11 luglio 2018 13:38

“Cosa sta succedendo? Perché non si toglie da davanti?”. Gli amici che il 2 luglio mi scrivono su WhatsApp e che stanno seguendo il palio di Siena in tv, da Roma, non riescono a capire perché il fantino vestito coi colori giallo e blu della Tartuca si ostini a tenere, ormai da più di un’ora, il suo cavallo davanti al verrocchino, impedendo l’ingresso al cavallo di rincorsa – cioè quello che si avvia per ultimo e decide la partenza, e indossa i colori giallo e rosso della Chiocciola. Il mossiere ha già invalidato due partenze e richiamato tre volte i fantini fuori dai canapi, ovvero le corde che delimitano lo spazio dove i cavalli scalciano e si agitano oltre ogni ragionevole limite.

I miei amici devono pensare che dato che sono a Siena, sul terrazzino che il comune mette a disposizione dei giornalisti su piazza del Campo, con una visuale perfetta sulla “mossa” che segna l’inizio della corsa, io sappia esattamente perché non comincia la gara. E in effetti dopo una settimana a fare domande e a orecchiare i discorsi tra senesi ho qualche informazione in più che mi aiuta a capire cosa sta succedendo, ma pensare che ci sia una spiegazione razionale a tutto quello che succede nel palio significa fraintendere la sua essenza, quell’insieme di codici, strategie e interpretazioni accessibile a pochissimi nella sua totalità, che lo rende fondamentalmente misterioso e sfuggente anche per molti senesi. Per questo, pensando che la risposta sintetica sia la più coerente, scrivo ai miei amici che “è troppo complicato”.

La Rai si collega intorno alle sette di sera, le precendenti due ore di corteo storico – la sfilata in costumi “alla spagnola”, che rimandano ai tempi della Repubblica di Siena con alfieri, tamburini, balestrieri e duci, per un totale di circa 600 uomini tranne qualche tamburino donna – sono poco televisive. Anche un’ora di cavalli che scalciano e schiumano tra due corde tese in teoria è poco televisiva. Eppure si rinvia il Tg2, e secondo l’Auditel quasi un milione e mezzo di persone non guarda l’inizio della partita tra Belgio e Giappone al Mondiale per aspettare la partenza.

Le protezioni lungo la curva di San Martino, che compie un angolo di 95°. Sono messe solo qui e sono simili a quelle usate nelle corse automobilistiche. Siena, 30 giugno 2018. (Fausto Podavini per Internazionale)

I controlli antiterrorismo limitano il numero di persone che aspettano sotto al sole, ma la piazza è piena da più di tre ore e forse per chi non c’è mai stato vale la pena sottolineare che non ci sono bagni. Chissà quanti stanno aspettando che il fantino della Tartuca si tolga di mezzo, oltretutto senza capirci niente, come vittime di un incantesimo.

In realtà, si sapeva già che quella di questo palio sarebbe stata una mossa complicata, perché in piazza ci sono tre coppie di contrade rivali. Il che significa che tra le dieci in gara, quattro correranno più o meno tranquille, mentre le altre sei faranno di tutto per ostacolare i rivali. Proveranno a non farli vincere mentre proveranno a vincere; oppure, nei casi peggiori, proveranno a non farli vincere invece di provare a vincere. Una delle rivalità, ovviamente, è quella tra Tartuca e Chiocciola, che ha origini nel seicento ma ancora oggi è accesissima – c’è persino un processo in corso per una questione di confini tra le due contrade.

Le prove di notte
Sono arrivato a Siena una settimana prima del palio per vedere sia le prove di notte del 28 giugno – quando in piazza girano più di sessanta cavalli scelti dalla commissione veterinaria – sia la “tratta” del 29, quando i cavalli sono una trentina. Se non vogliono essere scartati, gli animali devono fare almeno un paio di giri veloci.

Il primo giorno mi sono svegliato alle cinque del mattino e ho preso il caffè vicino a ventenni con la camicia sgualcita e gli anelli d’oro della propria contrada, ma ho scoperto che per via della pioggia le prove erano state rimandate alle otto e mezza. Dopo aver dormito altre due ore, sono tornato in piazza, ma anche questa volta le prove sono state rimandate, l’appuntamento è per il pomeriggio.

