08 aprile 2020 10:23

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato la notizia il 7 aprile: l’Europa sbloccherà quindici miliardi di euro per i partner al di fuori del continente, devolvendoli principalmente in Africa. La somma servirà a rafforzare i sistemi sanitari africani alle prese con l’epidemia che sta crescendo anche nel continente, e ad aiutare le economie già colpite dalla crisi.

Alcuni si domanderanno come mai, se l’Europa sta affrontando la più grave crisi economica del dopoguerra, una tale somma sia devoluta per aiutare i paesi africani. Perché invece non aiutare “la Corrèze prima dello Zambesi”, per riprendere un modo di dire molto comune nella Francia degli anni cinquanta e mai del tutto dimenticato?

La spiegazione è semplice, perché al di là della solidarietà verso i paesi in via di sviluppo c’è un duplice interesse europeo, sanitario e geopolitico.

Evitare la seconda ondata
Partiamo da quello sanitario, legato alla natura della pandemia. Quando in Europa si comincerà a uscire dall’isolamento e a condurre una vita più normale, la tregua sarà di breve durata se dall’altra parte del Mediterraneo ci sarà un immenso continente devastato a sua volta dall’epidemia. A quel punto la “seconda ondata” tanto temuta sarebbe scontata, e per un inevitabile effetto boomerang il virus ritornerebbe in Europa.

È dunque di vitale importanza che il continente africano sia in grado di affrontare una sfida che ha dimostrato come anche i sistemi sanitari più sviluppati, come quelli europei, possano soccombere. Se per diecimila abitanti l’Europa conta in media 36 medici e 51 posti letto in ospedale, l’Africa non va oltre un medico e dieci posti letto. Si fa presto a capire quale sia la posta in gioco se consideriamo che il continente ha appena varcato la soglia dei diecimila casi confermati, casi che in realtà sono sicuramente molti di più.

L’Unione europea non può lasciar passare l’idea che la Cina sia l’unica a soccorrere un’Africa in difficoltà

L’interesse geopolitico è riassumibile in una sola parola: Cina. Colpita per prima dall’epidemia, la Cina è stata anche il primo paese a uscirne. Oggi è il giorno dell’apertura di Wuhan, la città dove tutto ha avuto inizio. Pechino mostra al mondo intero la superiorità del suo sistema politico, inviando équipe di medici e attrezzature sanitarie necessarie ovunque, a cominciare dall’Africa.

Pur continuando la battaglia contro la pandemia sul proprio territorio, i paesi dell’Unione europea non possono lasciar passare l’idea che la Cina sia l’unica a soccorrere un’Africa in difficoltà. Ovviamente gli aiuti cinesi sono ben accetti ovunque, ma è altrettanto vero che fanno parte di una strategia d’influenza. D’altronde la Cina non sta inventando nulla, gli occidentali hanno fatto lo stesso per decenni.

L’impegno europeo è proporzionale al rischio che sta attraversando l’Africa oggi con l’arrivo del coronavirus. Una recente nota del Centro di analisi e previsione del ministero francese degli affari esteri ipotizza uno scenario catastrofico in cui numerosi governi africani, troppo fragili per contrastare la pandemia, potrebbero essere spazzati via, scatenando il caos a livello politico e sociale.

Giustamente criticata per la gestione iniziale della pandemia in Italia, l’Europa questa volta sta reagendo in maniera rapida e adeguata. Oggi è fondamentale aiutare l’Africa a evitare il peggio.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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