30 aprile 2019 15:46

“I nemici della famiglia sono dappertutto”. Mentre parlava lo scorso 29 marzo dal palco del Congresso mondiale delle famiglie (Wcf) di Verona, Ignacio Arsuaga, fondatore e presidente dell’organizzazione spagnola CitizenGo, incassava applausi dalla sala. Per vincere i nemici della famiglia Arsuaga ha indicato ai presenti due possibilità: prendere il potere attraverso le elezioni, entrando nei partiti e nelle istituzioni, oppure influenzare i partiti e controllare chi gestisce il potere.

CitizenGo è una piattaforma di petizioni online con sede a Madrid e uffici in altri paesi, tra cui l’Italia. È nota per le sue richieste di firme contro i matrimoni tra persone dello stesso sesso, l’educazione sessuale o l’aborto. Un’altra sua iniziativa è l’affitto di autobus colorati che girano nelle città diffondendo slogan contro i diritti lgbt o i gruppi femministi, chiamati “femminazi”. In Italia hanno fatto scalpore due manifesti diffusi da CitizenGo per i quarant’anni della legge 194 sull’aborto: uno con la scritta “L’aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo” e un altro, quest’anno, in occasione dell’8 marzo, con l’immagine di un feto e la scritta “Dalla parte di tutte le donne. Non una di meno”, con un riferimento provocatorio al movimento femminista.

Un’inchiesta del sito d’informazione britannico openDemocracy ha mostrato l’esistenza di un certo “coordinamento” tra la piattaforma ultracattolica e i partiti di estrema destra in Europa, verso i quali CitizenGo fa convogliare i voti per le elezioni europee.

Alcuni parlamentari ed europarlamentari di diversi paesi europei hanno scritto una lettera al vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans chiedendo che le autorità europee e quelle nazionali svolgano un’indagine su quanto emerso dall’inchiesta di openDemocracy.

Totalmente allineati
Durante il Congresso mondiale delle famiglie, un reporter di openDemocracy ha avvicinato il fondatore di CitizenGo, presentandosi come un potenziale donatore. Arsuaga gli ha descritto i rapporti piuttosto stretti con il partito di estrema destra spagnolo Vox e ha suggerito al giornalista come si potrebbero aggirare le regole di finanziamento delle campagne elettorali in Spagna: “Dare denaro a una fondazione che possa inoltrare i soldi a Vox… Questa sarebbe un’ottima opzione”.

Vox – che con le elezioni del 28 aprile 2019 è entrata nel parlamento spagnolo per la prima volta – ha promesso di costruire muri attorno alle enclave spagnole in Nordafrica, Ceuta e Melilla, di far arrestare i leader indipendentisti catalani, voler allentare le leggi sul controllo delle armi e di voler “rendere la Spagna di nuovo grande”.

Il partito, inoltre, si oppone al “politicamente corretto”, al matrimonio egualitario per le persone omosessuali e alle leggi contro la violenza di genere. Temi chiave che si sovrappongono a quelli nell’agenda di CitizenGo e della sua organizzazione partner, HazteOir. Su Twitter Arsuaga ha sostenuto pubblicamente Vox, mentre HazteOir ha definito Vox “il partito che più difende la vita, la famiglia e la libertà”.

Parlando a Verona con il giornalista di openDemocracy in incognito, Arsuaga si è spinto oltre, descrivendo i politici di Vox come suoi “amici”, offrendo al reporter di presentarglieli e affermando di aver condiviso le campagne con i funzionari del partito. Arsuaga ha quindi spiegato al reporter come si può dare un sostegno “indiretto” al partito di estrema destra.

Secondo la legge spagnola esiste un limite di 50mila euro per le donazioni individuali ai partiti politici – che scende a diecimila a campagna elettorale cominciata – e i nomi dei donatori devono essere segnalati ai funzionari elettorali.

