22 gennaio 2011 12:16

Gli eventi di queste ultime settimane in Tunisia, dove le manifestazioni di piazza hanno spinto alla fuga il presidente Zine el Abidine Ben Ali, potrebbero dimostrarsi la svolta storica che molti prevedevano e aspettavano da decenni nel mondo arabo: il momento in cui dei cittadini scontenti e umiliati si liberano della paura e chiedono con forza ai loro leader serie riforme politiche. La fuga di Ben Ali, ottenuta da coraggiosi cittadini tunisini che hanno smesso di lasciarsi intimidire dalla polizia e dall’esercito, è un evento storico per quattro motivi.

La prima rivoluzione araba

  1. È il primo esempio di leader arabo che viene cacciato da una rivolta popolare negli ultimi decenni. È la fine dell’inerzia e della docilità delle masse arabe, rimaste passive per anni di fronte al potere crescente di stati autoritari sostenuti dall’occidente, e di regimi fondati sulla polizia e sull’esercito.

È possibile che l’attuale rivolta tunisina passi alla storia come l’equivalente arabo del movimento di Solidarnosc che nel 1980, dai cantieri di Danzica in Polonia, diede il via alle proteste che contribuirono al crollo, dieci anni dopo, dell’Unione Sovietica e del suo impero. Va detto, in realtà, che probabilmente spetta al popolo sudanese il merito della prima protesta popolare moderna del mondo arabo: quella che provocò un cambio di governo nel 1985, quando le manifestazioni di piazza rovesciarono il presidente Jaafar Nimeiri. Però quel cambiamento fu breve, tanto che poco tempo dopo il Sudan si è trovato di nuovo sotto un regime militare.

  1. Le manifestazioni tunisine di queste settimane sono largamente condivise in tutto il mondo arabo, con la possibile eccezione di alcuni piccoli paesi ricchi del Golfo. Queste proteste non riguardano solo l’aumento dei prezzi e la mancanza di posti di lavoro, ma anche il modo autoritario e paternalistico con cui certe élite di potere del mondo arabo trattano i cittadini, negandogli i più fondamentali diritti umani: libertà di espressione, rappresentanza credibile, partecipazione politica, obbligo dei governi di rispondere al popolo e pari accesso alle risorse dello stato e alle opportunità offerte dal libero mercato.

  2. La copertura degli eventi e della fine del regime di Ben Ali, assicurata dal network televisivo Al Jazeera, porta questa vicenda nelle case di centinaia di milioni di arabi, molti dei quali la seguono entusiasti, e probabilmente saranno incoraggiati a dar vita a proteste simili anche nei loro paesi. È la dimostrazione di quanto sia maturata Al Jazeera e del suo ruolo attivo nel cambiamento. È il risultato di quindici anni di crescita di questa tv, nata nel 1996 come strumento di espressione e di solidarietà per i telespettatori arabi, frustrati dalla impossibilità di esercitare appieno i loro diritti.

  3. L’aspetto più notevole degli eventi in corso in Tunisia è l’aver mostrato quanto fosse debole la struttura che manteneva al potere il regime di Ben Ali, fondato sulle forze di sicurezza.

Piedi d’argilla

Ancora una volta la lezione è che i regimi dittatoriali tenuti in piedi soprattutto dalle forze armate e dai servizi segreti si sgretolano rapidamente appena i cittadini mostrano di non temere lo scontro con i militari rischiando la morte, le manganellate e il carcere. Il 10 gennaio, quando Ben Ali ha ordinato alle sue truppe di non usare proiettili veri contro i manifestanti e ha promesso di non ripresentarsi alle elezioni del 2014, si è capito che i suoi giorni erano contati. E infatti da quel momento sono passate solo ventiquattr’ore prima che fuggisse dalla Tunisia.

Ben Ali è stato uno dei peggiori esempi di dittatore arabo contemporaneo, per di più fortemente sostenuto dalle potenze occidentali. L’uomo forte di Tunisi per anni ha represso spietatamente le proteste e soffocato le sfide lanciate da altre forze politiche: partiti islamici, democratici laici, di sinistra, o sindacalisti, giuristi, giornalisti e altre categorie di cittadini. Poiché nel mondo arabo sono molto diffusi sistemi di governo simili forse stiamo assistendo all’avvio di un processo storico in cui gli eventi di questi giorni innescheranno altre rivolte per imitazione o nuovi fermenti politici. Anche in questo caso Al Jazeera avrà un ruolo fondamentale.

Resta l’incognita su ciò che la fine di Ben Ali significherà per gli interessi e le posizioni di grandi potenze occidentali come la Francia e gli Stati Uniti. In larga misura dipenderà dal tipo di governo che prenderà il posto del suo stato fondato sui servizi segreti e sulla repressione. Riuscirà ad affermarsi un sistema democratico e pluralista? E in che misura i tunisini riterranno responsabili le potenze occidentali per i decenni in cui hanno sofferto la loro condizione di cittadini senza diritti democratici?

Lo sapremo ben presto, perché forse stiamo per avere la possibilità di sentir dire dai tunisini, per la prima volta in mezzo secolo, cosa pensano e cosa vogliono davvero.

*Traduzione di Marina Astrologo.

Internazionale, numero 881, 21 gennaio 2011*

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