23 gennaio 2015 15:25

All’inizio della crisi greca, la street art è stata un mezzo per esprimere rabbia e protesta, creatività e desideri. Nel tempo, le autorità di Atene hanno concesso spazi sempre maggiori per i murales, che oggi sono dappertutto.

Il boom è cominciato verso la fine del 2008, quando l’uccisione del quindicenne Alexis Grigoropulos da parte di un poliziotto, nel quartiere di Exarchia, scatenò la rabbia di abitanti già colpiti dalla crisi, stanchi di scandali governativi, divisi tra anarchici e sostenitori dei nazisti di Alba dorata. Con il tempo le autorità comunali hanno deciso di concedere dei permessi per incoraggiare gli artisti a dipingere edifici in rovina, facciate di scuole e edifici pubblici. Per alcuni è un segno che la crisi sta per finire, per altri un modo di controllare l’espressione e sedare i dissensi.

Exarchia è uno dei quartieri più di sinistra della città. I turisti si mescolano con artisti, intellettuali e studenti universitari e qui si trova il maggior numero di murales. I graffiti sono ovunque, immensi sui muri dei palazzi più alti, nascosti dietro gli angoli, sui cancelli, sulle serrande di locali e negozi, sui cassonetti, sulle colonne dei portici, sulle pareti dei cantieri aperti. Politici o no, veri e propri dipinti o semplici stencil, scarabocchi, con firme più o meno elaborate.

La street art di Atene è popolare anche nel resto d’Europa, tanto da cominciare ad attirare un certo tipo di turismo alternativo: negli ultimi tempi si possono incrociare gruppi organizzati con tanto di guida alla scoperta delle voci dei muri.

Le foto sono state scattate da Elena Mantovan tra il 16 luglio e il 4 agosto 2014.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it