Ormai questa rubrica ha un numero sufficiente di anni da creare dei rimandi interni: se nel 2020 il disco d’esordio del Quadro di Troisi mi sembrava un modo efficace di piantare radici nel futuro e di tenere in equilibrio l’ecosistema dell’elettropop italiano attraverso la creazione di funghi elettronici, dopo quattro anni quella vocazione appare sia più matura sia in preda a una germinazione diversa, più concreta e manifesta. Sarà che adesso sono in tre – a Donato Dozzy ed Eva Geist si aggiunge Pietro Micioni – e che sono passati quattro anni. Sarà che l’album ha un titolo da tradizione come La commedia, e che c’è un artwork curato da Francesco Messina. Sarà che tra i nomi di chi ha collaborato al disco appare quello astrale di Suzanne Ciani, ma la fotosintesi elaborata da chi usa ricordi musicali presenti nell’atmosfera per darsi un colore qui è diventata un processo più lineare, capace di fissarsi nelle sue varie fasi grazie alla crescita testuale dei brani.

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C’è un pezzo in particolare in cui le menti dietro al Quadro di Troisi riescono ad approdare a una classicità non ruffiana, di ambizione popolare, senza rinunciare all’eleganza. Una melodia che forse ci avrebbe fatto bene memorizzare nei lunghissimi giorni del Festival di Sanremo e ci avrebbe affrancati dal nuovo conformismo di produzioni urban ed elettroniche sempre uguali a loro stesse. Si chiama La prima volta ed è un vero gioiello: per la sinuosità ritmica, e per il modo in cui Eva Geist canta nel presente con lo stesso cristallino innamoramento con cui Mina ci canta ancora nella memoria. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1556 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati