti naufraghi dalla Brexit. Tra emergere e affogare il confine è ancora liquido, ma con il il loro album Emerald classics riescono anche a intrattenerci passabilmente con le loro scorribande garbate.

3. Josy & Pony, Deux chevaux Mustang
Siamo a cavallo, Vallonia! Il miglior retrofit della settimana è questa band belga di surf rock un po’ punk e vogliosa di darsi all’ippica, a partire dal titolo dell’album Éponyme (che in francese è omonimo, ma c’è il pony dentro) e dalla fantasmagorica cantante Josette Ponette. Ganzissimo sound carico di echi sixties, cantata da partouze francofona, titoli da circo equestre (Hell horse city, Indécent pur-sang, La crinière) e molto girl power, più sitar e doppio beat riverberato à la Tomorrow never knows, come i Beatles nel 1966. Da ascoltare trotterellando.

Questo articolo è uscito sul numero 1327 di Internazionale. Compra questo numero|Abbonati

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