26 ottobre 2016 14:25

Yekutiel Sherman non riusciva a credere ai suoi occhi. L’imprenditore israeliano aveva passato un anno a studiare il progetto che l’avrebbe reso ricco: una custodia per smartphone che si trasforma in un’asta per i selfie. Aveva disegnato il prototipo, si era procurato un po’ di fondi grazie alla sua famiglia e aveva lanciato una campagna di crowdfunding su Kickstarter con un video in cui una coppia scattava il selfie perfetto di fronte alla torre Eiffel.

Ma un mese dopo che il suo prodotto era arrivato su Kickstarter, nel dicembre 2015, Sherman l’ha trovato in vendita su AliExpress, la versione internazionale del negozio online Alibaba. Le aziende cinesi stavano vendendo delle custodie da smart­phone identiche alla sua. Alcune costavano appena dieci dollari, molto meno del prezzo immaginato da Sherman (47,41 dollari). Alcuni venditori avevano copiato il nome del suo prodotto: Stikbox.

Sherman era un’altra vittima delle contraffazioni cinesi. Mentre stava ancora cercando la fabbrica adatta a costruire il suo prodotto, qualche azienda cinese avevano già copiato la sua idea, bruciandolo sul tempo. Quando i suoi sostenitori su Kickstarter se ne sono accorti, sono andati su tutte le furie. “Il tuo prodotto costa il doppio di quello cinese, ma dubito che sarà migliore”, ha commentato qualcuno.

Anni fa gli esperti del settore hardware sarebbero stati più comprensivi con Sherman. Ma oggi sono tutti inflessibili, perfino lo stesso Sherman. Se in passato si discuteva di come proteggere un prodotto dalla contraffazione, oggi le startup e i produttori devono fare i conti con una nuova realtà: qualcuno in Cina copierà la loro invenzione. L’unica cosa che possono fare è prepararsi all’idea.

Un team di progettisti individua su internet un prodotto nuovo, lo studia nel dettaglio e lo riproduce in esemplari quasi identici

In Cina la contraffazione ha forme diverse e può colpire aziende piccole e grandi. A volte le fabbriche realizzano un prodotto molto simile a quello di un marchio famoso. Altre, come nel caso di Stikbox, una fabbrica o una squadra di progettisti individua su internet un prodotto nuovo, lo studia nel dettaglio e lo riproduce in esemplari quasi identici. Altre volte ancora una fabbrica che produce un prodotto per un’azienda ne realizza degli esemplari in più che poi vende ad altri marchi.

Jack Ma, fondatore di Alibaba, è stato criticato per aver detto a giugno che gli oggetti falsi “sono migliori degli originali, costano meno e provengono esattamente dalle stesse fabbriche”. Il suo commento, però, contiene degli elementi di verità.
Molti osservatori e storici hanno cercato di spiegare il fenomeno della contraffazione in Cina tirando in ballo aspetti della società cinese come il grande spazio dato all’apprendimento a memoria nelle scuole o il governo autoritario che reprime l’innovazione. Ma secondo la ricercatrice Silvia Lindtner, che studia la cultura imprenditoriale cinese all’università del Michigan, la contraffazione è legata all’evoluzione di Shenzhen, un grande centro per la produzione elettronica.

Più forti insieme
La crescita della città tra gli anni novanta e l’inizio del 2000 ha coinciso con un boom dei subappalti nelle grandi multinazionali. Invece di gestire per intero la fabbricazione di un prodotto, le grandi aziende mondiali di hardware hanno firmato dei contratti con i fabbricanti di Shenzhen per produrre e concepire singole parti.

Per riuscire a soddisfare gli ordini, questi subappaltatori si rivolgevano a loro volta ad altri subappaltatori, spesso piccole imprese a conduzione familiare che operavano senza l’autorizzazione del governo. Lavorando insieme, queste imprese si sono rese conto che potevano fare di più: fabbricare non solo parti, ma creare prodotti concorrenziali da vendere a chi non poteva permettersi un Nokia o un iPod originale.

Si sono quindi alleate, condividendo talvolta sui gruppi di discussione online il segreto dei dispositivi elettronici. È cominciato così il fenomeno shanzhai, “fortezza di montagna”, con cui si indicano i prodotti che aggirano le leggi sulla proprietà intellettuale. Telefoni e dispositivi elettronici con nomi come aPod o Nokla hanno invaso il mercato alla fine del 2000.