A questo tipo di prove si può assistere nei palchi senza pagare il biglietto, e se ci si siede in corrispondenza delle curve si rischia di ricevere in faccia il tufo che schizza via dagli zoccoli dei cavalli. I fantini cavalcano a pelo, senza sella, e indossano protezioni nere che somigliano a giubbotti antiproiettile. Quelli meno conosciuti cercano di farsi notare nella speranza che qualche contrada li chiami, rischiando magari qualcosa di troppo. “Ma vai a fare il metalmeccanico”, dice qualcuno a un fantino che con una mano si tiene alle redini e con l’altra alla criniera del cavallo.

I contradaioli abbracciano il barbaresco del Leocorno prima dell’assegnazione dei cavalli. Siena, 29 giugno 2018. (Fausto Podavini per Internazionale)

Un cavallo si fa male da solo, i suoi zoccoli anteriori hanno raggiunto quelli posteriori, ma il fantino non se ne accorge e allora la piazza gli grida di fermarsi. Un altro fantino cade e il cavallo scosso fa un paio di giri prima che il veterinario riesca a bloccarlo mettendosi in mezzo alla pista – per lo stupore di chi, come me, non sapeva che sbarrando la strada a un cavallo alla massima velocità e agitando le braccia quello si ferma, invece di travolgerti.

Qualche ora prima, mentre pranzavo in piazza Mercato, ho visto arrivare i van delle scuderie. I cavalli sono scesi e hanno iniziato a girare in senso antiorario. L’eleganza con cui si muovevano davanti al ristorante contrastava fortemente con l’aspetto che avevano dopo le prove, e cioè dopo aver corso per un minuto e mezzo appena: sul collo e sul dorso compare la schiuma bianca e le vene sottopelle si gonfiano formando un reticolato sul posteriore.

La tratta
Il secondo giorno, quello della tratta, i fantini hanno un giubbetto bianco e un caschetto bianco e nero. Provano anche la partenza, con il mossiere che abbassa il canape e i mortaretti che scoppiano tra una batteria e l’altra. Il mossiere è scelto fuori da Siena per evitare sospetti di partigianeria, e di solito viene dal mondo dell’ippica – Fabio Magni, mossiere dal 2016, è un ex olimpionico. È l’unico che non vede il palio: una volta convalidata la mossa, uno dei momenti più delicati della gara, è portato fuori dalla piazza dalle forze dell’ordine, di corsa, in una macchina che lo aspetta in via di Città e lo porta il più velocemente possibile via da Siena (nel 1979 il mossiere Carlo Palmieri è stato aggredito durante una pausa). In questo tipo di prove non ce n’è bisogno e il mossiere è tutto un sorriso.

Quella stessa mattina ho sentito un turista chiedere a un vigile perché la piazza fosse ricoperta di “mud”, fango, mentre le contrade entravano in piazza una alla volta – uomini, donne e bambini – occupando l’ingresso e cantando ognuna la loro canzone. Mi chiedo cosa debbano pensare i turisti che restano intrappolati qui durante le prove e comprano un fazzoletto di una contrada a seconda del gusto, quando il barbaresco – e cioè “colui che ha in custodia i cavalli corridóri, barberi” – prende in consegna il cavallo davanti al comune lo porta in contrada, seguito dai contradaioli che cantano a squarciagola. È possibile separare l’aspetto spettacolare del rito da quello più emotivo, dal fatto che per un contradaiolo il palio “va a toccare l’anima, è come se fosse una vittoria personale nei confronti della vita”, come mi ha detto un ragazzo?

La partenza di una delle sei prove che precedono la corsa del 2 luglio. Siena, 29 giugno 2018. (Fausto Podavini per Internazionale)

Quando ho l’occasione di parlare con chi riveste la carica più alta in una contrada, e cioè con un priore – un uomo di poche parole con uno splendido sorriso di facciata – gli dico che questo palio si potrebbe vendere meglio, che non fanno molto per i turisti. Lui mi risponde: “L’ideale per un senese sarebbe se il palio si facesse a porte chiuse”.

