Al museo Picasso a Parigi ho visto un’ipnotica mostra dell’artista francese Sophie Calle. I suoi lavori sollevano tante domande. Quanto di un’opera d’arte è nel nostro sguardo? Per Picasso la pittura è una professione da ciechi: il pittore non dipinge ciò che vede ma ciò che sente, ciò che racconta a se stesso riguardo a ciò che ha visto. In fondo al percorso della mostra Calle aveva esposto dei progetti mai realizzati, spiegando i motivi della rinuncia: censurato, autoreferenziale, noioso. Forse tutti dovremmo immaginare una mostra dei progetti falliti. Invece di portarceli dentro con rimpianto potremmo esporli con tenerezza, e magari ammetterne i limiti. Tra i miei progetti irrealizzati c’è quello di un cioccolatino. Dato che ricorrevo ai dolciumi soprattutto quando mi sentivo triste e sola, m’immaginai un cioccolatino che avrebbe accompagnato le separazioni. Si chiamava Il Morso. Nell’involucro doveva contenere dei foglietti con frasi di sdegno e rabbia: “Chiusa la porta si apre un portone”, “Meglio perderlo che trovarlo” oppure, citando Metastasio, “Ancor mi sembri bella / ma non mi sembri quella / che paragon non ha”. Avevo preparato tutto: il modello, la ricetta, la grafica e decine di frasi di sdegno dai proverbi e dalla letteratura. Ma poi m’innamorai, e persi interesse nella cioccolata. Quanto della nostra creatività è in ciò che ci manca?

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Questo articolo è uscito sul numero 1551 di Internazionale, a pagina 12. Compra questo numero | Abbonati