Tutti pensavano che Joe Biden si sarebbe trasformato in una lame duck, un’“anatra zoppa”, secondo l’espressione politica statunitense usata per indicare i presidenti indeboliti. E invece sull’aereo diretto in Asia è salito “super Joe”, grazie a una notizia inattesa: i democratici hanno conservato la maggioranza al senato dopo la vittoria della loro candidata in Nevada contro un “trumpiano” di ferro.

Le elezioni di metà mandato hanno ridato morale ai democratici quando erano ormai pronti a una sconfitta schiacciante in un contesto segnato dall’inflazione, dall’estrema polarizzazione e dai dubbi a proposito di un presidente anziano. Alla fine la prevista “ondata rossa” repubblicana non c’è stata, anche se i conservatori potrebbero ottenere una maggioranza risicata alla camera. La vicenda merita un’analisi approfondita.

Donald Trump ha cantato vittoria, ma la verità è che dal voto esce indebolito, potenzialmente meno padrone del Partito repubblicano e insidiato dalla candidatura forte del governatore della Florida Ron DeSantis in vista delle presidenziali del 2024. Annunciare la caduta di Trump è ancora rischioso, ma la sua influenza sui repubblicani è in dubbio dopo un risultato elettorale deludente.

Una buona notizia
La prima conseguenza del voto è il ritorno della fiducia per i democratici, che non vivranno l’incubo di dover trascorrere i prossimi due anni alla mercé di un congresso ostile. È una buona notizia sia per gli aiuti all’Ucraina sia per le riforme sociali.

Gli effetti delle elezioni di metà mandato si faranno sentire anche sul piano internazionale. Il 14 novembre Biden incontrerà Xi Jinping, il numero uno cinese appena incoronato per un terzo mandato in occasione del ventesimo congresso del Partito comunista. Per il presidente degli Stati Uniti era importante non presentarsi appesantito da una sconfitta cocente a questo vertice in cui saranno affrontati tutti gli argomenti più scottanti, da Taiwan alla guerra tecnologica passando per l’Ucraina.

Il risultato delle elezioni non cambia radicalmente la situazione, ma ha comunque un effetto notevole

Parte delle mosse della Russia, della Cina e dell’Iran si basa sull’idea che l’occidente guidato dagli Stati Uniti sia in declino. L’assalto al congresso e la disfatta di Kabul del 2021 hanno rafforzato questa visione, che ha spinto Xi a decretare che “l’occidente scende, l’oriente sale”. Le divisioni interne negli Stati Uniti hanno alimentato questa convinzione.

Il risultato delle elezioni non cambia radicalmente la situazione, ma ha comunque un effetto notevole. Analizzando l’approccio cinese o russo appare evidente che entrambi si nutrono dell’indebolimento democratico dei paesi occidentali, e a loro volta lo alimentano. In un momento in cui l’esercito russo ha appena perso la città di Cherson, annessa solo due mesi fa, Putin riceve un’altra pessima notizia: la buona salute del Partito democratico di Joe Biden.

L’esito del voto dimostra inoltre, come già accaduto in Brasile il mese scorso con la sconfitta di Bolsonaro, che in politica non c’è nulla di ineluttabile.
Gli americani sono perfettamente consapevoli del fatto che le profonde divisioni del loro paese non spariranno prima delle presidenziali del 2024. Ma quantomeno possono essere soddisfatti davanti alla sconfitta dei candidati più radicali sostenuti da Trump, battuti anche grazie alla partecipazione delle giovani elettrici, motivate dalla minaccia che incombe sul diritto all’aborto, e a quella dei neri e degli ispanici, rimasti fedeli ai democratici.

È “l’effetto farfalla” del momento: un voto positivo per i democratici in Nevada significa un Joe Biden rinvigorito a Bali per il G20.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale ha una newsletter settimanale che racconta cosa succede negli Stati Uniti. Ci si iscrive qui.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it