Girano dei fogli con i nomi dei cavalli (i miei preferiti sono Questurino, Teresina Mia, Osama Bin e Tristezza), chi frequenta gli ippodromi sa già quali “hanno fatto bene in provincia” e si cerca di capire quali potrebbero rendere in piazza. Un tentativo che mi sembra inutile, visto che in ogni caso starà ai capitani delle contrade scegliere i dieci cavalli da estrarre e si dice già che “livelleranno verso il basso”, scartando gli animali più veloci. Una precauzione di questi anni, per evitare che un cavallo veloce, chiamato “bombolone” dai senesi, limiti troppo le strategie dei capitani e dei mangini (i collaboratori del capitano) o, peggio, finisca a una contrada rivale. I pantaloni dei fantini dopo le batterie sono macchiati su tutta l’arcata interna, dello stesso colore del cavallo, come se avessero cavalcato degli enormi pastelli a cera.

Le polemiche
Sono al corrente delle polemiche che ogni anno accompagnano il palio, ma non ho una risposta precisa al riguardo. Persino mia moglie, dopo le prove, mi dice che ha l’impressione che i cavalli stiano facendo “qualcosa che non hanno voglia di fare”.

Non credo ci sia niente che possa convincere chi pensa che un cavallo non debba partecipare a una competizione che non li riguarda, ma posso raccontare brevemente le misure che vengono prese per salvaguardare la salute degli animali al palio.

Tutti i cavalli iscritti al “protocollo” (un centinaio) sono sottoposti a visite periodiche che li giudicano dal punto di vista sia morfologico sia caratteriale. Dal 2000 non possono più correre in piazza del Campo i purosangue inglesi, troppo veloci, ma solo mezzosangue aglo-arabo-sardi. E devono avere minimo cinque anni (negli ippodromi corrono anche cavalli di due).

I preparativi della contrada Leocorno per il corteo storico che attraversa le strade di Siena e finisce in piazza del Campo. Siena, 2 luglio 2018. (Fausto Podavini per Internazionale)

I veterinari della commissione conoscono la storia clinica degli animali, i loro infortuni, piccoli o grandi. Vicino a Siena c’è una pista con le stesse curve e le stesse pendenze di piazza del Campo, dove si effettuano le corse di addestramento. Il palio ha un’ambulanza per cavalli che, in caso di incidente, sono operati d’urgenza – tornano in scuderia, mi dicono, persino prima che i fantini siano stati visitati al pronto soccorso. L’obiettivo è curarli, non farli tornare a gareggiare.

Se il proprietario non li vuole più c’è un pensionato in cui i cavalli del palio vanno a trascorrere pacificamente gli anni che gli restano da vivere. In caso di vittoria, i proprietari non guadagnano niente. Devo aggiungere che nessuna delle persone coinvolte ha parlato volentieri con me degli incidenti che possono capitare durante la gara e che possono portare anche alla morte del cavallo.

L’estrazione e i fantini
Alla fine i capitani scelgono cinque cavalli esordienti e uno che ha vinto in passato. Forse per questo mi sembra che non ci sia grande entusiasmo al momento dell’estrazione. Aspettando che il sindaco (eletto da pochi giorni, il primo di destra a Siena dal dopoguerra a oggi) estragga i numeri dei cavalli e i nomi delle contrade, in piazza si crea un silenzio irreale, si sente solo il rumore dei bussolotti che girano. Chi ha seguito le corse agli ippodromi conferma che sarà una gara molto equilibrata, ma non pensa che il livello sia troppo basso. C’è più di un cavallo che potrebbe vincere, dicono, tutto dipende dalle strategie.

Dopo l’estrazione il ritmo del palio accelera. Le contrade devono accordarsi coi fantini che la sera scendono in piazza per la prima volta con i loro colori (anche se in teoria possono cambiare idea, fantini o contrade, fino alla mattina del palio, quando c’è il rito della “segnatura” in comune). Nonostante il sostanziale equilibrio si capisce che i cavalli non sono tutti uguali e l’estrazione influenza le strategie delle contrade e le scelte dei fantini.

Il Corriere di Siena parla di un “valzer delle monte durato quattro ore”, che ha portato il fantino Jonatan Bartoletti detto Scompiglio – vincitore con la Giraffa del palio precedente – a tradire quelli che in piazza chiamano “i patti d’inverno” con la Chiocciola, che si dice lo stesse seguendo e pagando da mesi.

