17 novembre 2014 09:30

Vladimir Putin ha sbattuto la porta. Partito il 16 novembre dall’Australia con largo anticipo sulla chiusura ufficiale del G20, il presidente russo ha fatto capire di non voler più subire i rimproveri degli occidentali sull’Ucraina. Si è trattato chiaramente di un atto di rottura, ma quali saranno le sue conseguenze?

Nel peggiore dei casi Putin ordinerà alle truppe che ha infiltrato in Ucraina orientale di passare all’offensiva e creare una continuità territoriale tra la Crimea e le regioni controllate oggi dai secessionisti filorussi con l’appoggio dell’armata rossa. Non sappiamo se le capitali europee hanno ricevuto rassicurazioni in proposito, ma in ogni caso non sembrano credere a uno sviluppo di questo tipo, che forzerebbe l’imposizione di nuove sanzioni contro l’economia russa (già in difficoltà) e impedirebbe al Cremlino di continuare a sostenere che le sue truppe non sono penetrate in territorio ucraino.

L’alternativa sarebbe il mantenimento dello statu quo. In questo caso le regioni dell’Ucraina orientale opererebbero una secessione di fatto, senza alcun riconoscimento della loro indipendenza da parte della Russia ma con l’appoggio economico e militare di Mosca. La Crimea rimarrebbe annessa alla Federazione, e le relazioni tra Russia e occidente entrerebbero in una fase di glaciazione. Per gli Stati Uniti non sarebbe una catastrofe perché gli scambi economici con la Russia non sono decisivi, anche se Washington correrebbe il rischio di perdere il sostegno diplomatico di Mosca sul nucleare iraniano creando grossi problemi al resto del mondo.

Per l’Europa invece la situazione diventerebbe molto complicata. Un accordo di cooperazione e stabilità tra l’Unione europea e la Federazione russa sarebbe rinviato a tempo indefinito, penalizzando entrambi i pilastri del continente. L’Unione perderebbe un mercato importantissimo per le sue industrie e qualsiasi garanzia sul suo approvvigionamento energetico, mentre la Russia sarebbe condannata a mettersi nelle mani della Cina, più sviluppata e dieci volte più popolosa. Le due potenze del vecchio continente avrebbero tutto l’interesse a riavvicinarsi, ma a questo punto il pasticcio sembra inevitabile perché Putin non può fare un passo indietro e l’Ue non può accettare che il Cremlino continui a frammentare l’Ucraina con la forza.

Allo stadio attuale sarebbe necessario che l’Unione europea e la Russia trovassero mediatori segreti e cercassero di raggiungere un compromesso sull’Ucraina basato sulla neutralità di Kiev. Varrebbe la pena tentare, ma sfortunatamente le cose non sembrano andare in questa direzione.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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