Manifesti elettorali su un muro a Teheran, in Iran, il 28 febbraio 2024. (Atta Kenare, Afp)

Circa 59mila seggi elettorali sono stati aperti in Iran il 1 marzo per le elezioni legislative. La questione su cui si concentra l’attenzione degli osservatori è l’affluenza alle urne, mentre i conservatori al governo sono certi di mantenere un’ampia maggioranza nel parlamento.

I 61 milioni di elettori saranno chiamati a rinnovare anche l’assemblea degli esperti, che ha il compito di nominare la guida suprema, cioè la massima autorità della Repubblica islamica.

Come da tradizione, la giornata elettorale è stata avviata con il voto mattutino dall’ayatollah Ali Khamenei, la guida suprema. Nell’ultimo giorno di campagna elettorale, il 28 febbraio, Khamenei ha chiesto “elezioni partecipate” perché “è importante mostrare al mondo che la nazione si mobilita”.

Un ultimo sondaggio pubblicato dalla televisione di stato indicava che il 41 per cento degli intervistati avrebbe “probabilmente” partecipato al voto. Durante le ultime elezioni legislative del 2020, solo il 42,5 per cento degli elettori si è presentato alle urne, il tasso più basso dalla nascita della Repubblica islamica nel 1979, secondo i dati ufficiali.

La questione della partecipazione è importante perché il governo la presenta come la prova della sua legittimità al potere, in un contesto di forti tensioni geopolitiche internazionali. “I nemici dell’Iran vogliono vedere se il popolo è con noi”, perché in caso contrario “minacceranno la nostra sicurezza in un modo o nell’altro”, ha avvertito l’ayatollah Khamenei rivolgendosi ai giovani iraniani che votano per la prima volta.

Secondo Khamenei, “gli Stati Uniti, la maggioranza dei paesi europei, i sionisti malintenzionati, i capitalisti e le grandi imprese” hanno “paura del potere del popolo iraniano”.

Il comandante dei Guardiani della rivoluzione, Hossein Salami, ha paragonato “ogni scheda elettorale” a “un missile sparato nel cuore dei nostri nemici”, secondo l’agenzia Tasnim.

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Il voto, a cui parteciperà un numero record di 15.200 candidati, non cambierà gli equilibri all’interno dell’unica camera del parlamento (Majlis).

Lo schieramento della maggioranza, composto da gruppi conservatori e ultraconservatori a volte rivali, continuerà a dominare il parlamento con un ampio margine, come nella situazione attuale, in cui controlla più di 230 dei 290 seggi. I risultati definitivi sono attesi per il 3 o il 4 marzo.

I partiti centristi, riformisti e moderati sono stati marginalizzati dal 2020 e possono sperare di ottenere solo una manciata di seggi, perché molti dei loro candidati non sono stati ammessi alle elezioni dal Consiglio dei guardiani della costituzione. Queste elezioni “non hanno senso”, ha denunciato la principale coalizione di partiti riformisti, il Fronte riformista, annunciando il suo rifiuto a partecipare.

I conservatori rafforzeranno anche il loro controllo sull’assemblea degli esperti, un collegio di 88 religiosi responsabili della nomina o eventuale revoca della guida suprema.

I candidati in corsa per questo organo sono 144, ma alcune figure di spicco non sono state ammesse, in particolare l’ex presidente moderato Hassan Rohani, che ha fatto parte dell’assemblea per 24 anni.

Rohani ha invitato gli elettori a recarsi alle urne, ma per esprimere “un voto di contrarietà verso la situazione attuale”.

Questa elezione è la prima dopo il grande movimento di protesta che ha scosso il paese in seguito alla morte, nel settembre 2022, di Mahsa Jina Amini, una giovane donna arrestata dalla polizia con l’accusa di non aver rispettato il rigido codice di abbigliamento previsto per le donne nel paese.