19 settembre 2022 10:23

Vladimir Putin sarà il grande assente ai funerali londinesi che il 19 settembre riuniranno un numero record di leader mondiali. Come d’abitudine, questo genere di avvenimento planetario ha una sua dimensione geopolitica, riflesso delle tensioni e dei conflitti del momento.

Putin e i rappresentanti delle autorità russe non sono stati invitati a Londra a causa dell’invasione dell’Ucraina. Mosca ha criticato una decisione che ritiene “profondamente immorale” e perfino “blasfema”.

La vicenda evidenzia lo status di paria ormai assegnato al presidente russo. I paesi che non sono stati invitati al funerale sono appena sette: la Russia, il suo alleato bielorusso, la Birmania tornata a essere una dittatura militare, la Siria di Bashar al Assad, l’Afghanistan dei taliban e il Venezuela di Maduro. È una lista ridotta che contiene i regimi infrequentabili dal punto di vista di Londra. La Cina è rappresentata dal vicepresidente Wang Qishan.

Senza discutere
Per Putin l’esclusione è particolarmente offensiva se consideriamo che il principe Filippo, marito della regina, era un discendente diretto dello zar Nicola I Romanov. La decisione non ha sollevato grandi discussioni. Anche volendo considerare il periodo di lutto come una tregua nelle tensioni del mondo, infatti, oggi nessuno vuole vedere Putin in raccoglimento davanti alle spoglie della regina proprio nel momento in cui a Izjum, città appena riconquistata dagli ucraini, vengono alla luce nuove prove delle sevizie commesse dai soldati russi.

Nel 2019 Putin si era recato a Parigi per la cerimonia in memoria del presidente Jacques Chirac nonostante il suo paese fosse sottoposto alle sanzioni per l’annessione della Crimea, ma quel contesto è completamente diverso da quello attuale, con il fossato che si è creato tra la Russia e gli occidentali dopo l’invasione dell’Ucraina lo scorso 24 febbraio.

Nessuno dei due pesi massimi del vertice di Samarcanda si è schierato chiaramente con Mosca

Paria in occidente, Putin vede la sua stella impallidire anche tra i suoi alleati. Il recente vertice di Samarcanda è stato un momento particolarmente difficile per il capo del Cremlino. Putin, infatti, ha dovuto ammettere pubblicamente di dover rispondere alle “preoccupazioni” dei suoi amici cinesi, riconoscendo per la prima volta che Pechino non è totalmente d’accordo con l’avventura ucraina. Inoltre è stato criticato per l’invasione dal primo ministro indiano Modi, che finora aveva mantenuto un atteggiamento benevolo.

Se a febbraio Putin fosse riuscito nel suo colpo di mano, oggi sarebbe l’eroe di quella parte del mondo che vuole contestare l’ordine mondiale controllato dagli occidentali. Ma la guerra lampo è fallita e l’esercito russo ha appena subìto la sua peggiore sconfitta contro gli ucraini.

C’è un aspetto che evidenzia il relativo isolamento della Russia: i paesi che fanno parte delle Nazioni Unite hanno votato per consentire al presidente ucraino Zelenskyj di intervenire in video alla prossima assemblea generale. Solo sette paesi hanno votato contro (tra cui la Russia), 101 hanno votato a favore e 19 si sono astenuti. L’India ha votato a favore. La Cina si è astenuta. Nessuno dei due pesi massimi del vertice di Samarcanda, dunque, si è schierato chiaramente dalla parte di Mosca.

Mentre il mondo condivide senza di lui il lutto del Regno Unito, Putin deve cercare un modo per uscire dall’impasse, ma non sembra disposto ad ammettere il proprio fallimento. Questo rifiuto alimenta il rischio di un’escalation su tutti i fronti.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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