01 dicembre 2017 16:15

La campagna contro la corruzione in Iraq è la terza grande battaglia condotta dal primo ministro Haider al Abadi. Sarà la più dura e la più lunga ora che le prime due – quella contro il gruppo Stato islamico a Mosul e quella contro i curdi a Kirkuk – si sono concluse. In Iraq i corrotti possono contare su un loro governo ombra, sulle loro milizie e sui loro mezzi d’informazione. Uno dei loro principali esponenti è l’ex primo ministro Nuri al Maliki. I contratti più corrotti nel settore militare, della sicurezza e petrolifero sono stati ottenuti durante gli otto anni in cui è stato al potere.

La campagna anticorruzione del governo è diventata più seria in vista delle elezioni fissate per il maggio 2018. La procura ha preparato un dossier con 1.616 fascicoli contro le persone sospettate di corruzione, in gran parte ministri e funzionari di alto rango dell’ex governo di Al Maliki.

Una promessa difficile da mantenere
I parlamentari hanno cominciato a scambiarsi accuse ad alta voce. Al Abadi, però, non si fida dell’integrità delle persone che lo circondano, molte delle quali sono poco professionali e deboli. Per aiutarlo a condurre la sua battaglia, quindi, ha assunto una squadra di investigatori internazionali.

Eppure, l’opinione pubblica e perfino i sostenitori della sua battaglia, che hanno manifestato diverse volte in piazza Tahrir a Baghdad, hanno qualche sospetto sulla serietà delle sue intenzioni, dato che in passato Al Abadi aveva già promesso due volte di avviare la campagna. Inoltre gli squali della corruzione sono ancora forti nel suo partito, Dawa, nella sua coalizione in parlamento e nel suo governo.

(Traduzione di Francesca Gnetti)

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