L’ospedale Nasser dopo un bombardamento israeliano, Khan Yunis, 17 dicembre 2023. (Stringer, Afp)

Il 15 febbraio l’esercito israeliano ha annunciato di aver lanciato “un’operazione mirata e limitata” nell’ospedale Nasser a Khan Yunis, il più grande della parte sud della Striscia di Gaza.

“Varie fonti, compresi alcuni ostaggi liberati, ci hanno riferito che Hamas ha tenuto degli ostaggi nell’ospedale”, ha affermato l’esercito in un comunicato. “È possibile che alcuni corpi siano ancora lì”.

Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, si è detto “allarmato” per l’operazione nell’ospedale, che ha definito “la spina dorsale del sistema sanitario nella parte sud del territorio”.

Il 15 febbraio l’esercito israeliano ha bombardato nuovamente il sud della Striscia di Gaza, in attesa di lanciare un’operazione di terra a Rafah, che suscita la preoccupazione della comunità internazionale.

Qualche giorno fa il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato di voler distruggere “l’ultima roccaforte di Hamas”, dove secondo le Nazioni Unite si trovano attualmente 1,4 milioni di persone, in grande maggioranza sfollati.

Mentre i paesi mediatori portano avanti senza sosta i negoziati per una tregua, si moltiplicano in tutto il mondo gli avvertimenti sulle conseguenze potenzialmente devastanti di un’operazione di terra a Rafah.

Dopo le Nazioni Unite e gli Stati Uniti, il 15 febbraio il Canada, l’Australia e la Nuova Zelanda hanno messo in guardia Israele da una “catastrofe senza precedenti”.

I tre paesi hanno affermato che “gli abitanti della Striscia di Gaza non hanno più alcun posto dove rifugiarsi”.

“Combatteremo fino a ottenere una vittoria completa, ma permetteremo ai civili di lasciare Rafah”, ha dichiarato Netanyau il 14 febbraio.

Rafah è anche il principale punto d’ingresso degli aiuti umanitari provenienti dall’Egitto, che sono sottoposti ai controlli israeliani e secondo le Nazioni Unite sono del tutto insufficienti.

Dieci morti in un raid in Libano

Intanto, la sera del 14 febbraio dieci persone – tre membri del gruppo Hezbollah e sette civili – sono morte in un raid israeliano a Nabatiye, nel sud del Libano.

Tra i tre membri di Hezbollah uccisi c’è anche Ali al Debs, un responsabile militare del gruppo che era rimasto ferito l’8 febbraio in un attacco israeliano con un drone.

Il 14 febbraio anche una soldata israeliana è stata uccisa da un razzo sparato da Hezbollah verso il nord d’Israele.

Al confine tra Israele e Libano gli scambi di colpi di artiglieria sono quasi quotidiani. In poco più di quattro mesi almeno 259 persone sono morte nel sud del Libano, secondo un conteggio dell’Afp. In Israele hanno invece perso la vita dieci soldati e sei civili.