Ma, come spiegato da Arsuaga, non esistono limiti per le donazioni a gruppi come il suo, e “se doni denaro privatamente a una non profit non c’è bisogno di denunciarlo”. Certo, ha spiegato il suo fondatore, CitizenGo non trasmette i soldi a Vox, ma supportare il gruppo aiuterebbe comunque il partito: “Parliamo con i politici, facciamo campagne in favore di certe politiche, ma non possiamo essere i finanziatori del partito”.

Arsuaga ha aggiunto che non chiederanno “mai alle persone di votare per Vox… Ma la nostra campagna aiuta Vox indirettamente”. Successivamente ha parlato al giornalista di una campagna da lanciare in Spagna “prima delle elezioni nazionali” per mostrare le “cose brutte che sono state dette” da leader di altri partiti, “per esempio in favore dell’aborto o di leggi per le persone lgbt”. Il riferimento è a una serie di manifesti contro i candidati di altri partiti affissi ad aprile, prima delle elezioni.

Il “bus della libertà”, una campagna lanciata da CitizenGo contro la comunità lgbt a New York, marzo 2017. (Erik McGregor, Pacific Press/LightRocket via Getty Images)

Arsuaga poi ha messo il reporter in contatto con un funzionario di Vox, che ha paragonato CitizenGo ai “super Pac” statunitensi, ossia quei gruppi di pressione che possono spendere grosse somme a sostegno di candidati politici, influenzando le elezioni statunitensi. Il funzionario ha descritto CitizenGo e Vox come due organizzazioni indipendenti ma “totalmente allineate”, e ha detto che si può contribuire al partito direttamente, anche se “ci sono altri modi”.

Di recente Vox è stato colpito da alcuni scandali di tipo finanziario come quello che nel 2018 ha confermato la condanna a non esercitare attività di rappresentante per tre anni a carico dell’ex vicepresidente per “irregolarità contabili”. Il partito ha anche ricevuto 800mila euro di donazioni per la campagna elettorale delle europee del 2014 da un gruppo iraniano estremista, fino a pochi anni fa inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche da diversi governi, ed è stato collegato a una controversa fondazione che inneggia al dittatore spagnolo Francisco Franco.

OpenDemocracy ha chiesto ad Arsuaga un commento prima di pubblicare l’articolo. “È evidente che supportare HazteOir o CitizenGo significa supportare indirettamente i partiti che difendono (in qualche modo) i princìpi che noi difendiamo”, ha detto Arsuaga. Il leader di CitizenGo ha confermato che le due organizzazioni sono “in contatto con movimenti sociali e partiti politici che sostengono” i loro princìpi e inoltre organizzano “campagne per denunciare coloro che li infrangono. (…) È di dominio pubblico che noi lavoriamo per influenzare e fare pressioni sui partiti politici, così che i partiti difendano i nostri princìpi in politica, in nessun modo ‘dietro le quinte’”.

Nel suo commento Arsuaga ha anche contestato il fatto che CitizenGo sia allineata con “l’estrema destra”, dicendo che semmai si tratta di “partiti democratici che supportano in qualche modo la famiglia, la vita, la libertà di educazione e la libertà religiosa”.

Alleati e sostenitori
Fondata nel 2013 – lo stesso anno di Vox – CitizenGo è di fatto una versione ultraconservatrice di piattaforme per petizioni online.

L’organizzazione sembra avere partner e sostenitori internazionali piuttosto potenti. Nel consiglio direttivo figurano Alexey Komov, uno stretto collaboratore dell’oligarca Konstantin Malofeev, e l’ex parlamentare italiano dell’Udc Luca Volontè, al momento sotto processo con l’accusa di corruzione.

Dagli account bancari della fondazione Novae Terrae di Luca Volontè emerge un trasferimento di dodicimila euro verso CitizenGo nel febbraio 2014. Un mese prima duemila euro risultano inviati a una società di comunicazione di Madrid specializzata in campagne antiabortiste. Nello stesso periodo, Novae Terrae ha ricevuto dei soldi da aziende che portavano in Europa denaro sporco dall’Azerbaigian e dalla Russia. Non ci sono prove, comunque, che i fondi arrivati a CitizenGo provenissero da queste fonti.

