02 luglio 2020 10:08

La Francia sta mettendo in atto una “risposta graduale”, per utilizzare una metafora del linguaggio militare. Dopo dichiarazioni sempre più conflittuali, il 1 luglio Parigi ha annunciato il ritiro temporaneo dall’operazione di sicurezza marittima della Nato nel Mediterraneo, battezzata con il nome di Sea Guardian.

La causa di questa decisione, evidentemente, è la Turchia, e nello specifico la mancata risposta della Nato agli interrogativi sollevati da Parigi a proposito del ruolo di Ankara in Libia e più in generale nel Mediterraneo orientale.

Ritirarsi da un’operazione militare non è solo un gesto simbolico, ma apre la strada a un possibile aumento della tensione, soprattutto se la Nato, guidata dagli Stati Uniti, sceglierà di non agire. Precisamente quello che pensano a Parigi.

Lo scontro sulla Libia
Ormai per la Francia la vicenda si è trasformata in una priorità diplomatica. Il seguito dipenderà in parte dalla capacità di Parigi di farsi seguire dagli altri paesi europei, finora piuttosto prudenti.

La guerra in Libia è solo uno dei motivi di questa tensione. È innegabile che il conflitto sia stato scatenato dai successi militari ottenuti da Tripoli contro le truppe del maresciallo Khalifa Haftar, soprattutto grazie all’aiuto determinante della Turchia. Da tempo la Francia incoraggia Haftar ed è vicina ai paesi che lo sostengono, a cominciare dall’Egitto e dagli Emirati Arabi Uniti.

Il 1 luglio il ritiro dalla missione di sorveglianza nel Mediterraneo è stato giustificato dal governo francese con l’incapacità della Nato di controllare i carichi che trasportano armi dirette a Tripoli, in violazione dell’embargo dell’Onu. Queste navi da carico sono scortate dalla flotta della Turchia, anch’essa parte della Nato.

Le incoerenze dell’amministrazione Trump hanno trasformato la Nato in una nave alla deriva

Ma i motivi dello scontro vanno oltre questa vicenda specifica. L’atteggiamento della Francia sembra determinato dalla situazione in Libia, però in ballo c’è soprattutto l’influenza turca nel Mediterraneo e l’ambizione di Ankara di rivedere la spartizione delle zone economiche marittime e delle possibili risorse di gas, a spese di alcuni paesi dell’Ue come la Grecia o Cipro. La Francia, insomma, si propone come portavoce degli interessi europei davanti a un malcelato espansionismo turco.

In questo momento la Nato mostra diverse contraddizioni. Per molto tempo l’alleanza militare ha permesso di smorzare gli antagonismi, incluso quello tra Grecia e Turchia. Tuttavia le incoerenze dell’amministrazione Trump hanno trasformato la Nato in una nave alla deriva, tanto che l’anno scorso Emmanuel Macron aveva parlato di “stato di morte cerebrale” dell’alleanza.

Oggi la Francia, alzando i toni, cerca di evidenziare queste contraddizioni, ma gli altri europei restano prudenti. La settimana scorsa la Germania e l’Italia si sono unite alla Francia in un comunicato contro “le ingerenze straniere” in Libia. Ma laddove Macron attacca violentemente la Turchia (e solo la Turchia) il comunicato a tre non contiene nomi specifici.

La strategia francese non è del tutto leggibile, anche a causa dell’atteggiamento ambiguo di Parigi in Libia. Ma al contempo la Francia, prendendo le distanze dalla crisi libica per trasformare il conflitto in una crisi mediterranea basata sulla difesa degli interessi europei, sta mettendo in chiaro la posta in gioco, e costringe tutti a prendere posizione: Stati Uniti, Europa e soprattutto Turchia.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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