16 agosto 2016 12:11

Un ottimo modo per mettere fine a una cena, se è tardi e volete che i vostri ospiti se ne vadano, è sollevare la questione filosofica del libero arbitrio. Ce l’abbiamo veramente? Sembra proprio di sì.

Supponiamo che io sia al supermercato e stia per prendere un vasetto di marmellata di ribes; di sicuro posso cambiare idea e decidere di prendere quella di albicocche. Eppure certi filosofi dicono di no. In fondo, tutte le molecole dell’universo, comprese quelle che compongono il mio corpo e il mio cervello, sono soggette alle leggi della fisica. A causa B e B causa C in modo prevedibile (con un pizzico di casualità dovuta alla meccanica quantistica).

Vista così, la mia scelta della marmellata arriva alla fine di una lunga catena di cause e di effetti cominciati migliaia di anni fa. Fin dal momento del big bang si poteva prevedere che avrei scelto il ribes.

Una soluzione meno inquietante

È un’idea abbastanza sconvolgente, quindi in genere si tende a respingerla o, nel caso della cena, a ricordarsi improvvisamente che domattina ci si deve alzare presto. Ma mentre i filosofi discutono per stabilire se tutto è veramente predeterminato, gli psicologi hanno trovato una soluzione un po’ meno inquietante: noi non prendiamo in modo autonomo una buona percentuale delle nostre decisioni.

Nel suo nuovo libro, Invisible influence, Jonah Berger sostiene che il 99,9 per cento delle nostre scelte è condizionato in modo significativo da forze esterne di cui non siamo consapevoli. Scegliamo brani musicali e romanzi, vestiti e mestieri, perché lo ha fatto qualcun altro. Oppure scegliamo di fare l’opposto per dimostrare che non siamo come loro: fenomeno che gli esperti di marketing chiamano “effetto snobismo”.

In genere ci comportiamo come robot condizionati dal nostro ambiente, e siamo fortunati se ogni tanto abbiamo un pensiero autonomo

Probabilmente avete scelto il nome di vostro figlio perché fosse simile, ma non identico, a quelli che erano nell’aria in quel periodo: dopo l’uragano Katrina, poche bambine sono state chiamate con quel nome, ma tutti quelli che cominciavano per K sono diventati molto comuni, scrive Berger. Scegliamo il nostro partito politico per imitazione o per ribellione nei confronti dei nostri genitori e, a detta dei ricercatori, difendiamo o attacchiamo certe idee politiche a seconda che siano etichettate di destra o di sinistra.

Presi individualmente, questi effetti non sono sorprendenti. Quello che ci colpisce è la loro quantità. La psicologia popolare tende a parlare di queste “persuasioni occulte” come di anomalie: come se di solito decidessimo con la nostra testa e ogni tanto ci lasciassimo influenzare. Ma leggendo Berger si ha la sensazione che sia vero l’esatto contrario: in genere ci comportiamo come robot condizionati dal nostro ambiente, e siamo fortunati se ogni tanto abbiamo un pensiero autonomo.

Perfino la decisione di uccidersi è influenzata dall’immediata disponibilità dei mezzi per farlo. Quando gli impediamo di accedere a quei mezzi, spesso le persone non “trovano un altro modo”, e probabilmente è stato evitato un suicidio.

Questa mancanza di autonomia dev’essere motivo di allarme o di sollievo? Per quanto riguarda le decisioni quotidiane, probabilmente è un sollievo. Se dovessi decidere tutto da solo, vivrei costantemente nell’ansia di fare la scelta giusta. Invece, se ogni “scelta” è condizionata da innumerevoli fattori dei quali non sono consapevole, posso rilassarmi un po’. Se mai dovessi scrivere la mia autobiografia, ho già trovato la frase con cui cominciare: “A causa di circostanze indipendenti dalla mia volontà…”.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

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