Rocco Ro, il cavallo assegnato alla contrada Leocorno, lavato dopo l’ultima prova, il 30 giugno 2018. (Fausto Podavini per Internazionale)

Fino a qualche tempo fa i fantini si legavano a una contrada che li stipendiava e quando quella contrada non partecipava al palio, li mandava a correre per altre (così da non far vincere la rivale, magari). Oggi i fantini scelgono in base al cavallo e alle possibilità economiche della contrada che li invita.

Avendo vinto cinque palii, Scompiglio era uno dei nomi di punta di questa gara e secondo qualcuno la Tartuca ha contribuito economicamente a spingerlo nella Giraffa. Qualcun altro, invece, dice che Solu Tue Due, il cavallo sorteggiato dalla Giraffa, era il preferito dai fantini e che Scompiglio ha scelto di correre dove pensava di avere maggiori opportunità di vincere. Dopo la seconda prova in piazza, i contradaioli della Tartuca e quelli della Chiocciola vanno vicini allo scontro fisico.

Soldi e strategie
A questo punto bisogna dire che vincere un palio può costare anche più di un milione di euro – si dice che quando la Torre ha vinto nel 2005, dopo 44 anni dall’ultima volta, ne abbia spesi circa due. I soldi vengono soprattutto dalle sottoscrizioni dei contradaioli e ogni contrada spende in base alle proprie possibilità: una più grande che non vince da molti anni avrà senz’altro più soldi da spendere di una più piccola che ha vinto l’anno precedente.

Il fantino ha un compenso minimo garantito, ma in caso di vittoria può arrivare a prendere anche mezzo milione. Inoltre, il fantino entra in pista con un budget a disposizione da offrire agli altri fantini per concretizzare la strategia pensata dai capitani, sopratutto per quel che riguarda il cavallo di rincorsa.

Durante il palio il confine tra verità e menzogna è labile

Quando il mossiere li chiama fuori dai canapi, si vede che a turno, mentre girano in tondo, vanno dal cavallo di rincorsa per offrirgli soldi in cambio di una buona partenza (o di una cattiva partenza del rivale). Ma gli accordi possono essere di moltissimi tipi e non è detto che tutti rispettino la parola data, soprattutto i fantini. Mi raccontano di uno che ha corso 40 pali senza mai vincere e quando gli è stato chiesto in quanti pali si era venduto ha risposto: “Tutti e 40!”.

Il palio ha una gerarchia incredibilmente stratificata che lo rende più o meno incomprensibile. Oltre al priore, sono i capitani e i loro mangini gli unici a sapere i dettagli della strategia scelta e a conoscere gli accordi con le altre contrade e i fantini. Durante il palio il confine tra verità e menzogna è labile; quando tutto è finito il capitano scrive una relazione sugli accordi presi in una lettera, che poi viene chiusa in una busta, custodita dalla contrada e su cui vige il divieto di apertura per vent’anni. “E ancora”, mi dicono, “nella busta c’è scritto solo quello che il Capitano vuole scriverci”. Il palio è un insegnamento politico a metà tra il fantasy di Dungeons and dragons e la consapevolezza di come funzione il mondo della serie tv House of cards.

Le rivalità
Oltre a quella tra Tartuca e Chiocciola, le altre rivalità sono tra Lupa e Istrice (con la Lupa che nel 2016 ha fatto “il cappotto”, vincendo sia a luglio sia ad agosto) e quella tra Montone e Nicchio, vicine che da sempre hanno un rapporto altalenante, inaspritosi in tempi relativamente recenti, dopo un palio del 1952 in cui il Montone ostacolò il Nicchio facendo vincere l’Oca, con i contradaioli del Nicchio che si sono riversati nel territorio del Montone (insieme a quelli della nemica dell’Oca, la Torre).

Durante il palio di luglio 2015, il fantino del Montone, Massimo Columbu detto Veleno II, ha preso per il giubbetto il fantino del Nicchio, Giovanni Atzeni detto Tittia, e lo ha tirato giù dal cavallo in corsa. Veleno II è stato squalificato per dieci pali e la procura di Siena ha chiesto il rinvio a giudizio per violenza privata, ma il giudice ha poi deciso di far fare al fantino sei mesi di servizi sociali in un’associazione che si occupa di ippoterapia.

