05 maggio 2018 13:33

Mancano pochi giorni alle elezioni irachene del 12 maggio. La campagna elettorale è all’apice. I manifesti dei martiri caduti nei combattimenti contro il gruppo Stato islamico (Is) sono stati sostituiti da quelli con i volti dei candidati.

Ma nella maggior parte dei casi i ritratti non sono accompagnati dai programmi elettorali, ci sono solo poche righe sotto le fotografie, che riguardano la lotta contro la corruzione, uno stato più civile o vaghe promesse di una vita migliore.

C’è un’atmosfera nuova dopo la sconfitta del gruppo Stato islamico, ma, a parte poche eccezioni, la scena politica è dominata dagli stessi protagonisti che sono al potere dal 2003.

Tra questi il più importante è la coalizione sciita, divisa in cinque liste diverse: Al nasr (la vittoria), guidata dal primo ministro uscente Haider al Abadi; Dawlat al qanun (stato di diritto), guidata dall’ex primo ministro Nuri al Maliki; Al fatah (la conquista), guidata da Hadi al Amiri, il leader delle milizie vicine all’Iran; Al hikma al wataniya (il movimento nazionale per la saggezza), guidato dal religioso Ammar al Hakim; e Sairoon (i manifestanti), di cui fanno parte partiti laici e religiosi, sostenuta dal religioso Muqtada al Sadr.

Scandali veri e falsi
Queste cinque liste si erano presentate unite in una coalizione alle ultime elezioni del 2014 e si erano assicurate 155 seggi in parlamento. Per raggiungere la maggioranza assoluta avevano avuto bisogno del sostegno dei curdi. Oggi ci sono divisioni all’interno dei tre principali gruppi sciiti. Più si avvicina il giorno del voto più infuria la guerra nei mezzi d’informazione. Ogni gruppo arruola delle bande per fare a pezzi i manifesti elettorali degli avversari. La polizia ne ha già arrestate quattro. Sui social network arrivano scandali veri o falsi sui diversi candidati. È stato diffuso anche il video di una candidata nuda.

Tutti pensano che la battaglia sarà più dura rispetto alle tre elezioni passate, ma con poche differenze nell’esito del voto. La cosa importante non è il numero dei seggi ottenuto da ciascun gruppo, ma come andranno i successivi negoziati per scegliere il primo ministro.

(Traduzione di Francesca Gnetti)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it