Il responsabile della raccolta fondi di CitizenGo, Matteo Cattaneo, ha ricoperto in precedenza il ruolo di coordinatore per Novae Terrae. In un’intervista del 2017 a El País Arsuaga ha spiegato questa relazione dicendo che Volontè gli aveva presentato “Matteo Cattaneo, che lavorava per la sua fondazione. A un certo punto è venuto a lavorare per CitizenGo. Sulla fondazione Novae Terrae so solo quello che è stato pubblicato, ma non ho chiesto i dettagli, Matteo mi ha detto che Luca Volontè aveva donatori importanti, ma non sapeva esattamente da dove venissero i soldi”.

A Verona, Arsuaga ha confidato al giornalista di openDemocracy di aver ricevuto invece 40mila euro da Patrick Slim, figlio dell’oligarca messicano Carlos Slim. Una cifra, ha aggiunto il fondatore di CitizenGo, “per lui molto piccola”. Non è chiaro se il denaro sia stato donato a CitizenGo o a HatzeOir. Slim non ha risposto alla richiesta di un commento da parte di openDemocracy.

Gli amici americani
Un altro componente del consiglio di CitizenGo è Brian Brown, uno dei più noti attivisti americani contro i diritti lgbt, nonché attuale presidente del Congresso mondiale delle famiglie (Wcf).

Arsuaga ha riferito al reporter di openDemocracy di aver incontrato Brown al Wcf di Madrid del 2012, e che CitizenGo riceve consigli “all’incirca ogni due mesi” da un esperto di fundraising e tecnologia “pagato da Brian Brown”. L’esperto in questione sarebbe Darian Rafie, partner di Brown nell’organizzazione americana ActRight.

In una versione precedente del sito di CitizenGo, sotto al logo c’era la dicitura “membro della famiglia ActRight” e, secondo openDemocracy, il gruppo statunitense ha pagato un esponente dell’organizzazione spagnola, un’affermazione che né Rafie né Arsuaga hanno negato.

Durante il Congresso mondiale delle famiglie a Verona, il 31 marzo 2019. (Filippo Monteforte, Afp)

Sul suo sito, attualmente ActRight incoraggia gli utenti a “ringraziare il presidente Trump per aver fermato la follia transgender nell’esercito”. Tra i post su Facebook più recenti ce ne sono alcuni pesantemente offensivi nei confronti delle figlie di Barack Obama, insieme a battute sull’aspetto di alcune donne di sinistra.

Al meeting di Verona, Rafie ha raccontato al giornalista di openDemocracy di aver lavorato “molto sul fundraising politico con Trump” nel 2016, sia attraverso i Pac sia “con la campagna, cioè, direttamente con il partito”.

Rafie è un consulente politico d’esperienza negli Stati Uniti, ed è collegato a diverse aziende che hanno lavorato per il Comitato nazionale repubblicano e il Partito repubblicano in Ohio e Michigan. Ha inoltre ricevuto pagamenti da un Super Pac che sosteneva il repubblicano Ted Cruz (così come ActRight nel 2015) e ha collaborato con il gruppo del Tea party Think freely media.

CitizenGo in Italia
Al giornalista di openDemocracy Arsuaga ha detto che CitizenGo ha “molti contatti” con i partiti Fidesz e Lega, in Ungheria e in Italia, e “qualche contatto” con Alternative für Deutschland (Alternativa per la Germania, Afd) in Germania, aggiungendo di “informare questi partiti su quello che siamo in procinto di fare”.

Si è inoltre offerto di presentare il reporter al senatore della Lega Simone Pillon, e a un esponente di AfD presente all’evento. Secondo openDemocracy, potrebbe trattarsi di Maximilian Krah, fotografato insieme a Matteo Salvini a Verona.

