05 aprile 2019 10:14

Nel 2009 non frequentavano neanche la materna, oggi sono in terza media. In tutti questi anni, dieci dal terremoto che colpì L’Aquila e il suo comprensorio il 6 aprile 2009, la maggior parte delle ragazze e dei ragazzi aquilani non ha mai studiato in scuole in muratura.

Nel capoluogo abruzzese la ricostruzione degli edifici privati va avanti regolarmente, ma non si può dire lo stesso per quella del patrimonio pubblico, ancora al palo. Soprattutto se si pensa alle scuole dell’infanzia, primarie e medie.

Su 59, 29 sono inagibili. La maggior parte sono ospitate in 31 moduli a uso scolastico provvisorio (musp), le strutture prefabbricate costruite dopo il terremoto.

Per la ricostruzione delle scuole sono disponibili circa 42 milioni di euro, stanziati tra il 2011 e il 2017 dai decreti dell’allora commissario della ricostruzione e dalle delibere del comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe). La maggior parte dei soldi è in cassa da anni, ma oggi è attivo un solo cantiere – aperto solo nel 2017 – per la nuova primaria Mariele Ventre, nella zona ovest della città.

Nei progetti di ricostruzione le esigenze di ragazze e ragazzi sono state tagliate completamente fuori

In questi anni il comune, proprietario degli immobili da ricostruire, non è riuscito a far partire i lavori, complici prima i frequenti rimpalli di responsabilità sui progetti, e poi le lungaggini burocratiche, i ricorsi delle imprese, le carenze nell’organico dell’amministrazione.

Il risultato è che più di 3.600 studenti – circa il 60 per cento dei seimila che frequentano le scuole dell’infanzia, le primarie e le medie in città – tutti i giorni vanno a scuola nei musp. E cioè in strutture piccole, temporanee ed emergenziali, anche se ormai sono passati dieci anni.

Nonostante questo, i moduli provvisori sono quantomeno una sicurezza per i genitori aquilani, che così possono mandare i figli in strutture antisismiche.

Sicurezza e ritardi
Non si può dire lo stesso per alcune delle scuole in muratura rimaste in piedi dieci anni fa. Dopo il terremoto che colpì l’Alta valle dell’Aterno il 18 gennaio 2017, si è verificato l’indice di vulnerabilità sismica delle scuole aquilane. Ma ancora oggi sono pubblici solo gli indici di poco più della metà degli edifici. In un paio di casi – nelle frazioni di Arischia e Preturo – la vulnerabilità è risultata così rilevante da spingere il sindaco Pierluigi Biondi a firmare nel 2017 un’ordinanza di sgombero. Gli studenti sono stati trasferiti nei musp.

All’inizio del 2015 l’amministrazione comunale, allora guidata dal sindaco di centrosinistra Massimo Cialente, approvò il programma di assetto della ricostruzione dell’edilizia scolastica. Prevedeva un’analisi e un cronoprogramma per la ricostruzione delle scuole comunali, ma i tempi non sono stati rispettati. Così, nel novembre scorso, la giunta guidata dal sindaco Pierluigi Biondi (Fratelli d’Italia) ha approvato un altro programma.

A sinistra: via Piano di Pezza, L’Aquila, 2014. A destra: nel giardino della scuola dell’infanzia Giulio Beccia, nel centro storico dell’Aquila, 2015. (Giovanni Cocco)

Ma nonostante la ricostruzione delle scuole fosse stato un cavallo di battaglia della destra oggi al governo della città, il nuovo piano non soddisfa le associazioni che in questi anni si sono attivate sul territorio affinché si velocizzasse il processo di ricostruzione. “Per noi il nuovo piano non è molto diverso da quello di quattro anni fa”, dice Silvia Frezza, insegnante e animatrice della commissione Oltre il Musp, “il piano precedente ha disatteso tutte le date per la consegna degli edifici ricostruiti, il nuovo le ha semplicemente posticipate”.

Questa visione non è affatto condivisa dal sindaco Biondi, che definisce il programma di assetto “un lavoro enorme e complesso che ha sanato delle evidenti lacune rispetto a quello precedente”. Secondo il nuovo piano, “due edifici verranno riparati, sei demoliti e ricostruiti in loco, altri ancora ricostruiti in zone diverse rispetto a quelle presisma”.

Lasciando però perdere le dichiarazioni d’intenti, oggi c’è un solo cantiere aperto. Le carte pubblicate sul sito del comune non aiutano a capire se ci siano novità: nella sezione dedicata all’edilizia scolastica, infatti, la documentazione non è ancora stata aggiornata, tanto che risulta pubblicato il programma approvato quattro anni fa.

Nelle scuole secondarie
La situazione è solo parzialmente diversa se si considerano le scuole secondarie di secondo grado, di proprietà della provincia dell’Aquila. Anche in questo caso il problema maggiore è la sicurezza sismica. Da più di due anni tiene banco la complessa vicenda del liceo Cotugno, che con i suoi mille studenti è tra i più frequentati istituti scolastici superiori del capoluogo abruzzese.

La perizia sulla vulnerabilità sismica dell’edificio in via Da Vinci, commissionata nel 2013 dalla provincia, è stata resa nota solo nel 2017, all’indomani delle forti scosse nell’Alta Valle dell’Aterno e solo grazie alla richiesta di accesso agli atti da parte dei genitori, seguita dalle proteste di studenti e docenti.

Inoltre, “la parte della scuola che corrisponde alle rampe e a due accessi” non soddisfa neanche i criteri di sicurezza “per carichi statici”, ha spiegato Annalucia Bonanni, una delle insegnanti del liceo. Per questo le classi del Cotugno sono state trasferite in diverse sedi, per lo più musp, in attesa che la provincia riconsegni la struttura dopo i lavori di consolidamento. La consegna sarebbe dovuta avvenire già lo scorso anno scolastico, ma ancora oggi la chiusura del cantiere è incerta.

Nel frattempo i disagi crescono. “Non abbiamo spazi né strumenti adeguati”, lamenta Bonanni, docente dell’istituto, “oggi è necessaria una didattica sempre più interattiva, e invece noi fatichiamo ad avere persino palestre, aule computer o spazi per assemblee di studenti e docenti. La scuola ha l’obiettivo di favorire i contatti tra i ragazzi, è il luogo principale della socializzazione degli adolescenti, ma in queste condizioni è sempre più difficile che lo sia”.

“Un caso come quello del liceo Cotugno”, dice Antonia Melaragni, studente e rappresentante d’istituto, “dimostra che nel processo di ricostruzione le esigenze di ragazze e ragazzi sono state tagliate completamente fuori. Siamo in perenne precarietà”.

È bene tenerlo a mente nei giorni in cui si ricorderanno i dieci anni dal terremoto. Dieci anni in cui tanti ragazzi aquilani sono cresciuti senza mai mettere piede in una vera aula scolastica.

Le foto pubblicate in questo articolo fanno parte del progetto Displacement - New town no town, in cui il fotografo Giovanni Cocco riflette sull’identità smarrita dell’Aquila dopo il sisma.

Da sapere: ricostruzione infinita

Nella notte tra il 5 e il 6 aprile 2009 una scossa di magnitudo 5,9 colpì L’Aquila e altri comuni della zona, uccidendo 309 persone, ferendone 1.600 e lasciandone 70mila senza casa. Secondo l’Ufficio speciale per la ricostruzione dell’Aquila e quello per i comuni del cratere, i lavori nella città potrebbero concludersi tra il 2023 e il 2024, mentre in tutte le altre zone, il novanta per cento potrebbe essere completato tra cinque o sei anni.

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