14 maggio 2021 17:05

Durante il lungo periodo di chiusura delle sale si è sentita la mancanza del cinema francese, solo in parte compensata da qualche escursione su Mubi e da qualche film filtrato sulle altre piattaforme di streaming. Uno dei film che ci è mancato è Gloria mundi di Robert Guédiguian, presentato in concorso a Venezia nel 2019, che senza pandemia sicuramente avremmo visto nella primavera del 2020.

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Guédiguian, che in Italia ha un suo pubblico affezionato, ha sempre affrontato temi sociali e politici con film pacati, quasi ottimisti, in cui i suoi personaggi tribolavano, ma con gioia ed energia. Già nel suo film precedente, La casa sul mare, si avvertiva che dalle belle speranze di Marius e Jeanette erano passati vent’anni. In Gloria mundi è dura trovare qualche traccia di quell’ottimismo, anche se il film si apre con la nascita di una bambina, Gloria.

I suoi eroi, quelli di sempre, interpretati da Ariane Ascaride (premiata con la Coppa Volpi a Venezia), Jean-Pierre Daroussin e Gérard Meylan, sono in difficoltà. Daniel (Meylan), il nonno di Gloria, esce di galera dopo una lunga condanna e viene accolto dall’ex moglie Sylvie (Ascaride) con il nuovo marito Richard (Daroussin), che è forse l’unico a continuare, quasi disperatamente, a credere negli altri, nell’amicizia, nella solidarietà. La generazione successiva, Mathilda (Anaïs Demoustier), la mamma di Gloria, suo marito, la zia di Gloria con il suo orrido consorte, non se la passano meglio. Anche Marsiglia, luogo d’elezione del cinema di Guédiguian, “è irriconoscibile: grigia, fredda e terribilmente contemporanea”, scrive Marcos Uzal su Libération. Quando tutto precipita toccherà a Daniel sacrificarsi per la famiglia.

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Se a Marsiglia non si ride, nella Belgrado di Stitches, primo lungometraggio di Miroslav Terzić, le cose non vanno meglio. Ana (Snežana Bogdanović) è una sarta ossessionata dall’idea che il figlio avuto diciotto anni prima non sia nato morto come le avevano detto in ospedale. La sua lunga e disperata ricerca della verità si scontra con un muro d’indifferenza e quasi di fastidio da parte delle autorità e mette in crisi anche i suoi rapporti con il marito e la figlia primogenita. Ma Ana non si ferma. Si spinge nei meandri di una burocrazia inquietante e arriva a una verità sconvolgente. Terzić, che per il film si è ispirato a una storia vera (o a tante storie vere), lascia allo spettatore il compito di tirare le somme sulla disumanità che si può raggiungere in tempi selvaggi e si concentra su Ana che, al contrario, si ostina a non abbandonare la sua umanità.

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Pure in Babyteeth, un altro esordio (dell’australiana Shannon Murphy), anche questo presentato a Venezia nel 2019, c’è una famiglia che vive una situazione drammatica. Milla (Eliza Scanlen) ha 16 anni e ha il cancro. I suoi genitori (Ben Mendelsohn ed Essie Davis), che già non ci stanno capendo più niente, entrano nel panico quando Milla s’innamora e porta a casa Moses (Toby Wallace), un ragazzo molto più grande, tossico, letteralmente “uno scappato di casa”. Eppure Moses è l’unico che riesce a fare in modo che a Milla la vita sembri bella. Il miglior pregio di Babyteeth (oltre al cast, con Davis e Mendelsohn una più meravigliosa dell’altro) è il tono sincero e un po’ surreale. Magari non tutti lo troveranno adatto a un film che in definitiva parla di una ragazzina che sta per morire. In ogni caso, non banale.

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Se morite dalla voglia di tornare in sala, ma ancora vi terrorizza l’idea di stare un paio d’ore al chiuso insieme ad altri, potreste essere tentati da The human voice di Pedro Almodóvar con Tilda Swinton (anche questo presentato a Venezia, fuori concorso, nel 2020), liberamente tratto dalla Voix humaine di Jean Cocteau. Infatti dura solo trenta minuti ma, come scrive Glenn Kenny sul New York Times, dà tutte le soddisfazioni dei migliori lungometraggi di Almódovar. Anche grazie alla presenza di Tilda Swinton. Come non averci pensato prima? Regista e attrice non sembrano fatti l’uno per l’altra (sempre Kenny parla di “a match made in heaven”)? Regia fantastica, produzione lussuosa. Per il quotidiano newyorchese il risultato è “sublime”.

Gloria mundi
Di Robert Guédiguian. Con Ariane Ascaride, Gérard Meylan, Jean-Pierre Daroussin, Anaïs Demoustier, Robinson Stévenin, Grégoire Leprince-Ringuet. Francia 2019, 106’. In sala.

Stitches
Di Miroslav Terzić. Con Snežana Bogdanović, Jovana Stojiljković, Marko Baćović. Serbia, Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina 2019, 98’. In sala.

Babyteeth
Di Shannon Murphy. Con Eliza Scanlen, Essie Davis, Ben Mendelsohn, Toby Wallace. Australia 2019, 118’. In sala.

The human voice
Di Pedro Almodóvar. Con Tilda Swinton. Spagna 2020, 30’. In sala.

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