21 marzo 2016 13:23

Poche cose nella vita possono essere frustranti per un cittadino britannico quanto richiedere un visto russo. Prima di tutto c’è un formulario infinito: una lista di tutti i paesi in cui siete stati negli ultimi dieci anni con relative date, dettagli su precedenti datori di lavoro e dirigenti, curriculum scolastico, assicurazione… non si finisce più. Poi vi dovete procurare una lettera di invito dall’organizzazione che andate a visitare.

Come se tutto ciò non bastasse, dovete sgomitare in un ufficio angusto dall’altra parte della città per farvi prendere le impronte digitali. In totale l’intero processo mi è costato un mese di tempo e più di un centinaio di sterline in contanti. La mia permanenza a San Pietroburgo era di una sola notte.

Mi sono lamentato di questa vicenda con un collega indiano, che però non mi ha mostrato alcuna compassione: “Adesso sai quello che capita a me tutte le volte che devo entrare nel Regno Unito”, ha sospirato. È vero. Gli inglesi come me danno per scontato che si possa viaggiare senza troppe seccature.

Secondo l’ultimo Indice sulle restrizioni dei visti, pubblicato lo scorso mese da Henley & Partners, una società che si occupa di trasferimento della residenza e di acquisizione della cittadinanza, un cittadino britannico può entrare in 173 dei 218 paesi del mondo (escluso il Regno Unito) senza richiedere un visto o richiedendo il visto al momento dell’arrivo. Il mio collega indiano può farlo solo in 52 paesi (la maggior parte dei quali sono isole remote nel Pacifico o nei Caraibi).

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Il Regno Unito si classifica al terzo posto nella lista stilata da Henley & Partners sui passaporti più utili. La Germania è prima. I suoi cittadini possono andare senza visto in 175 paesi. All’estremità opposta della lista ci sono ovviamente alcuni dei paesi più problematici del mondo, tra cui Afghanistan, Siria e Somalia.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Sarà interessante vedere in che direzione si muoverà il mondo in questo campo. Man mano che aumenta il numero di paesi che adottano passaporti biometrici, ci dovrebbe in teoria essere spazio per un ulteriore allentamento delle restrizioni sui visti. E in genere, man mano che le economie dei diversi paesi diventano più globali, si registra la tendenza ad allentare i requisiti legati ai visti per i viaggiatori.

Secondo Henley & Partners, per esempio, negli ultimi due anni i cittadini degli Emirati Arabi Uniti hanno avuto la possibilità di viaggiare senza visto in altri 45 paesi. Tra questi, il blocco dei 26 paesi dell’area Schengen, il che li rende il primo paese arabo a vedersi accordata un’esenzione dal visto per lo spazio europeo.

Tuttavia, mentre l’Europa scricchiola sotto il peso della crisi dei migranti, a quante altre nazioni sarà accordato lo stesso privilegio nei prossimi anni? Non è solo l’Europa a rallentare su questa strada. Anche gli Stati Uniti stanno restringendo il loro programma di esenzioni dopo gli attacchi terroristici di Parigi. E questo prima della possibile elezione di un presidente antimmigrazione come Donald Trump.

Erigere barriere all’ingresso è non solo frustrante per i viaggiatori, ma con ogni probabilità anche miope. Come abbiamo già scritto all’inizio dell’anno: “I visti sono un male necessario. Consentono ai governi di controllare i loro confini, che sia per regolare il flusso di migranti o per escludere minacce alla sicurezza. Ma i documenti richiesti e i costi da affrontare rappresentano un deterrente anche per turisti e viaggiatori d’affari. Secondo i ricercatori del think tank Cato institute, eliminando tutti i visti verso gli Stati Uniti il totale di spesa dei turisti crescerebbe tra i 90 e i 123 miliardi di dollari. Secondo un’altra stima, introdurre restrizioni ai visti può produrre una diminuzione fino al 25 per cento degli scambi commerciali e degli investimenti diretti stranieri tra due paesi”.

Detto questo, ci vorrà ancora un bel po’ di tempo prima che gli afgani possano viaggiare in giro per il mondo senza troppe seccature come fanno attualmente i tedeschi.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo di B. R. è apparso nel blog Gulliver dell’Economist.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it