15 settembre 2018 16:04

In Koli Jean Bofane sarà al festival di Internazionale a Ferrara il 6 ottobre con la giornalista belga Colette Braeckman, il politologo Dieudonné Wamu Oyatambwe e l’attivista Nicolas Mbiya.

Il suo romanzo Congo Inc.(66th and 2nd 2015) riassume tutto ciò che non va nella Repubblica Democratica del Congo, paese povero ma ricco di risorse naturali.
Volevo riflettere sul ruolo della Repubblica Democratica del Congo nell’era della globalizzazione. Siamo il principale fornitore mondiale di materie prime necessarie alle nuove tecnologie. Il nostro sottosuolo è molto ricco. Contiene minerali come l’uranio, il coltan e la cassiterite. Ma tutto questo i congolesi lo vivono sulla loro pelle, con una guerra che dura da vent’anni, sei milioni di morti, cinquecentomila donne violentate e mutilate. Perché il conflitto non si ferma? Questa è la domanda che volevo fare.

Nessuno è risparmiato nel libro, nemmeno il personaggio principale, un “mezzo pigmeo” che dice di essere pronto a radere la foresta da cui proviene nel nome della globalizzazione.
Bisogna essere radicali. Perché la situazione che stiamo vivendo è radicale. La fine che fanno le donne è radicale. Siamo consapevoli di quanto sia dura la vita che facciamo da quando il Congo è stato colonizzato. E ne abbiamo abbastanza.

Nel romanzo parla di cose difficili. Alcune descrizioni sono dolorose. Allo stesso tempo, il libro è pieno di umorismo.
Sì, c’è derisione, ironia. Perché, alla fine, tutto questo è ridicolo. Uccidere la gente per mettere le mani su miliardi di dollari è ridicolo. Questi genocidi sono assurdi. E anche perché, da qualche parte, la vita è ancora lì. I congolesi continuano a respirare e a ridere forte. Non abbassano lo sguardo. Infine, l’umorismo potrebbe far parte del mio personaggio. Non so se sono un giullare, ma ho vissuto molti drammi. Sono un sopravvissuto, quindi ora sfido la morte.

In Koli Jean Bofane sarà al festival di Internazionale a Ferrara il 6 ottobre con la giornalista belga Colette Braeckman, il politologo Dieudonné Wamu Oyatambwe e l’attivista Nicolas Mbiya.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it