L’era shanzhai ha avuto un lento declino man mano che gli smartphone e gli altri dispositivi elettronici diventavano più economici, ma ha creato una cultura della condivisione del sapere tra i fabbricanti che Lindtner paragona al movimento open source. Così come i programmatori condividono liberamente i loro codici perché altri li migliorino, i fabbricanti di Shenzhen considerano la progettazione di un prodotto una cosa che può essere copiata e modificata. Il successo è una questione di velocità e capacità di realizzazione, non necessariamente di originalità.

Il fenomeno della contraffazione va ben oltre multinazionali come Gucci o Nokia e riguarda anche le startup. Le fabbriche e i progettisti alla ricerca del prossimo prodotto di successo vanno su siti come Kickstarter, Amazon o Taobao per capire quali sono gli oggetti più interessanti. Poi si scambiano messaggi con WeChat o la chat di Alibaba, che rendono l’organizzazione delle catene d’assemblaggio ancora più semplice rispetto al passato.

Il valore delle idee
“Tutto il sistema cinese si è sviluppato intorno all’idea di avere accesso a una comunicazione istantanea e, sostanzialmente, a un’informazione infinita”, spiega Bunnie Huang, autore di The essential guide to electronics in Shenzhen.

Per ridurre il rischio di contraffazione, le aziende possono tutelarsi. Una cosa fondamentale è richiedere dei brevetti di progettazione che siano validi negli Stati Uniti, in Cina e in tutti gli altri paesi dove si vuole commercializzare il prodotto.
Gli imprenditori dovrebbero anche firmare degli accordi che impediscano ai potenziali partner cinesi di sfruttare la proprietà intellettuale a proprio vantaggio dopo una prima visione (accordo di non uso), di condividerla con altri (non divulgazione) o di stringere accordi di collaborazione per vendere autonomamente gli esemplari in eccedenza (non aggiramento).

Esistono altre aste per selfie ma solo noi siamo stati copiati. Questo dimostra che il nostro prodotto vale

In ogni caso non esistono garanzie assolute. “Centinaia di piccole fabbriche possono vedere un prodotto su internet e decidere di riprodurlo”, spiega Song Zhu dello studio legale statunitense Ruyak Cherian. “Sarebbe impossibile chiuderle tutte. Inoltre fargli causa costa più soldi di quelli che si ottengono vincendo”. La diffusione della contraffazione sta rimettendo in discussione il concetto di proprietà intellettuale e il valore delle idee. In passato un’azienda poteva avere un’idea e poi impiegare anni per assicurarsi i brevetti, mettere a punto il progetto, studiare un piano di produzione e lanciare il prodotto sul mercato. In base ai contratti le idee restavano un’esclusiva dell’azienda, ma lo stesso valeva per i costi di avviamento e di gestione delle fabbriche.

Lo spostamento della produzione in Cina ha fatto sparire quasi del tutto questi vincoli. Le fabbriche si installano in edifici di fortuna, la manodopera è a basto costo e procurarsi i componenti è più semplice grazie a internet. Oggi le aziende devono creare prodotti più difficili da copiare, concentrandosi su una caratteristica speciale o creando un marchio ambito per il quale i consumatori sono disposti a pagare di più.

L’investitore Benjamin Joffe sostiene che alcune aziende potrebbero perfino beneficiarne, poiché la contraffazione potrebbe creare una maggiore consapevolezza del prodotto. “Avere più clienti che comprano il prodotto falso fa conoscere il prodotto vero a più persone. E prima o poi anche loro potrebbero permettersi l’originale”, dice Sherman. Intanto, per consolarsi, i suoi sostenitori su Kickstarter valutano la possibilità di comprare un falso da Taobao.

“Esistono altre aste per selfie ma solo noi siamo stati copiati. Questo dimostra che il nostro prodotto vale”, spiega Sherman. “Mi viene in mente una frase: ‘L’imitazione è la forma più sincera di adulazione’”.

Eppure Sherman calcola di aver perso “centinaia di migliaia” di dollari di potenziali ricavi a causa della contraffazione. L’imitazione è una forma d’adulazione sincera, d’accordo, ma anche costosa.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Aggiornato il 24 novembre 2016.

Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2016 a pagina 112 di Internazionale con il titolo “Qualcuno in Cina ha già copiato la tua idea”. La versione originale è uscita su Quartz. Compra questo numero | Abbonati

This article was originally published in Quartz. Click here to view the original. © 2016. All rights reserved. Distributed by Tribune Content Agency.

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