Le donne cantano l’inno di appartenenza alla contrada la sera prima del palio, il 1 luglio 2018. Durante la cena, il fantino, il capitano e il priore fanno un discorso a tutti i contradaioli. (Fausto Podavini per Internazionale)

Il Nicchio non vince dall’agosto del 1998 ed è stato vittima di una serie di episodi sfortunati, a uno dei quali ho assistito. Il primo palio che ho visto dal vivo è stato quello del luglio 2007, quando il Nicchio dopo una grande rimonta è arrivato appena dietro l’Oca. In quell’occasione, però, il dipendente comunale che deve esporre la bandiera della contrada vincitrice, ha mostrato alla piazza quella del Nicchio, salvo poi rettificare sette minuti dopo.

Alla fine della gara ero corso davanti alla chiesa di Santa Maria in Provenzano, dove la contrada porta il drappellone del palio vinto, insieme al cavallo e al fantino, e in quei sette minuti ho visto arrivare i primi nicchiaioli, sventolando i loro fazzoletti blu accesi dal rosso del corallo. Piangevano, ridevano e si abbracciavano, poi di colpo si è interrotto tutto: la piazza si è svuotata in una manciata di secondi e sono cominciati ad arrivare gli ocaioli, coi fazzoletti tricolore.

I contradaioli del Nicchio che avevano recuperato il drappellone lo hanno dovuto passare a quelli dell’Oca e a quanto pare una cosa del genere non era mai successa nella storia del palio, anche se la sua storia è piena di cose mai successe prima. Per qualche ragione, di quel giorno mi è rimasta addosso più la delusione del Nicchio che la gioia dell’Oca. E dura ancora oggi: inizialmente non ci avevo fatto caso, ma dopo qualche giorno a Siena mi sono accorto di indossare quasi sempre una polo blu con un simbolo rosso. Una forma inconscia di sostegno al Nicchio.

L’ordine di partenza e le risse
L’ultimo momento da cui può dipendere l’esito del palio di Siena, prima che la gara cominci, è quello in cui viene estratto l’ordine di partenza. Il vigile urbano cammina tenendo la busta sopra la propria testa, ben visibile dalla piazza, nel tragitto che lo separa dal mossiere. In piazza si crea di nuovo un silenzio quasi assoluto, qualcuno esagera dicendo che “si sente il rumore della busta strappata”. I primi posti sono i più ambiti, ma stranamente quando il mossiere chiama la Tartuca, che ha pescato uno dei cavalli peggiori, un sauro biondo chiamato forse ironicamente Rombo de Sedini, in seconda posizione, nessuno esulta.

La Chiocciola, invece, ha avuto in sorte un cavallo esperto, Renalzos, su cui però dopo il rifiuto di Scompiglio è andato un fantino giovane senza ancora nessuna vittoria, Elias Mannucci detto Turbine. Il fatto che è stata estratta come decima, dovendo entrare quindi di rincorsa, complica le cose e gli dà poche probabilità di vincere.

Il fantino Andrea Mari detto Brio, festeggiato dai contradaioli dopo aver vinto il palio del 2 luglio 2018. (Fausto Podavini per Internazionale)

La sera prima con mia moglie ho partecipato alla cena della Tartuca (perché la stanza che avevamo preso in affitto era nella loro contrada e ho preso i biglietti prima di accorgermi dei miei sentimenti nei confronti del Nicchio). Il priore si lamenta della causa con la Chiocciola mentre il capitano se la prende con la sfortuna del sorteggio dei cavalli, dicendo che “nel palio non si possono fare due cose alla volta”. Il fantino, Nappa II, dice che gli è stato dato “un compito specifico”, e poi aggiunge: “Domani vado in galera, dai”.

C’è un’altra cosa riguardante il palio di cui si parla poco volentieri: le risse tra contradaioli in piazza alla fine della gara. Nell’agosto del 2015 se ne scatenò una ripresa da parecchi telefoni che ha portato in tribunale 69 contradaioli di Nicchio, Valdimontone, Torre e Onda. A me sembrano convincenti le parole di Maurizio Bianchini, che commenta la gara sulla Rai dal 1994: “La chiave di lettura del palio va cercata nella sua continuità. Non avendo mai avuto interruzioni, a differenza delle altre feste che sono state riesumate, si porta dietro il retaggio che aveva all’inizio. E se lo porta dietro integro. Anche quella del cazzotto è una tradizione con le sue regole non scritte, che tutti rispettano”.