OpenDemocracy ha contattato Lega, AfD e Fidesz per un commento sulle relazioni con l’organizzazione di Arsuaga, ma nessuno dei tre partiti ha risposto.

CitizenGo è tra gli organizzatori dell’edizione di Verona del Congresso delle famiglie, al quale, oltre a Pillon, hanno partecipato diversi esponenti della Lega, a partire dal ministro dell’interno Salvini, quello della famiglia Lorenzo Fontana e quello dell’istruzione Marco Bussetti.

La branca italiana di CitizenGo è stata lanciata in stretta collaborazione con il gruppo Generazione famiglia, emanazione dell’organizzazione francese Manif pour tous. Dal 2017, il portavoce è Filippo Savarese, uno dei fondatori di Generazione
famiglia insieme a Jacopo Coghe. Entrambi fanno parte del Comitato difendiamo i nostri figli, che ha organizzato i due Family day del 2015 e 2016 a Roma. Anzi, è stato proprio Coghe a registrare il sito del Cdnf.

Da maggio, Generazione famiglia si fonderà con ProVita – un’organizzazione ultracattolica di cui sono noti i legami con il movimento neofascista Forza nuova – formando “ProVita e Famiglia”, che avrà come presidente Toni Brandi (ora a capo di ProVita) e come vicepresidente Coghe. I due sono stati presidente e vicepresidente al Congresso di Verona.

Una delle campagne più famose in Italia portate avanti da CitizenGo è stata nel 2017 il tour del “bus della libertà”: un giro in più città di un veicolo arancione con messaggi sulle fiancate come “I bambini sono maschi, le bambine sono femmine”. Nel febbraio 2018, un mese prima delle elezioni politiche, il bus aveva fatto tappa a Verona, dove è stato accolto dal sindaco Federico Sboarina e dall’allora vicesindaco Lorenzo Fontana, ora il ministro della famiglia.

Nel 2017, quando si trovava come eurodeputato al parlamento europeo, Fontana ha invitato Arsuaga a Bruxelles a parlare di “libertà di parola e di educazione”, due diritti che, a detta del fondatore di CitizenGo, “in Spagna vengono infranti quando si tratta di noi che non condividiamo i dogmi del politicamente corretto e dell’ideologia del gender”. Insieme a lui era presente anche Jacopo Coghe.

L’anno successivo, CitizenGo e Generazione famiglia hanno organizzato una “Scuola di attivismo 2.0” a Roma, alla quale il senatore Pillon ha partecipato come relatore.

Secondo l’istituto americano Southern poverty law center (Splc), gran parte dell’attività contro i movimenti lgbt in Italia “si muove attraverso CitizenGo”. A luglio 2018 la piattaforma aveva organizzato un workshop di quattro giorni per addestrare attivisti italiani nella promozione “della vita, della famiglia e della libertà nel mondo”.

Il workshop è stato realizzato in collaborazione con il Leadership Institute, un’organizzazione statunitense che fa training politici per “futuri leader conservatori”, che recentemente è impegnata nel far crescere l’influenza di attivisti contro i diritti riproduttivi e civili della minoranza lgbt in Europa, e ha progressivamente aumentato i soldi spesi nel continente. Negli ultimi anni il Leadership Institute ha sponsorizzato corsi di CitizenGo in Spagna e in altri paesi europei.

In alcuni commenti inviati via email a openDemocracy, Ignacio Arsuaga di CitizenGo ha affermato che i suoi gruppi riferiscono le donazioni al ministero dell’interno spagnolo e che “secondo la vigente legislazione sulla protezione dei dati, non possiamo dire alla stampa chi sono i nostri donatori”.

Inoltre ha specificato che “tutte le donazioni che abbiamo ricevuto sono legali” e che “la destinazione dei nostri fondi è sempre stata legale e pubblica”.

(Traduzione a cura di openDemocracy)

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