02 aprile 2015 13:22

I professori di liceo non amano mettersi in discussione, ha detto la preside di un grande liceo romano in un incontro sulla sorte degli studi classici e storici che si è svolto qualche giorno fa a Roma nella sede dell’Enciclopedia italiana. Non si tratta di fatti personali. Ai docenti sembra difficile abbandonare l’impianto disciplinare degli insegnamenti nelle scuole secondarie superiori. Non li persuade scorgere i risultati positivi di apprendimento in quei segmenti “bassi” dell’istruzione dove le discipline sono coordinate e piegate all’interazione tra docenti per elaborare e attuare progetti di studio e crescita del sapere e saper fare degli allievi, di quegli allievi, in quella scuola e classe.

Abbiamo così non educazione linguistica o educazione scientifica o educazione storica ma dieci, dodici insegnamenti diversi e separati. In Italia le voci che hanno invitato a insegnare per temi e problemi non hanno convinto a fare quello che pare un salto nel vuoto. Non è solo un fenomeno italiano. Anche in altri paesi il segmento mediosuperiore dell’istruzione rilutta a mollare gli ormeggi dell’insegnamento per discipline separate. Nel 2002 in Francia Jack Lang propose ai licei di aprire le porte agli itinéraires de découverte (Idd), ma fu travolto dal rifiuto. Ora l’attuale ministra dell’istruzione Najat Vallaud-Belkacem ci riprova e si avvia a introdurre nei licei gli enseignements pratiques interdisciplinaires (Epi) per suscitare e guidare l’interesse degli allievi. Riuscirà?

Questo articolo è stato pubblicato il 27 marzo 2015 a pagina 97 di Internazionale, con il titolo “La ministra ci riprova”. Compra questo numero | Abbonati

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