Si dice che il palio non sia solo una corsa di cavalli, arrivati a questo punto dovreste aver capito perché

Il Montone è stato estratto per partire dalla nona posizione, ma continua ad abbassarsi per infastidire il cavallo del Nicchio, chiamato Tabacco, uno di quegli esordienti che potrebbero anche vincere. Sul Corriere di Siena ho letto che il cavallo del Montone, Remistirio, lo scorso anno aveva fatto registrare ottimi tempi, ma il fantino, Giuseppe Zedde detto Gingillo, sembra voler fare la corsa sul Nicchio, che ha dalla sua il fantino con più pali vinti tra quelli in attività, Luigi Bruschelli detto Trecciolino.

A dicembre compirà cinquant’anni, ha vinto 13 pali su 50 corsi e insegue il quattordicesimo che gli permetterebbe di raggiungere il record di Andrea Degortes detto Aceto. Il blocco della Tartuca, più l’agitazione di Montone e Nicchio, agita anche i cavalli di Oca, Giraffa, Drago e Leocorno, contrade senza rivalità in piazza. La voce del mossiere Fabio Magni si fa sempre più stanca.

Si dice che il palio di Siena non sia solo una corsa di cavalli, arrivati a questo punto dovreste aver capito perché. Ma è anche una corsa di cavalli. E a differenza di molti eventi sportivi con tempi di attesa lunghi che poi si rivelano deludenti – tipo certe finali dei Mondiali di calcio – i 75 secondi in cui si consuma la corsa a Siena ripagano sempre le attese.

Appena prima di sera, Turbine approfitta di un momento in cui Nappa II è molto basso per partire. Il Drago esce dai canapi meglio di tutti, partendo dalla nona posizione, al posto del Montone che parte un secondo dopo il Nicchio. La Tartuca, che aveva bloccato il palio per provare a posizionarsi il più in alto possibile e poi a ostacolare la Chiocciola appena entrata in corsa, resta ferma, e in cuor mio mi dispiace per Nappa II. Alla prima curva di San Martino, Gingillo va dritto puntando su Trecciolino, lo sbatte sui materassi e cadono tutti e due. Dietro di loro scivola anche Turbine, che cade male, fratturandosi costole e mandibola, e viene portato d’urgenza al pronto soccorso.

Andrea Mari detto Brio, con un cavallo esordiente chiamato Rocco Nice, fa tre giri in testa e vince il suo sesto palio, il secondo per il Drago negli ultimi cinque anni. Forse Brio ha approfittato della situazione accordandosi con la Chiocciola, per spingere in basso la Tartuca, anche se probabilmente non lo saprò mai.

In piazza non succede niente tra Tartuca e Chiocciola, ma si confrontano Montone e Nicchio, in mezzo c’è anche un cavallo. La telecamera della Rai è puntata sui contradaioli che se le danno. “Ma queste immagini stanno andando in onda?”, chiedo stupito. “No, non si può”. Anche se capisco che questo è esattamente il tipo di cose che fuori da Siena non si capiscono, un po’ mi dispiace. Il palio sta anche nelle sue contraddizioni, nel senso di appartenenza a una comunità, la contrada, che può diventare anche violenza, nel rispetto dei codici che regolano rivalità e sentimenti. In fondo sono le contraddizioni di una tradizione antichissima che non è solo replicata formalmente, ma che ogni anno viene rivissuta e rinnovata.

Da sapere

  • Il primo palio moderno risale al 1644.
  • Ogni anno se ne corrono due: il 2 luglio e il 16 agosto.
  • Le contrade in gara sono dieci, su un totale di diciassette.
  • Tre giorni prima della gara ci sono le ultime prove di idoneità (la Tratta) e l’assegnazione a sorte dei cavalli alle contrade.
  • Dopo l’ultima prova, i capitani scelgono il fantino, che però viene nominato ufficialmente solo la mattina del palio.
  • La corsa consiste in tre giri di piazza del Campo. Anche il cavallo “scosso”, cioè senza fantino, può vincere per la sua contrada.

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