23 gennaio 2020 10:36

È un vero giallo geopolitico che la dice lunga sul modo in cui la tecnologia cambia gli scenari in uno dei mestieri più antichi del mondo: lo spionaggio, la manipolazione, la guerra di influenze.

Questa storia mette in scena due uomini tra i più potenti del mondo: Jeff Bezos, a capo del gigante Amazon e proprietario del grande quotidiano statunitense The Washington Post, e Mohammed bin Salman, detto Mbs, principe ereditario saudita e uomo forte del regno wahabita.

Il 22 gennaio due quotidiani britannici, il Guardian e il Financial Times, hanno rivelato le conclusioni di un rapporto secondo cui lo smartphone personale di Jeff Bezos sarebbe stato hackerato attraverso un software contenuto in un messaggio inviato dal principe saudita. I fatti sono abbastanza gravi da aver spinto due esperti delle Nazioni Unite a chiedere un’indagine approfondita.

Gli antefatti
La vicenda può sembrare aberrante ma nasce in un contesto preciso. Il Washington Post ha pubblicato per molto tempo gli articoli di Jamal Khashoggi, l’oppositore della monarchia saudita assassinato in modo cruento nel consolato del suo paese a Istanbul, nell’ottobre del 2018. La Cia ha concluso che l’omicidio di Khashoggi è stato ordinato ai più alti livelli, probabilmente da Mbs in persona.

Sei mesi prima Jeff Bezos, proprietario del quotidiano, aveva ricevuto via WhatsApp un video inviato dal principe saudita. Secondo l’analisi tecnica dello smartphone, è in quel momento che i dati personali di Bezos sono stati prelevati dal suo apparecchio.

Poco tempo dopo, un tabloid di New York ha tentato di ricattare il capo di Amazon con fotografie compromettenti che lo ritraevano in compagnia dell’amante. Bezos non si è fatto intimidire e ha diffuso in anticipo le immagini, che per lui hanno significato un divorzio molto costoso.

Secondo gli esperti dell’Onu ciò che è accaduto è potenzialmente “un tentativo di influenzare, se non di mettere a tacere, la copertura del Washington Post sull’Arabia Saudita”.

Le autorità saudite negano le accuse definendole “ridicole”, ma il rapporto e il comunicato degli esperti indicano chiaramente una partecipazione saudita. Niente di cui sorprendersi, considerato il modo in cui è stato ucciso Khashoggi.

Dopo l’omicidio, il principe ereditario è sfuggito a qualsiasi responsabilità personale punendo alcuni subalterni. Anche la quarantena imposta dalla comunità internazionale è durata poco. Ora, però, gli ultimi sviluppi lo richiamano in causa.

Gli esperti dell’Onu hanno sottolineato la minaccia per la libertà di espressione rappresentata da programmi-spia di natura commerciale, prodotti da aziende private come l’israeliana Nso o l’italiana Hacking Team. Queste minacce non riguardano solo i Jeff Bezos di questo mondo, ma rischiano seriamente di “democratizzarsi”, se possiamo usare questa formula.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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