I soldati alleati che sbarcarono in Normandia il 6 giugno 1944 non liberarono solo la Francia e l’Europa dai nazisti, ma posero le prime pietre di un ordine mondiale diverso che ha resistito nei decenni successivi. Oggi che i sopravvissuti del D-day sono sempre meno, questo ordine nato dalla seconda guerra mondiale si sta progressivamente disgregando sotto i colpi dei suoi avversari revisionisti, ma anche, semplicemente, perché il mondo è cambiato.
I leader presenti in Normandia pubblicheranno una dichiarazione discussa nel corso di diverse giornate per ribadire i princìpi e i valori fondanti dell’ordine internazionale del dopoguerra. Il problema, però, è che i firmatari incarnano un occidente che dominava la scena nel 1945, sfidato solo dall’impero sovietico, ma che oggi è contestato su scala globale. I suoi valori sono messi in discussione anche all’interno dei paesi che ne fanno parte.
Prima di tutto bisogna ricordare com’era il mondo alla fine della seconda guerra mondiale, quando i grandi imperi coloniali erano ancora potenti. Molti ricorderanno la formula “il sole non tramonta mai sull’impero britannico”. Le Nazioni Unite furono fondate nel 1945 a San Francisco con appena cinquanta stati membri. Oggi sono quasi 200. Il Consiglio di sicurezza era stato costruito attorno ai vincitori della guerra, con cinque membri permanenti: Cina, Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Unione Sovietica.
Quasi ottant’anni dopo, la gerarchia economica e politica è profondamente cambiata. Gli assenti vivono male questa esclusione, a cominciare da paesi emergenti come India e Brasile, e da una potenza economica come il Giappone. Tuttavia, negli ultimi decenni si è rivelato impossibile cambiare qualsiasi cosa, perché per modificare la statuto delle Nazioni Unite serve l’unanimità. Le istituzioni finanziarie, commerciali e politiche internazionali mostrano ancora i segni di un ordine plasmato dagli occidentali, una situazione che alimenta un risentimento oggi sempre più palpabile.
Ma uscire da questo sistema è diventato tanto più difficile se consideriamo che potenze come Cina e Russia usano la rabbia degli stati esclusi a loro vantaggio, presentandosi come sostenitori di un cambiamento dell’ordine mondiale, se necessario anche attraverso la forza.
Gli occidentali sono in una posizione scomoda, accusati a ragione di aver ignorato, quando è stato nel loro interesse, i famosi valori che saranno riaffermati il 6 giugno in Normandia. La guerra di Gaza ha rafforzato la sensazione che l’occidente impieghi due pesi e due misure, allargando un fossato già molto profondo che l’occidente continua a ignorare.
Come uscire da questo circolo vizioso? Prima di tutto riconoscendo che il mondo è cambiato e che nonostante l’attualità dei valori originari, l’organizzazione del pianeta non può più essere quella del 1945. Non farlo significa dare ragione alle potenze totalitarie che vogliono cambiare le carte in tavola per trarne profitto. Gli alleati che si incontrano il 6 giugno in Normandia dovrebbero riflettere su come reinventare il mondo basandosi sull’uguaglianza e non più sul dominio occidentale. È una questione essenziale.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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